Stefano Versace (Ponte dell’Olio, 24/12/1980) ha vissuto a lungo in Germania e in Gran Bretagna, lavorando con diverse università. E’ Honorary Research Fellow presso il Leopardi Centre dell’università di Birmingham, e sessional lecturer all’università di Francoforte. Ha scritto di metrica poetica, linguistica, e teoria della letteratura; oltre che di cultura e società greca contemporanea – e presto anche di poesia – per diverse piattaforme online (tra cui, Linkiesta.it, e ora GliStatiGenerali). Scrive poesia più di vent’anni: suoi testi sono stati pubblicati su Carte allineate e altre per Mosaici St. Andrews Journal of Italian poetry.
Stefano Versace
Modelli di Markov nascosti
(inediti)
Preludio:
Due sono poi gli stati: pioggia e sole
Vedere non vedere non vedere
non vedere non vedere non
1.
Non pensavo avrei mai sentito gli anni
A questo modo, attesi e spenti correre
Come i cani. Non pensavo i danni
Ritrovarsi seduti sulle ore
E le parole di ieri. Non pensavo
Di mettere in questione ciò ch’è cavo.
Non pensavo di non poter pensare
Più, di sentirmi così, come gli anni.
Vedo le cose più importanti vedo
Come anni che si perdono le cose,
Le rose che si perdono a Milano
2.
Raccontavo a mia madre d’esser triste,
Nei pensieri. E così, compresso ancora
Tra me e me, immaginavo – viste
Le pieghe, le onde andare in malora
Tarda – di sciogliere cose di ieri,
Di poter respirare quei tuoi neri
Discorsi.
3.
Ci sono primavere nient’affatto
Dolci; non son vissute, e altre sono
Invece irrequiete e strette: un gatto
Quasi sembrano, un altro che si piega
E vive il tempo come me…il tempo
Preso a fette e poi svenduto, un lampo:
Un ricordo, Salonicco contigua
E così mia, ciò che là si dice, il bricco e il caos
Da caffè, la leva che dice al mondo
Che ciò ch’è stato scritto un tempo – e perso
Indica avanti e poi indietro, in anticipo
Rispetto a me lentissimo; E io, a te, tornavo.