Poesie di Arturo Benedetti, traduzioni di Giovanni di Benedetto
1. da Aurora, ou l’étoile manquante, 1929
I. Cadavre exquis avec César Moro
L’avenir
Merveilleux
Annonce
La vigne
Rose
Car elle sera la cigale
Qui fera l’été
Et annoncera
Aux dieux
Désuets
Le parcours à prendre
Pour hanter encore les temples
Déserts
Et amorcer
Le cœur.
*
I. Cadavre exquis, con César Moro
L’avvennire
Meraviglioso
Annuncia
La vigna
Rosa
Poichè sarà lei la cicala
Che farà l’estate
Et annuncerà
Agli dei desueti
La strada da prendere
Per tornare ad infestare di nuovo i tempi
Deserti
E adescare
i cuori.
II. Écriture automatique
Les yeux creuseront encore
le ciel vidé par les vœux
comme la fleur la pierre
traversant les siècles
La nuit fera de ses cheveux
l’intrigue d’un filet
tissant dans les yeux
la vigne et la mer,
le sel et les ciels.
*
II. Écriture automatique
Gli occhi continueranno a scavare
il cielo svuotato dagli auguri
come il fiore
che nella pietra attraversa i secoli
La notte farà dei suoi capelli
la trama di una rete
che intreccia nei suoi occhi
la vigna e il mare
il sale e i cieli.
III. Écriture automatique
Les palmes de pierre comme le jour d’un enterrement annoncent le désert et les lunes qui éclairent les amants.
Ivre de poussière le cœur tourne les vestiges et la mer en chair et hivers.
La mer est un oranger et la nuit une lanterne d’ombre qui déferle et détonne sur l’intermittence des mots comme un grenadier.
*
III. Écriture automatique
Le palme di pietra, come il giorno di un funerale, annunciano il deserto e le lune che illuminano gli amanti.
Ubriaco di polvere, il cuore trasforma le vestigia e il mare in carne e inverno.
Il mare è un albero di arance e la notte una lanterna d’ombra che s’infrange stonando sull’intermittenza delle parole come un albero di melograno.
2. Enfance, 1931
Peut-être que pour ne pas devenir de plus en plus noir comme ce crépuscule, je devrais mettre sur ma tête ce chapeau de paille que je portais quand j’avais neuf ans, ce chapeau jaune qui a disparu un jour (qui l’a enlevé ?) de la salle rouge où il se trouvait, sur le porte-manteau, laissant l’air sans appui, flottant, déséquilibré, et qui revenant maintenant de la vaporisation des choses passées serait peut-être orné des mille jeux de l’époque matérialisés par des rubans multicolores et voltigeants.
…?…
une étincelle de pensée me revient du crépuscule sur toutes les têtes de femmes que j’ai vues tournées vers la mer.
*
2. Infanzia
Forse per non diventare sempre più scuro come questo crepuscolo, bisognerebbe che potessi mettermi in testa quel cappello di paglia che portavo a nove anni, quel cappello giallo che scomparendo un giorno (chi lo tolse?) dall’androne rosso dove stava, sull’attaccapanni, ne lasciò l’aria senza appoggio, floscia, squilibrata, e che tornando ora dallo svaporìo delle cose passate sarebbe forse adorno dei mille giochi d’allora materializzati in nastri svolazzanti e variopinti.
… ? …
una scintilla di pensiero mi rimbalza dal crepuscolo su tutte le teste di donna che ho visto rivolte verso il mare.
3. Posterité du soleil, 1940
À Gabriel Audisio
Les éclaboussements amoureux des cigales
Hissaient dans le coeur
La voûte d’un ciel désemparé
Modulant sur la mer
L’intermittence du soleil à midi,
murmures féériques
de divinités éteintes
qui regardent distantes
les îles amarrées.
Marseille, 1941
*
3. Posterità del sole
Per Gabriele Audisio
Gli amorosi zampilli delle cicale
erigevano nel cuore
La volta di un cielo attonito
che modulava sul mare
L’intermittenza del sole a mezzogiorno,
mormorii incantati
di divinità spente
che guardano lontano
le isole ormeggiate.
Marsiglia, 1941
4. La lune, chronique de la fin du siècle, 1943
à C.
Et puis l’aurore m’annonça la vigne radieuse dans les déchirures des murs de la veille-ville incrustées par les fossiles et par la brise marine du midi qui rouillait tes yeux de coquillage. On se promenait parmi les vestiges en regardant les poissons traverser le ciel autour du clocher de la cathédrale qui perçait la voûte céleste. Les premiers bâtiments à s’effondrer furent ceux qui surgissaient dans la périphérie nord-orientale, sur le cratère opposé au front de mer où nous nous trouvions. Et face à la mer, je te regardais pour m’accrocher aux rochers qui, encore une fois, étaient tes yeux de coquillage, pour apprendre les secrets de la vie sous-marine et accéder aux royaumes inconnus de l’autre côté de la lune. Nous laissâmes la mer derrière nous pour nous approcher des portes de la ville et franchir la frontière. Mais ce fut vain. Les vagues nous rejoignirent avant que nous eussions été au-delà de la porte. La veille-ville s’effondra et nous coulions avec elle dans les profondeurs lointaines et perdues de la mémoire, et notre adieu se fit vestige et formule magique à prononcer pour ceux qui, face à la mer, attendent l’aube claire surgir de la nuit silencieuse des lendemains.
Tanger, 1943
*
4. La luna, cronaca di fine secolo
per C.
E poi l’alba mi annunciò la vigna radiosa nelle ferite delle mura della città vecchia incrostate di fossili e dalla brezza marina di mezzogiorno che faceva arruginire i tuoi occhi di conchiglia. Passeggiavamo tra le rovine, osservando i pesci che nuotavano nel cielo intorno al campanile della cattedrale che attraversava la volta celeste. I primi edifici a crollare furono quelli della periferia nord-orientale, sul cratere di fronte al lungomare dove ci trovavamo. E di fronte al mare, ti guardavo per aggrapparmi alle rocce che, ancora una volta, erano i tuoi occhi di conchiglia, per imparare i segreti della vita sottomarina e accedere ai regni sconosciuti dell’altra faccia della luna. Ci lasciammo alle spalle il mare per avvicinarci alle porte della città e valicare la frontiera. Ma fu tutto inutile. Le onde ci raggiunsero prima che superassimo la porta. La vecchia città crollò e noi colammo a picco con lei nelle profondità lontane e perdute della memoria, e il nostro addio divenne una reliquia e una formula magica da pronunciare da parte di coloro che, di fronte al mare, aspettano che l’alba chiara emerga dalla notte silenziosa del domani.
Tangeri, 1943
5. Trois poèmes pour Luz Guzmàn, 1987
I
La déchirure
À l’issue de la course au soleil
La nuit étoilée
Après le chaos
Un voyage palpitant
En deuil
Souriant.
II
La mémoire vive
Immeubles effondrés
S’installent
Un territoire
De la passion à la souffrance
Le retour des averses
Une occasion à saisir
Vous êtes nés
Un sursaut
Perdu dans les bois
Il faut penser à l’avenir
Un drame bouleversant
C’est mieux à deux
En dansant.
III
Tous les jours
Entre les mailles
Du filet
Une rencontre
Toujours en fuite
Peut vous conduire
Aux frontières
Du désespoir
Une route interminable
D’aventure
Une voie à deux vitesses
Ne lisez plus. Dévorez
*
5. Tre poesie per Luz Guzmàn
I
La crepa
Al termine della corsa verso il sole
La notte stellata
Dopo il caos
Un viaggio esaltante
In lutto
Sorridendo.
II
La memoria vive
Edifici crollati
erigono
Un territorio
Dalla passione alla sofferenza
Il ritorno delle piogge
Un’opportunità da cogliere
Siete nati
Un sussulto
disperso nel bosco
Dobbiamo pensare al futuro
Un dramma sconvolgente
È meglio in due
Mentre si balla.
III
Ogni giorno
Tra le maglie
della rete
Un incontro
Sempre in fuga
Può condurti
Al limite
Della disperazione
Una strada interminabile
Di avventure
Una strada a due velocità
Non leggete più. Divorate.
6. Dernières nouvelles de la lune, 1991
Franchir le seuil des colonnes d’Hercule qui portaient ton nom et s’aventurer en haute mer pour inventer de nouveaux instruments de navigation et de mesure du globe, cartographier l’envers du monde et inventer les ruines d’une ancienne civilisation éteinte, sédimentée dans la mémoire comme une épiphanie brève et enchantée. Il ne reste rien, qu’un ailleurs et le cœur qui apprend à vieillir.
*
6. Ultime notizie dalla luna
Varcare la soglia delle colonne d’Ercole che erano il tuo nome e inoltrarsi nell’alto mare aperto inventando nuovi strumenti di navigazione e di misurazione del globo terrestre cartografando il rovescio del mondo e inventariando le rovine di un’antica civiltà estinta e sedimentata nella memoria come breve e incantata epifania. Non resta più nulla, soltanto un altrove e il cuore che apprende a invecchiare.
***
Arturo Benedetti (Palermo, 1909 – Parigi, 2003) è stato l’unico poeta italiano ad aver partecipato al movimento surrealista fondato da André Breton a Parigi nel 1924. Nonostante la sua adesione al Surrealismo sia stata tra le più durature, l’opera di Arturo Benedetti è solitamente relegata alla categoria dei poeti minori che hanno affollato la galassia delle avanguardie poetiche novecentesche. Più ancora che la sua opera, come spesso accade per i surrealisti, è forse la sua biografia a essere ricordata nelle antologie .
Caduto nell’oblio, le sue opere sono oggi difficilmente reperibili poiché fuori catalogo. La maggior parte della sua opera poetica è stata pubblicata all’interno delle riviste La révolution surréaliste, Le surréalisme au service de la révolution, Minotaure. Presso José Corti, l’editore caro ai surrealisti, ha pubblicato: Ceci n’est pas un roman (Parigi, José Corti, 1985). Le poesie qui tradotte sono tratte dall’antologia Poètes singuliers, du surréalisme et autres lieux, a cura di A.V. Aelberts e J.J. Auquier, Union Générale d’Éditions (coll. 10-18), Parigi, 1971. Il testo Dernières nouvelles de la lune è tratto dall’inedito Abbecedario sentimentale.
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Giovanni di Benedetto (Napoli, 1987) vive a Parigi. Laureatosi in letteratura francese all’Università degli studi di Napoli “Federico II” con una tesi sul romanzo surrealista, nel 2013 si trasferisce a Parigi ed entra a far parte del Centre de recherches sur le surréalisme dell’Università Paris 3 “Sorbonne Nouvelle” diretto dal professor Henri Béhar. Attualmente insegna l’italiano in un liceo della periferia parigina e sta portando a termine l’edizione critica degli inediti di Arturo Benedetti. Suoi articoli sono apparsi su Lankelot, Nazione Indiana, Sud – Rivista europea. Ha partecipato al numero collettivo su Roberto Bolaño dell’Atelier du Roman. Nel 2016 ha vinto il prestigioso Prix de la nouvelle organizzato dalla Sorbona, primo scrittore non francofono ad aggiudicarsi la riconoscenza.
(In foto: ritratto di Arturo Benedetti nel suo studio. Archivio personale del professor Gabriel Saad)