Francesco Costa – Inediti

Francesco Costa (Belluno, 1992) è laureato in Scienze Internazionali e Antropologia e si occupa di fotografia, pittura e parole. Vive a Venezia e suoi lavori sono presentati nel sito thisminimalshit.com, i suoi versi sono apparsi su varie riviste (Poetry Factory, L’Altrove, Il Visionario, 210A) e pubblicati nelle raccolte Cipango (2020, Ensemble) e La Foresta dei Cedri (2022, Ensemble). È autore anche del saggio satirico fantafilosofico Manuale di Filosofia Fantastica (2022, Link).

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Dalla sezione Gara di nocche, della raccolta inedita Poema su Venezia

 

Mentre il carapace scheggiato
della notte s’appoggia sul Lido
altrettanto s’appoggia
il mio sguardo vinto
sull’orizzonte d’industrie
di silenzi e affettazioni
e l’ombelico, pronunciato,
delle disillusioni
nel ventre disastrato
dagli anni
prude
enormemente.

*

Qui di giorno si crepa di rumore
di notte si crepa di silenzi

raccolgo le lacune con il retino
e le guardo dibattersi nel secchio

versificando la resa
contando le assenze
sulla punta delle nocche.

*

Una serpentina mi corre
nella schiena, con dentro tutto
il freddo di burella
in cui nacqui
e che m’attende un giorno

di rado s’intiepida
quando ti spio di dietro un’ombra
e m’immagino altrove – altresì
presto, prestissimo
riecco l’umidità
della laguna
che s’insinua – infame
approfittando del torpore
di una digestione o una scopata.

*

Sgrano come un rosario le vertebre
di marmo della terra, prego
ed impreco e m’inerpico
sui gessi di fiato rattrappito
ch’inforcano la bass’atmosfera
di un agosto, a Venezia

il carnaio insudorato d’una mandria
in cerca del mio stesso pascolo
m’incuriosisce – Dio pastura
nelle calli più strette, per meglio
guardarci azzuffare

mi soffoca la gavotta delle pance
strabordanti e dei sudari indossati
come pareo, per riparare le gambe
e il basso ventre dalla vita –
che qualcuno, dicesi, conduce
al di là dell’acque
nelle isole smarate
negli slarghi

intorcolato, come un’edera
all’erezione dell’albeggiare
guardo il cielo denso di sale
indurito a forza di bestemmie
spero a volte in un’inondazione
altre volte in una bella dormita
altre volte in altre volte
meno solide, che crollino
su queste case e le rischiaccino
nel mare – tra i granchi
e la merda del fondale.

*

S’affastellano i fasti
d’antica speme
nel candore d’un pomeriggio
rubato ad un destino
(all’estinguersi)
e ricordo oggi
di quel giorno il mare
ch’è siccome una scopata
presto concluso
e triste
dopo.