Pietro Romano, Feriti dall’acqua

Pietro Romano

Feriti dall’acqua

peQuod, 2022

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Pietro Romano è voce che convince. Ci parla di ricordi che fanno fatica ad affiorare, di acque che feriscono, di una madre che ci ha lasciato. Un libro lucido e doloroso: Io da bambino, voce di confine,/ smembrato nella vita di ogni giorno. La raccolta è divisa in quattro sezioni di venti poesie ciascuna. La prima si intitola ‘Acque di confine’ e queste prime due terzine della sua ventesima poesia raccontano un’apparizione: Acque di confine agli amen del vento,/ in voi si dirada la lontananza, viso/ di madre che spezza il nostro dormire.// L’ho vista tornare alla sua veglia,/ riconoscermi figlio, poi andare./ Negata alla vita, dissetare il respiro.

Segue ‘Dentro la foschia’, con ancora un’acqua sottile, questa volta nell’aria. I testi diventano più speculativi – Nessuna notte può chiamarsi notte/ se la lama ancora non riluce:/ fuori dalla vita e dalla morte/ le parole non conoscono sete, metapoetici – Ogni parola è una casa diveltae riappare la madre, nella luce dei vetri. I ‘Cancelli’ della terza sezione sembrano chiudere ogni varco, ma pure lasciano vedere oltre – Stormi sul mare: un rivo di pioggia,/ un varco lentissimo, una preghiera. Il poeta resiste al tempo e al silenzio: ‘Sono qui ad attendere riparo’ è il titolo dell’ultima sezione, dove la parola si svuota, dove tutto si oscura per avere voce ed è inevitabile darsi soli e incompiuti/ tra le braccia del padre.

Antonio Fiori

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XIII.

Rimanere negli abiti consunti

come dire un sentiero di impronte,

i cappotti infangati, ancora

seppellire l’infanzia. Non c’è vento

tra gli ulivi riarsi,

né altre età da annaffiare. Com’è

orfana questa sete senza lingua,

com’è rara quest’ombra che ci idrata.

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(da ‘Acque di confine’)

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XX.

La lingua estrae le sue vene dall’acqua,

da una casa all’altra la voce si attarda.

L’argine erode il labbro: predice

il bicchiere vuoto su un angolo del tavolo.

Dietro di noi assenze ramificate.

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(da ‘Dentro la foschia’)

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IV.

Acacie nere di solitudine:

noi senza-casa, un’eco nell’acqua.

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(da ‘Cancelli’)

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XIX.

Tenditi, mia voce, inverati preghiera,

tu che, come loro, perdi di veglia in veglia

la madre del tuo dolore. È lei, l’assente

china alla memoria.

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(da ‘Sono qui ad attendere riparo’)

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Pietro Romano (Palermo, 1994) si è laureato in Italianistica presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna con una tesi su Nino De Vita. Ha pubblicato due raccolte poetiche, dal titolo Il sentimento dell’esserci (Rupe Mutevole 2015) e Fra mani rifiutate (I Quaderni del Bardo 2018) Collabora con varie riviste, cartacee e online, tra cui Steve, L’Ottavo, Inverso-Giornale di Poesia. I suoi versi sono stati tradotti in russo («Мой дом — до молчанья», “La mia casa è prima del silenzio”, Free Poetry 2019, con prefazione e traduzione di Olga Logoch, collana di poesia italiana a cura di Paolo Galvagni, traduzione di Fra mani rifiutate), greco, catalano e spagnolo, e inseriti nell’antologia Le parole a quest’ora (Free Poetry 2019, a cura di Paolo Galvagni). Nel 2020 esce Case sepolte (I Quaderni del Bardo), con prefazione di Gian Ruggero Manzoni, postfazione di Franca Alaimo e disegni di Angela Catucci.