Paolo Pitorri, nato nel 1990, vive nella periferia sud di Roma. Ha frequentato l’università Bordeaux Montaigne 3 e la facoltà di Lille 3 – Francia. Studia Lettere Moderne alla Sapienza. Sue poesie inedite sono apparse su YAWP: giornale di letterature e filosofie, su Poetarum Silva e Patria Letteratura per i Quaderni Barbarici, su Il foglio Letterario e La tigre di carta. Ha pubblicato articoli per Altri animali (Racconti edizioni). Paolo Pitorri
Inediti
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Neon
Hanno osservato contro luce il mio sangue
ho regalato le mie nudità a donne vestite di bianco.
Tra poco devono tagliarmi, togliere i pezzi, ricucire.
Col volto cianotico fisso mia madre soffrendo
voglio rientrare in lei per non dover più vagire.
Un passo indietro per non dover morire.
Ventidue anni alle spalle per non dover nascere – soffrire.
Tornare in lei dove ero l’unico corpo piccolo
In una sacca amniotica: un universo nero.
Ora sto supino a riflettere il neon.
Adesso dentro di me un paese si dilata,
si espande nel mio corpo – delirando penso:
sono stufo di Londra. Ma arrivano i guanti in lattice.
La vestita di bianco mi regala dieci secondi:
un’anestesia, occhi di cataratta: dimentico come respirare.
Un taglio, uno scoppio, un maroso, un tesauro di emorragie.
Mi risucchia la schiena il nadir della barella.
Mia madre mi parla, mi stringe la mano, è nuovamente la prima volta.
Mi ha detto che sono nati quattro gatti in questa notte “bella”.
È la seconda volta che esco con lei da una stanza di ospedale.
*
Vincesti il mostro della terra
e la pianura di iris dal sorriso malato.
Il tumore si schiuse
in un polmone verde.
Conficcasti la bandiera della resa
in quel prato
sotto gli occhi di Dio
e di tutti gli insipidi Santi.
Chiudesti il pugno e le ciglia
così l’uomo e la morte
diedero il la per danzare con la polvere.
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Glaucoma
Dal mio occhio germoglia un fiore
un bulbo oculare pronto a sbocciare,
una bacca di rosa canina veloce a seccare.
Le sue radici si legano al cervello
in piccoli fili di ferro – rugginosi –
fitte d’ami da pesca che strattonano
in un dolore rimbombante.
Arresto questo male nutrendolo
con la speranza di calmarlo o ammazzarlo.
Lo annaffio ogni sera e così sarà finché camperò.
Ma una mattina lo lascerò
e libero di divorarsi in un’estinzione
fiorirà da una crepa del marmo.
Fotografia di proprietà di Agnese Zingaretti.