© Fotografia tratta dal sito "Festival Filosofia"
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Alessandro Carrera, “Il tempo dei morti – Mistero di voci” (Moretti e Vitali, 2022)

Nota a cura di Emma Pretti

Ultimamente la poesia cerca con insistenza nuove strade – e pare le trovi. Si avventura in nuovi spazi al di fuori, anzi quasi rifiutando, la sperimentazione linguistica e/o visiva – cerca piuttosto dimensioni differenti dove potersi espandere, ampliando la sua capacità di afferrare una nuova portata, dilatare il suo campo d’azione e raggiungere un rilievo che le permetta di muoversi all’interno di una spazialità emotiva aumentata.

Una ricerca portata avanti singolarmente, senza posizioni programmatiche o manifesti progettuali intorno a cui raccogliere adesioni e simpatizzanti. Una ricerca che non sconfessa nulla, al contrario cerca di inglobare istanze e dimensioni differenti in un studio di accrescimento.

Poco tempo fa in una recensione sull’ultima opera di Paolo Valesio Il testimone e l’idiota , azzardavo una definizione parlando di poesia oleogrammatica.

Di presenze parlavo, delineate su un fondale dalla consistenza di vetro, fluttuano tra avvicendamento, interrogazioni e dubbi, scavi in se stessi, definendosi in rilievi tridimensionali: esterno/interno e l’atto giudicante di entrambe le dimensioni. Un sistema ologrammatico mette in luce sistemi complessi, nel caso specifico dell’opera in questione, uno sviluppo di pensieri, riflessioni e interferenze.

Anche per la raccolta di Valesio si può parlare di impianto di carattere drammaturgico, così come viene suggerito nella prefazione di  Franco Nasi per l’opera di Carrera, ma aldilà delle definizioni il procedimento appare esattamente l’opposto: mentre ne Il testimone e l’idiota i protagonisti e i luoghi, caduti accidentalmente nel buio di un mondo trasparente, vengono man mano smaterializzati ( un processo che sembra diventato inarrestabile proprio con la tecnologia digitale che allontana sempre più dal contatto e dalla fisicità, addirittura sostituendola con degli avatar) per essere ricondotti ai loro soli pensieri e interrogazioni, nell’opera di Carrera invece i personaggi – già fantasmi di un passato che continuamente bussa e chiede udienza – attraverso l’intervento dell’autore vengono risvegliati da un magmatico dormiveglia quasi con una secchiellata d’acqua gelida, e da questo brusco destarsi, e dal loro ridensificarsi, prende vita la narrazione, che grazie alla peculiarità dell’impianto poetico, può permettersi continui ribaltamenti e movimentazioni di voci e interventi, di piani che si intersecano.

Il tempo rappresentato si dipana in una drammaturgia di lunghi segmenti tagliati da istanti frenetici che superano la soglia, la ripartizione attraverso un linguaggio poetico ad alta temperatura emotiva. Le anime si rifanno corpi e provano la fatica di tornare e di esserci, al punto  che linguaggio e metrica si presentano con un’intensità, un’ efficacia densa di materia, di vissuto, sebbene immerso in un’atmosfera spiazzata e perturbante :

“Era tutta una metamorfosi che
non ci somigliava, che per sempre
revocava gli occhi e il fiato sì che
meglio riflettessimo lo scuro
…L’ora e il mai, raccolti in un cristallo,
dalla forgia li avremmo balenati”

e ancora:

“Ma è vortice il tempo di noi morti…mondo d’ali e di silenzi spodestato”.

Nelle meticolose descrizioni dei luoghi, degli atteggiamenti e disposizioni dei protagonisti che poi  aprono la loro presenza alla parola, si ritrova la tensione impenetrabile, nella quotidianità scandita d’angoscia, di un film magistrale come The Others di  A. Amenàbar, dove la vicenda si dibatte nelle maglie di un mistero da cui scaturirà la catarsi di figure ambigue e vive ( o almeno così ci appaiono) e frenetiche, solo per poter dare collocazione al dolore di una colpa.

Ne Il tempo dei morti la catarsi è un processo di liberazione richiesto dai vivi e per cui i personaggi si fanno solo strumento, senza avanzare altra richiesta che quella di sparire nel fiume – il grande fiume indolore del tempo che tutto ricompatta in nient’altro che una insondabile musica di sfere:

“Non c’è niente di lontano o di vicino, non c’è niente di vecchio o di nuovo.

Sembra che si alzi il vento, o forse è una musica che viene da una radio.

Il BAMBINO MORTO grida “ Il fiume! E’ qui!”. Scompaiono entrambi.”

 

L’intervista di Andrea Bajani ad Alessandro Carrera, inserita quasi a postfazione, aggiunge informazioni sui tempi di composizione dell’opera e sulle motivazioni da cui è scaturita. Bajani nel corso del colloquio con l’autore, suggerisce una possibile riduzione o adattamento come libretto d’opera. In effetti molti brani presentano un carattere musicale, timbrico molto marcato – e non potrebbe essere altrimenti data lo stretto legame che Carrera ha sempre avuto con la musica – l’accenno appare come una proposta interessante: l’accostamento e il supporto di un tessuto musicale potrebbe offrire un’efficace fluidità alla narrazione così come all’espressione poetica, riproponendo un genere quale il libretto d’opera, che in Italia vanta una illustre e notevole tradizione, ma al momentoin  pratica appare del tutto abbandonata e relegata tra i generi considerati obsoleti.

 

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Alessandro Carrera (Lodi, 23 giugno 1954) è un poeta, saggista, traduttore e cantautore italiano. Dal 2001 è direttore del programma di Italian Studies e del Master in World Cultures & Literatures alla University of Houston, in Texas. Ha pubblicato raccolte di poesie, racconti, romanzi, saggi e libri di letteratura, filosofia, musica, cinema, arte e giornalismo. Dal 2019 dirige la rivista semestrale «Gradiva. International Journal of Italian Poetry» (Olschki, Firenze). [Fonte]

 

Emma Pretti nata nel 1957 risiede in provincia di Vercelli. Collabora con riviste italiane e straniere con poesie, traduzioni, recensioni e racconti. Suoi testi poetici sono apparsi nell’antologia “Giovani poeti nati dopo il ’50 “, diretta da Edoardo Sanguineti e curata da Adriano Spatola. Il suo primo libro di poesia, Assurde presenze perfette, è del 1995 (Giardini editore). In seguito ha pubblicato Battaglie nane e la raccolta di poemi Viaggio da Ovest a Est (Istituti Poligrafici Internaz.- Pisa).  Nel 2002 Economia del bosco (Caramanica Editore), A Caccia in paradiso edizioni Joker 2005 – e la raccolta di liriche I giorni chiamati nemici edita dalla Società editrice Fiorentina ( SEF) nel febbraio 2010, che apre la collana “ Ungarettiana” diretta dai  Prof. Paolo Valesio e Alessandro Polcri – La raccolta è alla sua 2° edizione. Di seguito la pubblicazione Un guaio che non è stato preso in esame, Società Editrice Fiorentina (SEF),  del febbraio 2014, è stata finalista al Premio Carver 2014. Del 2017 è la raccolta Modalità Silenziosa, Genesi Editrice, classificatasi tra i cinque finalisti al Premio Internazionale di Poesia Gradiva – New York. Suoi racconti sono apparsi sulle riviste YPR  e Le colline di Pavese. Nel 2010 ha vinto il concorso indetto da Puntoacapo Editrice “ LaVita In Prosa “ con il racconto Il rebus dei tacchini bianchi. E’ presente su samgha.wordpress.com con l’articolo Confidiamo in Discovery Channel, il poemetto Seneca nell’ora più quieta e altri racconti. Sue recensioni sono apparse su  Italian Poetry Review, Gradiva e sul web Atelier e Poliscritture. E’ appena stata pubblicata la sua ultina raccolta La segreta isola di sale per Puntoacapo editrice Di recente uscita la raccolta di racconti Le conchiglie hanno il naso schiacciato, Edizioni Kolibris, aprile 2024.

 

 

 

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