Chi è Ted Joans?
(NOTA: Invece di leggere l’articolo puoi scegliere di ascoltare un mixtape su #FreeJazz #BlackPower #Surrealismo cliccando qui)
The Fire Next Time
(James Baldwin)
Ora succede che, quando un colonizzato sente un discorso sulla cultura occidentale,
afferra il suo machete, o perlomeno si assicura che sia a portata di mano.
(Franz Fanon)
| Ted Joans è un poeta, pittore, trombettista, militante politico e surrealista Afro-Americano. | Ted Joans non è un poeta italiano perché il poeta italiano non è abbastanza in rivolta né contro se stesso né contro il mondo. Il poeta italiano al jazz e al collage preferisce la sviolinata e lo scalpellino, alla tracotanza barocca preferisce l’amministrazione tardoimperiale del labor limae, la parola disossata alla parola grassa che impasta le mani dei liquidi corporei. Tuttavia, se proprio dovesse essere un poeta italiano, Ted Joans si potrebbe chiamare Cecco Angiolieri o, tutt’al più, Gian Pietro Lucini. Di certo non si chiamerebbe ________________________ (completare con un nome a piacimento) né, tantomeno, ________________________, questo è certo. Forse, a ben pensarci, potrebbe chiamarsi anche Gianfranco Sanguinetti, ma, lo ripetiamo, non potrebbe mai chiamarsi _______________________.
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| Ted Joans è nato nel 1928, anno di pubblicazione di Nadja di André Breton («la bellezza sarà convulsiva o non sarà»), del Traité du style di Louis Aragon («“Fare” in francese significa “cacare”. Esempio: non sforziamo il talento, non “faremo” nulla con grazia»), dell’allestimento teatrale di Artaud de Il sogno di Strindberg («Strindberg è in rivolta, così come Jarry, Lautréamont, Breton e io stesso. Rappresentiamo questo spettacolo come un rigurgito contro la sua patria, contro tutte le patrie, contro la società»), del Grand Jeu di Benjamin Péret («Meglio cucirsi le mani che ridere agli angeli, meglio cambiare orologio che urlare alla luna»), del Manifesto Antropófago di Oswald De Andrade («Avevamo la giustizia come codificazione della vendetta. La scienza come codificazione della magia. Antropofagia: la trasformazione permanente del tabù in totem»). | Ted Joans non è morto nel 2003, si è soltanto seduto in platea, ad assistere al collasso dell’impero e ad ascoltare il rumore di fondo dell’orda selvaggia pronta all’assalto, lo scricchiolio della frontiera occidentale che si confonde con l’urlo panico WASP e si elide nell’euforico, marziale fraseggio dell’insubordinazione, della diserzione, della rivolta, della sommossa, della rivoluzione:
J-A-Z-Z. |
| Ted Joans è nato a Cairo, in Illinois, territorio occupato dall’Impero coloniale francese nel XVII secolo a danno della popolazione nativa degli Illiniwek. Il territorio occupato è ceduto all’Inghilterra nel 1762. Nel 1774 il territorio è annesso alla provincia canadese del Québec. Nel 1783 entra a far parte dei territori occupati dagli Stati Uniti.
Nel 1840 ha luogo l’immigrazione dei Mormoni. |
Ted Joans non è nato a Gaza, in Palestina, territorio occupato dallo stato di Israele, né a Kinshasa, territorio occupato dall’Impero coloniale del Belgio nel 1884, né a Ouagadougou, in Burkina Faso, territorio occupato sin dal 1853, dall’Impero coloniale tedesco, dall’Impero coloniale britannico e dall’Impero coloniale francese. Non è nato neanche a Rio de Janeiro, Bahia, Belo Horizonte o San Paolo, nei territori occupati dall’Impero coloniale portoghese, né a Città del Messico, Lima, Santiago o Caracas, nei territori occupati dall’Impero coloniale spagnolo.
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| Ted Joans è l’autore di Funky Jazz Poems(1959), Beat Poems (1959), The Hipsters(1961), A Black Pow-Wow of Jazz Poems(1969), Afrodisia (1970), A Black Manifesto in Jazz Poetry and Prose (1971), Teducation: Selected Poems 1949-1999 (1999). | Ted Joans non è l’autore di un libro che hai comprato nel 2025 o nel 2024. Non è neppure l’autore di un libro che comprerai nel 2027. Potrebbe essere però l’autore di un libro che comprerai (ma che non leggerai) tra il 2030 o e il 2040, ma sicuramente è un autore di un libro che viene dal XXVII secolo, dal 2666 probabilmente. Per alcuni, pochi, potrebbe essere anche l’autore di un libro degli anni Novanta, ma di certo non successivo al 1994.
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| Ted Joans è un poeta che ha utilizzato la parola pugno 28 volte (5 volte al plurale), vendetta 37 volte, sesso 10, fottere 15, amore 46 volte, albero 2, collera 15, barricata 5, culo 20, viscerale 15, odio 13, poesia 14, violenza 14. La parola letteratura non è mai stata utilizzata come soggetto del predicato verbale esprimere, ma ben 101 volte preceduta dalla negazione non e dall’ausiliare essere. | Ted Joans è un poeta che non ha mai utilizzato le parole: resilienza, stima, accordo, benessere, conciliazione, pace, creativa, immaginazione, fantasia, lirica, pene. Le parole innocenza e pianto sono state utilizzate rispettivamente 3 e 5 volte in alcune poesie giovanili. |
| Ted Joans è senza fissa dimora ma nel 1960 viaggia a Parigi per incontrare André Breton dopo avergli scritto una lettera in cui si presentava così: «Chi sono? Sono afro-americano e il mio nome è Ted Joans. Senza il Surrealismo non sarei stato in grado di sopravvivere alle abiette vicissitudini e alle violenze razziali che l’uomo bianco degli Stati Uniti mi infliggeva ogni giorno. Il Surrealismo divenne l’arma che scelsi per difendermi, ed è stato e sarà sempre il mio modo di vivere». | Ted Joans non è un accademico che nel tempo libero si diletta a scrivere poesia, né un poeta che avendo fallito la carriera accademica insegna scrittura creativa in una scuola privata come la Scuola Holden (tassa di iscrizione = ventimila euro) o Molly Bloom (tassa di iscrizione 9000 euro + IVA), né un poeta marxista post-avanguardista che insegna in un’università privata telematica. Non è neanche un poeta che anima un bookclub, né un poeta che fa l’unboxing delle ultime novità editoriali (forse l’eccezione la farebbe solo per un libro di ricette o per uno sulla pesca alla trota in America). Però, per arrotondare, potrebbe essere un poeta che, durante il fine settimana, fa il lavapiatti, il giardiniere, il netturbino o il custode dell’università, questo sì.
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| Ted Joans è un poeta che si è ubriacato insieme a Charlie Parker, Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Leroi Jones, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, Joseph Cornell, André Breton, James Baldwin, Langston Hughes, Aimé Césaire, Penelope Rosemont e gli altri membri del Gruppo Surrealista di Chicago. | Ted Joans non è un poeta che presenta i suoi libri per poi servirsi a profusione di vino a buon mercato in calici di plastica biodegradabile alla ricerca del dérèglement de tous les sens né, tantomeno, per ingurgitare piccole figure geometriche bidimensionali su cui spalmare a piacimento: a) caviale; b) burro di noccioline; c) il sangue che ti farebbe versare Ted Joans se ti incontrasse alla presentazione di un tuo libro.
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| Ted Joans è un poeta che scrive in piedi oppure mentre sta seduto sulla tazza del cesso o mentre si masturba. In un’intervista dice di scrivere dopo aver fatto sesso, ma non mentre fuma, perché, se deve scegliere tra scrivere e fumare, preferisce fumare. In ogni caso, dice, preferisce il sesso.
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Ted Joans non è un poeta che scrive nella sala di una biblioteca. Tutt’al più nel bagno della biblioteca o alla mensa della biblioteca, o nei sotterranei della biblioteca, ma mai nel silenzio di una sala di lettura. |
| Chi è Ted Joans?
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Ted Joans non sei tu. |
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BLACK FLOWER / BLACK POWER (MEDLEY)
Sono un nero americano,
nato povero,
ho vissuto nei ghetti
e ho avuto abbastanza fortuna da sopravvivere.
Ho scelto il surrealismo
quando ero molto giovane,
prima ancora di sapere
che cosa fosse.
Sentivo una complicità
simile a quella che avevo trovato nel Jazz.
Era l’unica cosa che sembrava turbare
i poteri che mi imbrigliavano.
Sono nato fiore nero
e di conseguenza
rivoluzionario
malgrado la mia persona
insignificante.
Impiego i miei sensi temprati dal surrealismo.
Sono Maldoror,
Malcolm X,
il Marchese de Sade,
Breton,
Lumumba
e molti altri ancora,
così numerosi
che non potreste conoscerli tutti.
Sono il mio carburante, la mia resistenza,
e continuerò a usare ogni mezzo
per conquistare la mia libertà,
che diventerà libertà per tutti.
Il Potere Nero è
uno dei mezzi per giungere a questa libertà.
Alcuni temono la spada del poeta nero:
ora che i poeti neri
non scrivono più in codice o in metafora,
i poeti neri che imitavano
i poeti bianchi,
da Shakespeare a Dylan Thomas,
e rinnegavano
la propria cultura nera.
Ora i bianchi hanno ragione
a essere un po’ nervosi.
Alcuni di loro si riparano
sottoterra quando un
poeta nero grida o mormora
queste due splendide parole:
POTERE NERO.
Questo manifesto che scrivo stanotte
in questa città dove
molti altri manifesti rivoluzionari sono stati scritti
da coloro che amavano la libertà abbastanza
da combattere e sconfiggere
le forze della schiavitù,
ritengo sia mio dovere, io poeta nero,
rivolgerlo al popolo nero.
Non c’è al mondo un solo bianco
che possa pronunciare la parola
«SHIT» come la pronunciano gli uomini
neri d’America.
Noi annientiamo la grammatica accademica
dell’uomo bianco e inventiamo nuove
maniere di pronunciare le parole.
E così, in ogni istante, ricreiamo il linguaggio,
come i musicisti jazz (i nostri migliori creatori)
ricreano i loro strumenti.
Il Potere Nero è come la nostra musica nera
JAZZ
(che all’inizio significava F-O-T-T-E-R-E):
segue la stessa dinamica.
E se dev’esserci un rumore,
che sia quello dei tamburi,
dei tam-tam guerrieri,
dei tamburi che sono la voce nera.
Proclamo che
la non-violenza è un fallimento,
perché l’americano bianco
è un razzista violento.
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Giovanni Di Benedetto (Napoli, 1987) vive a Parigi. Dopo aver conseguito la laurea in letteratura francese con una tesi sul romanzo surrealista, nel 2013 si trasferisce nella capitale francese, dove entra a far parte del Centre de recherches sur le surréalisme. Nel 2016, ha vinto il prestigioso “Prix de la Nouvelle” della Sorbona, primo scrittore non francofono a ricevere questo riconoscimento. Ha partecipato al numero collettivo su Roberto Bolaño della rivista L’Atelier du Roman (n. 109, Buchet-Chastel, 2022). Suoi testi sono stati pubblicati su Sud – Rivista Europea, Nazione Indiana, Minima et Moralia. Collabora con la rivista francese Zone Critique. Nel 2025 fonda il Groupe Surréaliste en Clandéstinité (@g.s.c.fr). Attualmente sta portando a termine l’edizione critica degli inediti di Arturo Benedetti.
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© Collage realizzato da Giovanni di Benedetto (Fotografie di dominio pubblico. Fonte: Wikimedia Commons).
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