Caterina Golia (Portogruaro, 1999) studia Lettere all’Università di Bologna e collabora attivamente con il Centro Culturale Giacomo Leopardi di Recanati. Da sempre appassionata di fotografia e scrittura, partecipa con alcuni autoritratti alla sua prima mostra collettiva Humans 2018 a Martinengo (BG). A febbraio 2020 apre la pagina Instagram @leopardiani. La prima vittoria nel campo della poesia arriva durante la prima pandemia dovuta al Covid-19 con un testo sulla speranza, pubblicato nell’antologia Le parole per dirlo (Gemma Edizioni, 2020). Alcuni suoi inediti sono presenti su Atelier Poesia, L’altrove, Alma Poesia e recentemente sono apparsi su «La Repubblica» di Bari a cura di Vittorino Curci. Da novembre 2023 è redattrice della rivista online “Laboratori Poesia”.
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L’elemento naturale è materia viva e incandescente nella voce di Caterina Golia che interpreta il linguaggio segreto della creaturalità, restituendo al tempo un silenzio e una costante, tenace domanda di infinito. Tra il bianco e il nero dei fotogrammi si snoda una ricerca identitaria nel cui slancio il gesto umano incontra la propria eterna radice, tra fragilità e tensione antropologica, in uno spazio inviolato di senso.
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Lo sa il pensiero che tornando
non sarà vinto,
a malapena affrontato
perché è questa la stagione
dell’angoscia, è naturale
cedere in questi mesi.
Si arrendono gli alberi centenari
al passaggio dell’autunno,
come potrei resistere io?
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Da troppo tempo penso solo al silenzio
a questa attesa senza risposta.
Questa pianta non osa fare radici
oppure è morta
e allora io cosa aspetto?
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Mentre mi perdevo
in fondo lo sapevo:
non mi sarei mai trovata.
Allora guardavo me stessa e gli
alberi
insieme sradicati,
guardavo la terra: casa comune.
Il cielo sembra ancora una follia,
madre, sono stata nel tuo grembo
sono stata in alto
ora ti chiamo, persa, dal basso.