Vanina Zaccaria vive e lavora a Napoli. In ambito artistico si è dedicata al teatro, sia portando in scena spettacoli come attrice, sia collaborando come direttore artistico per l’associazione culturale Passiodea. Attualmente è presiedente della Fondazione Lermontov, impegnata nell’ambito della ricerca in campo letterario, storico e sociale e nello scambio culturale Italia-Russia. Collabora da diversi anni con il giornale in lingua italiana e russa Sussurri e Grida. Ha pubblicato poesie per l’antologia poetica Ifigenia siamo noi, curata da Giuseppe Vetromile (Scuderi Editrice, Avellino 2008); ha vinto il Primo Premio poesia giovani Napoli Cultural Classic 2008 e il Secondo Premio poesia inedita Aoros-Valerio Castiello 2017.
Vanina Zaccaria
Tre inediti
*
Nessuno dimora
Guaderemo il fiume, nel tempo severo del marzo
procedendo muti e senza espressione.
Mi dicesti non c’è rimedio
e volgesti lo sguardo verso la pietra,
nessuna attesa, e il tempo si mise di schiena.
E invece guaderemo il fiume, come animali stanchi
passeremo il confine
mostrando il segno del morso dietro la schiena
nel tempo severo del marzo
il tuo marzo stanco, senza rimedio
Ci duole la schiena, curvi alla foce
alla foce ventosa, scossa da uccelli
noi chini alla foce, scardinati dagli anni
minute figure, minute come l’aratro
e come il secchio
nella sconfinata campagna, oltre il confine
tornando dove ricordavamo casa
la casa smarrita, contratta sotto le polveri
Rammaricato alla finestra, tenuto alla fune
come impiccato
il tuo vestito di lino
quello che indossasti per la festa, sbottonato alla gola
per soffiare il clarino e l’armonica
prima del fiume, prima del marzo.
E adesso che non credi più
a nemmeno una voce
e nemmeno ti volti a guardare
il nobile lino scolora
e nel paese estinto
se ne vanno i vecchi languidi
seguiti dal tempo che incensa le strade.
*
Non si muore di notte
in mezzo alle ombre
senza contorno
Si muore di giorno
sotto il fendente della luce
irrigiditi dalle forme
che sembrano corpi
di fanciulli fecondi
La clava, la giusta postura
la ruota
il segno del fratello sulla pietra
la prima innocente fatica
Tutte le cose
sono tutta la tua memoria
Non si muore di notte
quando anche la morte
somiglia al sonno
Si muore di giorno
nella luce che non finisce
e nemmeno ti asciuga
come un corpo di rana
che rimane umido
sotto le dita.
*
C’è un vento che soffia sulle case questa notte
La mia patria desolata si smarrisce in esso
lascia che passi sotto gli usci, che spenga i candelabri
che spaventi e tormenti gli insonni
La mia patria si accascia, anch’essa mortale
mortale più di tutti quanti noi
tenuti assieme dal sangue, da un vizio trasmesso
da padre a padre
e da fratello a fratello.
C’è un vento animoso stanotte sulle chiese
le icone tremano tra i cardini ed il legno
si fanno piccole piccolissime, mortali
e domani quando ci sveglieremo, nella piazza
ci attenderà un vento nero, pronto a latrare
e quel che rimane dei marmi sulla rocca
oscillerà lieve lieve, alzando polveri gialle
Invecchieremo in una sola ora, tutti assieme
le madri coi figli, i figli con gli altri figli.
Fotografia di proprietà dell’autrice.