Ai miei versi scritti così presto,
che non sapevo di esser poeta,
guizzati, come schizzi di una fontana,
come scintille dai razzi,
balzati, come piccoli diavoli,
nel santuario dove c’è sogno e incenso,
ai miei versi di gioventù e morte,
– ai versi non letti!
Disseminati nella polvere dei magazzini,
dove nessuno li ha mai presi né li prenderà,
per i miei versi, come vini pregiati,
giungerà il loro turno.
Koktebel’, 13 maggio 1913
*
Моим стихам, написанным так рано,
Что и не знала я, что я – поэт,
Сорвавшимся, как брызги из фонтана,
Как искры из ракет,
Ворвавшимся, как маленькие черти,
В святилище, где сон и фимиам,
Моим стихам о юности и смерти,
– Нечитанным стихам!
Разбросанным в пыли по магазинам,
Где их никто не брал и не берет,
Моим стихам, как драгоценным винам,
Настанет свой черед.
Коктебель, 13 мая 1913
*
I poeti
Il poeta – da lontano conduce la parola.
Il poeta – lontano lo conduce la parola.
Per pianeti, per segni, per fossati
di parabole indirette… Tra il sì e il no
egli, perfino volando giù da un campanile,
troverà un gancio… Poiché la via delle comete –
è la via dei poeti. Gli anelli scompigliati
della causalità – ecco il suo nesso! Disperatevi –
con la fronte in alto! Le eclissi dei poeti
non sono previste dal calendario.
Egli è colui che confonde le carte,
inganna il peso e il conto,
è colui che domanda dal banco,
che sbaraglia Kant,
che sta nella bara pietrosa della Bastiglia
come un albero nella sua bellezza.
Colui le cui tracce – sono sempre svanite,
quel treno al quale tutti
arrivano in ritardo…
– poiché la via delle comete
è la via dei poeti: bruciando e non scaldando,
strappando e non coltivando – esplosione e scasso, –
il tuo sentiero, tortuoso e chiomato,
non è previsto dal calendario!
8 aprile 1923
*
Поэты
Поэт – издалека заводит речь.
Поэта – далеко заводит речь.
Планетами, приметами, окольных
Притч рытвинами… Между да и нет
Он даже размахнувшись с колокольни
Крюк выморочит… Ибо путь комет –
Поэтов путь. Развеянные звенья
Причинности – вот связь его! Кверх лбом –
Отчаетесь! Поэтовы затменья
Не предугаданы календарем.
Он тот, кто смешивает карты,
Обманывает вес и счет,
Он тот, кто спрашивает с парты,
Кто Канта наголову бьет,
Кто в каменном гробу Бастилий
Как дерево в своей красе.
Тот, чьи следы – всегда простыли,
Тот поезд, на который все
Опаздывают…
– ибо путь комет
Поэтов путь: жжя, а не согревая.
Рвя, а не взращивая – взрыв и взлом –
Твоя стезя, гривастая кривая,
Не предугадана календарем!
8 апреля 1923
*
Insinuarsi…
Forse la migliore vittoria
sul tempo e sulla gravità – è
passare senza lasciare una traccia,
passare senza lasciare un’ombra
sui muri…
Forse prendere con
la rinuncia? Cancellarsi dagli specchi?
Così, come Lermontov nel Caucaso
insinuarsi, senza inquietare le rocce.
Ma forse – il migliore diletto
è, col dito di Sebastian Bach,
non sfiorare l’eco dell’organo?
Disgregarsi, senza lasciare le ceneri
per l’urna…
Forse prendere con
l’inganno? Farsi cancellare dalle latitudini?
Così: nel Tempo come nell’oceano
insinuarsi, senza inquietare le acque…
14 maggio 1923
*
Прокрасться…
А может, лучшая победа
Над временем и тяготеньем –
Пройти, чтоб не оставить следа,
Пройти, чтоб не оставить тени
На стенах…
Может быть – отказом
Взять? Вычеркнуться из зеркал?
Так: Лермонтовым по Кавказу
Прокрасться, не встревожив скал.
А может – лучшая потеха
Перстом Себастиана Баха
Органного не тронуть эха?
Распасться, не оставив праха
На урну…
Может быть – обманом
Взять? Выписаться из широт?
Так: Временем как океаном
Прокрасться, не встревожив вод…
14 мая 1923
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Paolo Galvagni (1967). Laureato in Lingua e letteratura russa a Bologna, ha trascorso periodi di studio a Mosca, Minsk, Kiev e San Pietroburgo. Collabora con riviste e case editrici, per le quali traduce testi di poeti e narratori russi e ucraini, con specifica attenzione alla poesia contemporanea. Nel 2014 gli è stato assegnato il Premio “Andrej Belyj” (San Pietroburgo) per le traduzioni. Nel 2018 ha partecipato al Festival “Vasari” di Nižnij Novgorod (versioni di poeti italiani contemporanei in russo). Tra gli autori tradotti si ricordano A. Achmatova, S.Esenin, A. Blok, N. Kljuev, Vl. Majakovskij, L. Andreev, M.Gor’kij, Vl. Vysockij. Tra i contemporanei: E. Schwarz, V. Filippov, S. Zav’jalov, S. Stratanovskij, G. Ajgi, D. Grigor’ev, Chamdam Zakirov.
Marina Cvetaeva, figlia di uno storico dell’arte e di una pianista, nasce a Mosca nel 1892. Lettrice appassionata, scrive poesie sin dalla tenera età. Al 1910 risale la prima raccolta: Album serale. Nel 1912 esce La lanterna magica e nasce la figlia Ariadna. Nel 1913 esce Da due libri. Gli anni del conflitto mondiale vedono la Cvetaeva scrivere molto, pur pubblicando poco. La Rivoluzione le appare come un’esplosione di forze sataniche. All’inizio del 1922 escono la raccolta Verste e il poema Lo zar-fanciulla. A maggio parte con la figlia in cerca del marito, Sergej Efron, riparato a Praga. Abitano per poco a Berlino, poi a Praga, dove nel 1925 nasce Georgij; passano poi a Parigi: il centro dell’emigrazione russa accoglie benevolmente la poetessa: presto però i rapporti con la diaspora russa diventano più tesi: vive isolata. Escono le raccolte Versi per Blok, Il distacco, Psiche, Il mestiere, la satira lirica L’acchiappatopi, le tragedie Teseo, Fedra. L’ultima raccolta è del 1928: Dopo la Russia. Poi la Cvetaeva pubblica principalmente saggi e racconti. L’ultimo ciclo scritto durante l’emigrazione è Versi per la Cecoslovacchia: testi adirati sull’invasione nazista. Il dramma personale della Cvetaeva si intreccia con la tragedia europea. Rientra in URSS nel 1939. Muore suicida nel 1941 a Elabuga.