Silvia Atzori, tre poesie da “Quando tornerai sulla terra” (Arcipelago Itaca, 2024)

 

Silvia Atzori (1998) è nata in provincia di Varese, dove vive e lavora come insegnante di lettere. È laureata in lettere moderne presso l’Università degli studi di Milano, dove si è dedicata soprattutto allo studio della poesia italiana del secondo Novecento. È redattrice di Medium Poesia. Suoi testi e articoli sono comparsi su diverse riviste, testate giornalistiche e blog. Nel 2023 risulta fra i vincitori di Pordenonelegge Esordi e nel 2024 esce per Arcipelago Itaca il suo libro d’esordio, Quando tornerai sulla terra.

 

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Notitia criminis (I)

 

Le hanno cucito qualcosa nella stoffa del vestito.
Il presagio del lutto – gli occhiali
ancora non li portava oppure
erano frantumati.
Una borsa di tela – il portafogli – i documenti
quando ancora non li aveva persi. Nel passaggio
non ti serva avere un volto
o attributo iconografico.

La bocca ha un rivolo di sangue – i denti sono sani.
L’hanno fatta stendere perché non tremi.
L’orecchino destro è rimasto sulla terra, opaco per lo schianto:
il pegno è stato pagato. Adesso
dovrà elencare le sue colpe prima di continuare.
Non ti cercheranno qui ma il debito
non si scorderà di te.

La flebo – l’odore del disinfettante – incantamento – insetticida
lo sguardo di tua madre senza domande – le lenzuola
pulite – il libro.
Solo tu ricorderai
                                       tutto questo, quando
                                                                                   tornerai sulla terra…

 

 

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III
M1-Cadorna FN Triennale

 

In questa discesa non si cerca Proserpina
tutto sommato questo è il terzo anno
che ti fai strada qui senza lanterne
senza più scarpe, con le cornee
consumate reggetevi ai sostegni
dal buio inumidito dell’insetticida.
Proserpina qui non la puoi trovare. Ad aprile
qualcuno l’ha vista indossare un prendisole
sotto l’impermeabile crudele.
La vita è altrove sulla terra e qui
apertura porte a destra
qui ormai non è rimasto nessuno.

 

 

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XIV

 

È una città quasi priva d’aria, quella
che c’è pare illusione ottica.
Qualcuno muove da lontano e con pigrizia
gli oggetti uno per uno: tutto
è denso di polvere
e sole, polvere e sole.
Gli occhi ci si abituano e si schermano di giallo, fanno
la loro patina la cancrena
del caldo sui muri allucinati.

                                                                                                                                               Senza riparo: cadrà su tutti.

Forse è per questo che hanno detto
realismo magico forse
per questo da piccola mentivo, per vedere
la finzione
staccarsi dalla lingua e camminare.

 

 

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© Fotografia di proprietà dell’autrice