Alessandra Corbetta, “L’età verde” (Samuele Editore, 2024)

Nota di Silvia Patrizio

 

«[…] Bisogna in altre parole diventare come i personaggi [delle fiabe, n.d.r.], 
che non riescono nelle loro esistenze per la forza volitiva, o per una particolare qualità morale,
ma perché sono estremamente attenti alle cose, e le cose vanno loro incontro».

 

Jarmila Očkayová, prefazione a Il re del tempo e altre fiabe slovacche di Pavol Dobšinský (Sellerio, 1988)

 

 

 

«Non è tempo di coltivare / un brutto male nel petto. / Ora è tempo di uscire dal bosco / e tornando tra la gente dire ecco, / la nostra estate è arrivata».

Forse può risultare singolare cominciare una nota di lettura dai versi conclusivi, per quanto enigmatici, di un libro di poesia. Il lettore si sentirà più tranquillo nell’apprendere che nulla è stato svelato dell’incantesimo de L’età verde, ultima silloge poetica di Alessandra Corbetta (Samuele Editore, 2024). È il testo a permettere, per la sua circolarità, questo capovolgimento nella trama, fermando lo spazio in un u-topico sempreverde e il tempo in una reiterata semprestate: «fuori l’estate continua a tornare / e sarebbe vile non tenerne conto». 

 

In questa sospensione spazio-temporale, da cui non è dato «uscire né entrare», incontriamo molte domande di non facile risoluzione: è davvero possibile fuggire a qualcosa che resti sempreverde e dove non si incontra «niente che somigli a qualcos’altro»? Se «nel bosco sempreverde l’estate / è la prima stagione e per ultima va via», come fare a crescere in un tempo estratto dalla storia e relegato in un’immobile eternità? Certo, di stagione in stagione si può cogliere il mutare delle sfumature di colore, così come si «osserva l’acqua nell’acqua passare»: verde cacciatore, verde primavera, verde palude, verde menta, verde arlecchino, verde giungla. Ma queste variazioni rappresentano realmente un varco? E, una volta fuori dal bosco, il lettore è sicuro di avere «in tasca sassolini per segnare la strada»? O non è, forse, tutto questo un «grimorio» che «mostra ogni cosa diventare il suo contrario» rivelando l’incantesimo?

 

Ma, come per ogni fiaba che si rispetti, rimettiamo ordine nello spaesamento e riprendiamo dall’inizio: «c’è da fare un passo indietro / per restare allineati nel cerchio»…

 

C’era una volta una bambina, anzi, tante bambine che, nate nel bosco sempreverde, «ripetono il giro da tempo immemorabile». Le bambine non possono dirci, né indicare sulla mappa, dove si trovi il bosco sempreverde. «Così sulla strada lasciano un’assenza» di modo che «nessuno possa trovarle». Ognuna di loro nasconde, in un recesso del corpo, un segno che racconta la sua storia: «C., per esempio, lotta con sé stessa, / una macchia scura sul fondo della schiena».

Le bambine sono personaggi che Corbetta ci aveva già presentato nella sua precedente Estate corsara (puntoacapo Editrice, 2022): «ti siamo state davanti quasi sempre a pezzi / donne-bambine suddivise / in frammenti inconciliabili». Ora è la protagonista, la bambina C., a mettersi «intera in un frammento» e provare «a suo modo a ricomporsi». Legando i personaggi messi in scena nei suoi percorsi poetici, l’autrice crea un’ulteriore circolarità tra le opere che, come cerchi concentrici, riportano carsicamente «indietro, indietro alla bambina che sei stata».

 

Se sempreverde è non-luogo e non-tempo insieme e «il presente è il nostro tempo perfetto», come recita la tazza del latte, gli stessi personaggi indicano archetipi, “funzioni” direbbe Propp, con le maiuscole dell’universale che sono anche quelle del non-tempo e del non-luogo. 

E della morfologia della fiaba Corbetta sembra rispettare molte sequenze topiche, in primo luogo la caratterizzazione della figura dell’eroina che, per dare inizio al viaggio, lascia un ambiente familiare in principio tutt’altro che sicuro, dove il Padre «in un angolo del bosco la costringe / a non muoversi più, a non piangere mai» e la Madre insegna che «sopportare cambia la luce delle cose». Sottile da districare, il morfema del tranello tratteggia una figura ambivalente, quella del Maestro, che incuriosisce la nostra piccola protagonista e che sostiene «di conoscere la verità / perché la verità piace molto alla bambina». Ne consegue la risposta di connivenza: il momento dell’inganno a cui si reagisce con accondiscendenza per non soccombere («nessun compenso per il Maestro, / a lui basta uno sguardo ammirato, / un inchino e poi la giravolta»). Ma «la bambina è intelligente e conosce / le insidie nascoste nella bocca di un uomo»: da qui l’opportunità della sua evoluzione, possibile grazie all’incontro con l’Ombra e con l’Amore. Nonostante anche l’Amato appaia confinato in una staticità non risolvibile («la bambina si innamora sempre dello stesso / nell’estate più calda di tutti i tempi»), l’amore appare come una forza propulsiva e trasformativa, capace, «dopo molti nascondimenti», di mutare «la fuga in attesa». 

All’apice della tensione narrativa la bambina, docile fino a quel momento, impugna l’arco per scoccare la freccia contro il cuore del Maestro. La risoluzione è affidata all’uccisione cruenta e al perdono: «La bambina ha perdonato il Padre, / esteso dalla Madre il cordone». Solo allora può avvenire il riconoscimento di sé, l’ultimo morfema a cui Propp affida il senso della fiaba: «la bambina saluta nell’ombra le bambine / e in sella alla bestia esce dal bosco».

 

Si assiste qui a un radicale cambio di scena: l’entrata «nel verde degli anni» e in un viaggio diverso, aggrovigliato a una «cronaca famigliare» fin dal principio messa alla prova da un «verbo di terrore», sradicare. Solo ora la bambina C. può andare a «vedere se davvero vivere / sia abitare qualcosa di più grande». 

 

È grazie al confronto con figure in carne e ossa, personificazioni reali delle precedenti proiezioni fiabesche, che gli interrogativi rimasti in sospeso dalla prima parte possono rendersi tangibili tramutando la riflessione in un’indagine esistenziale attorno al tema del legame e della relazione.

Nella seconda parte dell’opera gli archetipi diventano, dunque, altrettante figure incarnate e le tonalità di verde si tramutano in corpi: il padre, la madre, la nonna, il fratello, la sorella, l’amato. Le ‘funzioni’, ora, possono rappresentare veri e propri ruoli, familiari e sociali, e i personaggi tornano a essere ‘minuscoli’ perché inseriti nella contingenza, liberati da qualsiasi intenzione di assolutezza. In questo passaggio radicale, l’ontologia diviene esplorazione dell’inter-essere e l’essere umano stesso si configura come campo di relazioni, luogo di attraversamenti e mancanze: «quell’estate abbiamo scelto / cosa avremmo tenuto e cosa perso».

 

Questo aggancio alla storia personale che riguarda ognuno di noi segna anche un’uscita dalle proiezioni del sé che abitavano la bambina e, ancora una volta, forse, tutti noi lettori: «La bambina sa di essere molte in una / e prova a prendere sé stessa con sé. / Lo fa per mettere un po’ d’ordine / e tenere a bada le bambine». L’uscita dal sé coincide con la possibilità di affrontare il mondo reale dove la giornata è scandita da bollette da pagare e stoviglie da lavare e dove «il peso è nello stare vicini, / la fatica tenere stretto chi va via». 

In questa difficile ricerca di radici, imparare a relazionarsi significa ridisegnare i confini ai sentimenti e alle esperienze: dal ruolo di figlia, nipote, sorella, alla diversa connotazione dell’accettazione e del perdono, «il castigo più grande è questo perdono / fermo, affamato, silenzioso», fino al rapporto con un amore finalmente vissuto, per quanto «fuori tempo massimo» poiché il problema rimane «piuttosto l’avere una stagione sola, / una sola estate e ancora non sapere / se ci salva o ci condanna»

 

La circolarità viene solo in parte scalfita: in conclusione, quando non resta altro da dire e non serve più nemmeno difendersi, il congedo riporta all’estate: «l’estate sta per tornare e noi / abbiamo attraversato il bosco per intero». Quell’estate immobile, impossibile da collocare in una linea tra passato e futuro, sembra però ora poter rispondere, seppur fragilmente, alla domanda lasciata insoluta fin dai versi di Estate corsara: «chiedile sotto il crollo degli anni / chi si è salvato, cosa è stato messo al riparo», preservandoci dal rischio di «morire a poco a poco dentro il buio / di qualcosa di già visto tante volte.»

 

Forse il grimorio è la poesia stessa, «tentativo vano di salvare la memoria», coincide con la potenza euristica del verso che non trasforma ma custodisce e lascia apparire le cose. Quelle stesse cose che, se stiamo estremamente attenti, ci vengono incontro…

 

 

Silvia Patrizio

 

*        *        *

 

 

 

 

*        *        *

 

 

Il Padre ha praticato il silenzio 
e messo un vuoto nella bambina.
Adesso lei sa distinguere ogni suono
e muoversi senza far rumore.

In un angolo del bosco la costringe
a non muoversi più, a non piangere mai.
Lei si morde la lingua, trattiene le gambe
ma la testa resiste, si oppone al comando.

 

 

*

 

La madre retrocede nello splendore.
Stare nel bosco è rinunciare, amare tanto.
La bambina ha imparato da lei cos’è l’amore:
guardare insieme la vipera cantare.

In un angolo di bosco la Madre coltiva
fiori rossi e canta la bellezza della vita.
Stupita la guarda la bambina, osserva
che sopportare cambia la luce delle cose.

In un barattolo di vetro prepara occhi nuovi
per il grande compromesso.
E dorme e si sveglia intanto la bambina.
L’ha sentita agitarsi nel lettino…

 

 

*

 

Sradicare è un verbo di terrore,
fa paura a ogni famiglia.

In ogni famiglia c’è un filo a sorreggere
e un filo a stringere il collo.
Svuotare il sacco sarà atto tardivo,
tentativo vano di salvare la memoria,
perché c’è un filo ad unire
il nome con il cognome.

 

 

 

*        *        *

 

Alessandra Corbetta (Erba, 1988) è dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione e dei Media, lavora come docente a contratto presso l’università LIUC-Carlo Cattaneo e collabora con l’azienda informatica TTY CREO. Ha conseguito un master in Digital Communication e uno in Storytelling. Ha fondato e dirige il blog Alma Poesia (www.almapoesia.it), con il quale ha anche curato la pubblicazione del volume Distanze obliterate. Generazioni di poesie sulla Rete (Puntoacapo Editrice 2021). Collabora con il blog spagnolo di letteratura e poesia Vuela Palabra, scrive per il giornale online Gli Stati Generali e per UniversoPoesia – StrisciaRossa; per Rete55 conduce la rubrica “Poetando sul sofà”, dedicata a grandi autori della poesia italiana. Per Puntoacapo Editrice codirige la collana di poesia per opere prime Controcorrente e per Industria & Letteratura la collana saggistica La memoria di Adriano. Sue poesie sono presenti in diverse antologie e tradotte anche su riviste straniere. In versi ha pubblicato Corpo della gioventù (Puntoacapo Editrice, 2019) ed Estate corsara (Puntoacapo Editrice, 2022), mentre la sua ultima produzione saggistica è Corpi in rete. Rappresentazioni del sé tra visualità e racconto (Libreria Universitaria, 2021). Il suo poemetto Sempreverde, con prefazione di Umberto Fiori, è contenuto nel XVI Quaderno di poesia italiana contemporanea (Marcos y Marcos, 2023). Per Samuele Editore-Pordenonelegge è da poco uscita L’età verde. Tutta la sua attività è consultabile sul sito http://www.alessandracorbetta.net.

 

 

Silvia Patrizio nasce a Pavia nel 1981. Dopo il liceo classico si laurea in filosofia, specializzandosi successivamente in filosofie del subcontinente indiano e lingua sanscrita. ‘Smentire il bianco’ (Arcipelagoitaca, 2023), la sua prima raccolta poetica, con prefazione di Andrea De Alberti e postfazione di Davide Ferrari, vince la III edizione del premio nazionale Versante ripido (2024) e il primo premio assoluto alla XVI edizione del premio nazionale Sygla – Chiaramonte Gulfi (2024), classificandosi anche al primo posto nella sezione poesia edita del medesimo premio. La silloge ha ricevuto, inoltre, una segnalazione ai premi nazionali Lorenzo Montano 2023 e Bologna in Lettere 2023. Suoi testi compaiono su diversi lit-blog e riviste, sia cartacee che online, tra cui L’anello critico 2023 (Capire Edizioni, 2024); Metaphorica – Semestrale di poesia (Edizioni Efesto, 2024); Gradiva – International Journal of Italian Poetry (Olschki Edizioni, 2023); Officina Poesia Nuovi Argomenti (2023); Inverso – Giornale di poesia (2023); Universo Poesia – Strisciarossa (2023). Fa parte della redazione della rivista Atelier Online. Tutte le sue passioni stanno nei dintorni della poesia.

 

 

*        *        *

 

© Fotografia di Alberto Mori.