Tutte le ossa cantano la canzone d’amore è mantra che si accorge del bene, conquista faticosa di un punto dove il mondo ascolta ed è ascoltato. Potrebbe anche essere, forse, testimonianza di un cadere e del palmo di mano che arresta la caduta. Porsi di fronte alla sapienza minerale delle ossa vuol dire riconoscersi e riconoscere la specie a cui si appartiene assieme a tutto il creato. Le nostre ossa cantano da prima e canteranno dopo, la parola è re-incarnazione, ancora una volta, di nuovo, sempre. E il nostro accordo con il mondo (non di rado stonato) è il rito di chi si attacca alla terra nella parabola tra semenza e cenere. Le ossa cantano e in questa canzone non ci sono né vivi né morti, solo il Vivente, che è canto e vento che lo trasporta.
Pietro Russo
* * *
Fare parte di una storia
Siamo persone che spariscono dai radar
e si ritrovano nelle abitudini di un altro
fissiamo identità che non ci comprendono
mai del tutto
Parlare di un amore cresciuto come tacche su un muro
una cosa tra la gioia e pareti da ridipingere
È bello che il cuore non è solo un muscolo
ma quando c’è da prendere un’auto e sparire
noi siamo i primi
Fuori il cielo fa presto a ingabbiare la luce
sarà che è sera, tutti paiono ombre felici
Ma il cuore è una meccanica rodata
e pure nell’apnea di questa immagine
continuiamo a cadere come una preghiera dalle labbra del vento
*
1.5
(aveva delle ragioni)
Un popolo intero torna alla polvere
un uomo cammina con il suo tradimento
allacciato alle spalle.
Il RV delle 8:08 in partenza al binario uno.
La storia olia i binari della polvere
e tradizione è divergere
dalla polvere.
Ma il mondo è diverso dai tempi della polvere
il sangue erompe dalle cateratte di madonne
inchiodate a un paese che si affaccia sul mare.
In un paese che si affaccia sul mare
ma sprovvisto di capitaneria di porto
come di navi e diritto sulle acque
che pure lo toccano,
in questo paese
viveva un uomo il cui nome non importa
e quest’uomo aveva delle ragioni
ma dal cielo preferirono bombardarle.
Hagalaz che prende il nome dalla grandine
trova il torace di quest’uomo
avvezzo ai rivolgimenti del cielo
il torace di quest’uomo una gabbia
da cui niente, proprio niente
esce
di ciò che va preservato.
A una luce assai rara
luce crepata sui muri della gabbia
luce venuta a trovare le sue ragioni
l’uomo domanda:
dirai finalmente cosa rende l’uomo
un uomo?
*
mi hai affidato le corde di un popolo
perché cavassi musica da ossa scabre
uno straniero canta nel mio cuore
uno straniero balla nel mio cuore
con le corde che mi hai dato
vado a saggiare straniero la resistenza del ramo
che sia più forte la tua mano
sia più forte di questo canto la tua mano
*
Benedizioni del mattino
l’amore tra occhi e luce
che si ritrovano per grazia
nel corridoio i passi
che esplodono di universo
io benedico
e i tuoi volti tutti
che non mi nascondi
io benedico
e quando diventa più struggente
il ricordo di mani sul petto
per strade sporche battute dal sole
io benedico
i lavori della terra
un pensiero che si attorciglia
il saluto impastato di saliva
che ci rimette al mondo
io benedico
e benedico questo essere carne
altissima febbre che sempre
ti va cercando
* * *
Pietro Russo vive a Catania. Insegna Lingua italiana agli stranieri. Il suo primo libro di poesie, A questa vertigine (2016), ha vinto il premio Violani Landi per l’opera prima. Ha pubblicato una plaquette in lingua siciliana, Eppuru i stiddi fanu scrusciu (2022), e ha co-curato Contemporary Sicilian Poetry. A multilingual Anthology (New York & Bristol, 2023). Organizza ed è direttore artistico di alcuni incontri di poesia in Sicilia. Alcuni suoi testi sono stati tradotti in Canada, negli Usa, in Austria.
© Fotografia di Myriam Grasso.