Stefano Bortolussi
da Esilienza
(inediti)
2.
La sensazione all’arrivo
non è quella di pelle mutata,
abbandonata di rettile freddo di sangue
e ingratitudine: è un sentire ambiguo,
doppio perfino, iniettato di colpa
al pensiero dell’esilio vero
di chi parte da un tutto di tragedia
verso il nulla dell’ignoto:
ma la ferita che si riapre puntuale
a ogni rotazione di flap, discesa di carrello,
stridore di ruote gigantesche sulla pista
è quasi tattile di presenza e ingombranza
e perde per giorni un siero trasparente
di lacerazione – e medicarla è parte
dell’emozione fratta di essere qui,
a occidente di te stesso, e al contempo
sempre lì, da dove sei partito.
3.
Il sonno a volte genera più confusione
che riposo, specialmente quando irride
lustro e sfuggente come creatura di palude,
solletica e indietreggia come schiuma di battigia:
e per il tempo che impieghi
a sbrigare la burocrazia del risveglio
non ricordi più se è qui o lì
che le finestre sul retro di casa sono spiate
da vicini curiosi di cosa metti in valigia
oppure salutate dalla vulva che si apre
nella roccia a sud-ovest,
se l’esplosione di suoni nella notte
è coro di esultanze per la vittoria in coppa
o lotta rossa di zanna dei procioni
nel folto del ligustro dietro casa:
non ricordi più la stessa relazione fra qui e lì,
quale viene prima, quale dopo, dov’è l’arrivo
e dove la partenza: ma è proprio allora
che il pensiero ti ravviene che sei sempre tu,
doppio disperso e bi-continentale ma ancora,
chissà per quanto, riconducibile a te stesso.
4.
“Alcuni esemplari sono stati introdotti
in Nordamerica”, assicura il nuovo sussidiario
leggero come l’etere in cui diffonde:
ma la farfalla bianca
che vedi vagare in cerca degli ultimi pollini
offerti da questa terra estrema prima di tuffarsi
somiglia in modo inquietante a quella
che sembra disegnare i guizzi e sussulti
della nostalgia di te stesso che provi
nel sentirti altro da te stesso, in eterno affitto
a casa tua, pronto a lasciare la città
che ti ha cresciuto a pane burro e zucchero
e partite ai giardini, concentramenti in Statale puntualissimi,
Orestiadi serali di noia, birra e piedi dolenti:
voglioso di passare, come lei in un barlume di ali bianche,
da quello che ha nutrito e sostenuto
a quello che promette, che ondifero e brullo
si offre al tuo racconto.
Stefano Bortolussi, poeta, romanziere e traduttore, è nato a Milano nel 1959. Ha pubblicato tre romanzi, Fuor d’acqua, (peQuod 2004), uscito prima ancora negli Stati Uniti con il titolo Head Above Water (City Lights Books 2003, traduzione di Anne Milano Appel), Fuoritempo (peQuod 2007) e Verso dove si va per questa strada (Fanucci 2013) e tre raccolte di poesie (fra cui Ipotesi di caldo, Book Editore 2001), la più recente delle quali è Califia (Jaca Book, 2015). Il suo poemetto “Il moto ondoso del cercare” è stato incluso nell’antologia Bona Vox, curata da Roberto Mussapi (Jaca Book, 2010). È co-autore di due serie di libri per ragazzi (Le indagini di Dick Rabbit e Le avventure di Miss Marmot, Dami Editore/Giunti).
Fotografia di proprietà dell’autore