Alberto Biscaldi – Inediti

Alberto Biscaldi (Vigevano, 1999) vive tra Milano, Parigi e la provincia di Pavia. È dottorando in letteratura presso l’Università Cattolica di Milano e la Sorbona di Parigi, e si è laureato in lingue e letterature moderne con doppio titolo presso gli stessi atenei. Sue poesie sono state pubblicate sulla rivista internazionale «Gradiva. International Journal of Italian Poetry» (Olschki). Ha tradotto dall’inglese alcune poesie di Lousie Glück (Premio Nobel 2020). A livello critico, si occupa soprattutto di Louis-Ferdinand Céline. Inoltre, ha esperienza in ambito teatrale e televisivo.

 

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Dalla silloge inedita “Abituarsi alle tenebre”

 

 

Logos

Guardare in alto: la prima forma
di rapporto. Poi: pensare,
di conseguenza, parlare.
Tutto ciò che faccio, lo faccio
per trovare funi, rocce
a cui aggrapparmi.

Sviluppare i sensi, la vista, il tatto
solo per riconoscerti, vedere
da chi dipendo; sopravvivere:
distinguere aria da fuoco, fuoco
che è aria che brucia.

 

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Abituarsi alle tenebre

I cuscini buttati sul letto nella fretta,
la casa lasciata in disordine, finestre
aperte a lasciar passare
ogni corpo estraneo volesse entrare
in nostra assenza. Ci vedevamo così, come
un relitto coperto di buchi al fondo
del mare, attraversato dai pesci
che ci consideravano

come uno scoglio, un pezzo
di fondale, in ogni caso qualcosa
di non animato. Nessuna luce
ci raggiungeva, non di ossigeno, ma di buio
si cibava il nostro organismo, sviluppando
un appetito per la notte.

Chi ci mandò a fondo?
Noi ci mandammo a fondo.
Chi ci allontanò, separandoci

con muri d’acqua dal cielo?
Noi ci allontanammo.
È nostra la colpa, nostro
il peccato, abituarsi alle tenebre
richiede uno sforzo enorme, tanto
che raggiunto l’obiettivo sembra sprecato
tornare su, tra le ombre che si muovono
dentro la luce.

 

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Pianura

Lampi, nuvole scontrarsi in cielo,
ma non sentendo alcun tuono: troppo alti
sopra le nostre teste, strati di atmosfera
a separarci, tanto che penso
finiremo per non sentire
del tutto.
Mi dicevano da piccolo:
“Qui non accade nulla. Non preoccuparti delle nubi
e del vento umido che promette pioggia.” – Il peggio
è sapere che ogni lampo
qui ovattato e muto
altrove è una tempesta, una scusa
per tenersi stretti a letto, per dirsi
ti voglio bene, oppure
ho paura: una cosa qualsiasi

che ci leghi.

  

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La mia notte

So che mi ami abbastanza
per sopportare la mia assenza.

Vengo per dirti: aspetta; le cose
non sono tutta materia che si sfalda.

Alcune restano aggrappate lungo il centro
se c’è un centro; ma a te che conosci
la mia notte, dico:

quello che resta aggrappato della vita
alla vita
è un’assenza; significa: il centro è assente
per sua natura.