Valerio Cuccaroni, “Lucida tela” (Transeuropa, 2022)

Valerio Cuccaroni, con la sua prima raccolta poetica Lucida tela, pubblicata nel marzo 2022 nella collana “Nuova Poetica 3.0” di Transeuropa, compie un vero e proprio viaggio nel cuore della parola, del linguaggio e delle sue significazioni. Come evidenzia Lello Voce nella postfazione: “Ogni testo sembra star lì come fosse – in sé – un singolo carattere alfabetico di una lingua che sta tentando di crearsi, di far tessuto e poi testo, con indiscutibile lucidità (delle forme linguistiche sempre nette e piane, e delle luci che, dando loro profilo, le rilevano e le rivelano). […] Tentativi di fare luce, di esercitare ragione, pensiero, tentativi, infine, visto che è di poesie che stiamo parlando, di usare la lingua come un grimaldello che apra porte e che, per l’appunto, ci sorprenda.

Nelle cinque sezioni che compongo il testo, Cartomanzia, Psichedelia, Disincanti, Riflessi e Covers, la parola poetica spicca il volo del senso, rivela la sua natura di tensione e di domanda, si presenta come una cosmogonia di significati, un’iconografia del frammento che guarda e si orienta all’insieme, al tutto, in un andamento rizomatico – immagine, questa, riverberata dal titolo in cui è citato il frammento lucreziano in chiusura di testo, riferito alle lucide frecce diurne. Una “scala stellare” l’intenzione che muove la scrittura, una salita verso l’infinita possibilità della parola di dire il mondo e di sperimentarne la varietà simbolica: “All’alba il sole non si leva,/ non sorge l’orizzonte/ è il bordo di una carta/ che scivola sull’altra. […]Non ti lasci giocare/ da quell’unico astro,/ non aspetti l’incastro,/ hai una scala stellare.” [7]

In Cartomanzia, la prima sezione che apre il libro, colpisce già la forza espressiva ed evocativa con cui il poeta opera la trasposizione simbolica delle immagini, l’utilizzo di metafore come la maschera subacquea che trasforma il tuffatore in una cosmonauta:

 

Per diventare un cosmonauta
non serve un nuovo allunaggio
basta una maschera subacquea
già calzata a occhi aperti sulla faccia
perché non perda neppure un attimo
del passaggio alla dimensione acquatica.

Prendi la rincorsa sulla spiaggia
con un passo dopo l’altro sulla sabbia
verso gli atomi di idrogeno e ossigeno
in legame covalente allo stato
liquido, pronto per il salto
in un altro mondo chimico.
[8]

 

Il corpo del poeta, dell’uomo, del lettore stesso è scena del viaggio che non conosce tempo e spazio. Ogni più piccola parte dell’organismo umano è una tappa simbolica per la conoscenza del mondo e di noi nel mondo:

Il cuore è una stazione dei treni
che viaggiano per tutto il corpo
sulle rotaie, dentro arterie e vene.

I globuli rossi sono i passeggeri,
gli eritrociti, con leucociti e piastrine:
portano l’ossigeno dai polmoni

ai tessuti, e fluendo prendono
l’anidride carbonica in eccesso.
Ogni battito un nuovo viaggio.
[10]

 

Così nella seconda sezione Psichedelia la parola incarna i volti dell’umana fragilità e al contempo è l occasione di redenzione nella condivisione con l’altro in componimenti che rivelano l’urgenza di un sentire collettivo. Ecco, dunque, che entra in campo il cadavre exquis, gioco collettivo surrealista realizzato per la prima volta a Parigi nel 1925, che consiste nel comporre una frase da più persone (senza che nessuna possa conoscere l’intervento dell’altra) nella sequenza sostantivo-aggettivo-verbo-sostantivo-aggettivo. Il nome del gioco deriva dalla prima frase che fu ottenuta: le cadavre exquis boira le vin nouveau («il cadavere squisito berrà il vino nuovo»). Il gioco si inserisce nell’ambito dell’automatismo surrealista e della casuale associazione degli elementi, nella quale tuttavia sembra manifestarsi una sotterranea comunicazione fra i partecipanti.

Come in Cadavere squisito in carcere, composizione effettuata con Renata Morresi e i carcerati di Ascoli Piceno, durante il laboratorio di poesia “Ora d’aria”, (22/09/20), in cui i partecipanti, scrivendo un verso ciascuno, gli uni all’oscuro dei versi degli altri, arrivavano ad un corpo unico di testo: “Il tempo non passa mai/ un secondo/ tempo lento e inesorabile/ scandisce ogni istante e ogni vita è un po’ del suo eterno […]” [17]

E ancora in Cadavere squisito in trattoria: “La rivoluzione è organizzazione/ correva veloce senza spinta/ le mani, le gambe, la pancia la rima/ non fermare il caos, libera l’entropia e cogli la poesia […]” [18], testo scritto durante il simposio poetico con Nanni Balestrini, organizzato ad Ancona al Poesia Festival “La Punta della Lingua”, (7/07/18).

Cuccaroni padroneggia la parola, il verso e le sue iperboliche variazioni di suono, senso e tempo, accordandole come un diapason, registrandole sul nastro dello stupore e dell’attesa. La tela è la trama larga della possibilità, il filo di ordito che passa in alto e in basso, scandagliando le dimensioni del linguaggio e delle sue suggestioni. che queste per esperire – e uso letteralmente il termine nella sua derivazione latina di esperto –, proprio nella sua accezione di padronanza della lingua e della parola nel suo uso sorprendente e surreale. In questa bianca possibilità di materia ogni variazione di testo trova il suo spazio vitale, dagli scritti autorali, alle traduzioni, alle sperimentazioni, come afferma Lello Voce in chiusura di nota: “Tutto sembra poter trovare posto in questa tela, su questa tastiera: dai testi autoriali, a quelli collettivi, dalle traduzioni, ai frammenti quasi lirici, che sembrano schegge, o, neanche a dirlo, punte. Punte di frecce che abbiano ormai dimenticato, però, ogni bersaglio. Sospese nell’aria, in attesa che qualcuno le pronunci, facendo ricominciare la vita dove prima era soltanto linguaggio.”

 

Dalla sezione Riflessi

 

Circo naturale

Nello spettacolo d’autunno gli alberi
indossano parrucche da pagliacci
rosse e gialle per l’applauso delle ali
in volo verso un’altra estate
e queste vostre risate sarcastiche
mentre state a guardarli denudarsi.
[34]

 

Acqua che parla

Dalle nubi precipitando piovi
passi le rocce fino alla falda
succube al suolo sprofondi
sali quando il sole ti riscalda
o ti estrae un secchio dai pozzi
dalle fonti fino alle bocche
scorri nelle dita e negli occhi
e nelle nubi celi i tuoi ritratti.
[35]

 

Geoide

L’infinito si riflette
sui tuoi mari sui tuoi
fiumi sui tuoi laghi
sugli occhi specchi
di brame siderali.
[36]

 

In Dedica, riscrittura di Tito Lucrezio Caro, De rerum natura, 1, 140-145, testo che chiude la raccolta, nella sezione Covers, il progetto poetico evidenzia il suo fil rouge, rimandando al senso originario del libro:

 

Il suo valore e il piacere sperato
della dolce amicizia ti esortano
a sostenere qualsiasi fatica
e t’inducono a vegliare di notte
sereno in cerca di quali parole
e quale canto possano infine
stendere davanti alla sua mente
una chiara luce con cui si possa
esaminare a fondo l’occulto.
Quindi questo terrore dell’animo
e queste tenebre è necessario
che non i raggi del sole né lucide
frecce diurne dissolvano
ma forma e norma della natura.
[45]

 

Valerio Cuccaroni (Ancona, 1977) dottore di ricerca in Italianistica all’Università di Bologna e Paris IV, Sorbonne, è docente di lettere e giornalista e critico letterario. Collabora con varie testate, tra cui «Le Monde Diplomatique – il manifesto», «Poesia», «Il Resto del Carlino» e «Prisma. Economia società lavoro». Ha curato i volumi La parola che cura. Laboratori di scrittura in contesti di disagio (ed. Mediateca delle Marche, 2007), L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e altre lingue minoritarie tra Novecento e Duemila (con M. Cohen, G. Nava, R. Renzi, C. Sinicco, ed. Gwynplaine, coll. Argo, 2014) e Guido Guglielmi, Critica del nonostante (ed. Pendragon, 2016). Ha pubblicato il libro L’arcatana. Viaggio nelle Marche creative under 35 e tradotto Che cos’è il Terzo Stato? di Emmanuel Joseph Sieyès, entrambi per le edizioni Gwynplaine. È direttore artistico del Festival di poesia “La Punta della Lingua”, organizzato da Nie Wiem aps, casa editrice di «Argo», di cui è tra i fondatori, insieme a Natalia Paci e Flavio Raccichini. Lucida tela è il suo primo libro di poesie.

Fotografia di Dino Ignani.