Alessandro Canzian, inediti

Il morso della taranta mantiene l’omo nel suo proponimento,
cioè quello che pensava quando fu morso
Leonardo da Vinci

*

Ubriaco la maggior parte del
tempo ho interrogato Dio
nello scarafaggio spezzato.
Lui ha confessato d’essere
solo un buio, uno sbaglio.
«Siete, così soli che non so».

*

Dio il secondo giorno venne
a pugni chiusi a battersi
fra le stanze. Era
un Dio vendicativo e geloso
dell’amore gettato
ieri accanto a un braccio.

*

Si parla d’incanto. «Scialla»
ho sentito dire da due
ragazzi nel parco. Vivere
è la pena di sentirsi
vivi, con un braccio spezzato.

*

Il terzo giorno non era più
Lui. «Non chiamarmi Dio
né uomo». Ogni respiro
è una vita che non sa.

*

Il quarto giorno gli chiesi
se ricordasse il bene. «Ne
ho sentito parlare
da bambino, in una storia».
Lo sguardo, stanco, di Dio.

*

Hai gli occhi aperti o sbarrati?
L’orrore docile d’un
sorriso fra le gambe a penzoloni.
Strappiamo i fili d’erba
come unghie dalle dita.

*

Il sesto giorno rimanemmo
in silenzio, io e Dio.
«Usami come uno straccio
da cucina», disse lui.
Per anni la cucina
la lasciai così com’era.

*

Siamo la rondine sbrecciata,
il bene che resta fuori.
Trasmutano i coppi d’un
tetto la neve d’agosto
morbida
come un gattino morto.

*

«Non siete fatti per capire»
disse un giorno Dio
slacciandosi le scarpe. Il
cammino è la sua perdita,
la vita un infarto.

Alessandro Canzian, 1977, vive e lavora a Maniago (Pn). Nel 2008 fonda la Samuele Editore, nel 2015 il ciclo di incontri triestini Una Scontrosa Grazia, nel 2017 il sito Laboratori Poesia, nel 2021 la rivista semestrale “Laboratori critici” (per la direzione di Matteo Bianchi). Nel 2018 cura, assieme a Simona Wright, la 50° pubblicazione del Nemla Italian Studies del College of New Jersey (presentato nel 2019 a Whashington). Nel 2021 entra nella redazione della Collana Gialla e Gialla Oro di Pordenonelegge, assumendone anche le edizioni. Come autore pubblica nel 2020 “Il Condominio S.I.M.” (Stampa 2009, prefazione di Maurizio Cucchi). Nel 2021, con la medesima opera, vince il Premio San Vito.