Piergiorgio Vitivive nelle Marche, dove è professore di lettere. Le sue poesie sono tradotte in spagnolo e rumeno. Nel 2010 esce un suo intervento critico per il catalogo, tradotto anche in cinese mandari-no, della mostra di Pietro Annigoni, in occasione delle esposizioni nelle Marche del cele-bre “pittore delle regine”. Nel 2011 ha pubblicato la prima raccolta poetica, “Accorgimenti” (L’arcolaio), mentre nel 2015, per Italic, esce “Se le cose stanno così”. Ha anche scritto per il teatro: “La fiabola di Virginio e Virgilio” con Tosca protagonista e “I sogni di Ray” con Carlo Di Maio. E’ andato in scena a teatro come autore e voce recitante per “La voce dell’uomo”, un tributo a Sergio Endrigo. Ha tradotto “I Preludi” di Alphonse de Lamartine con lettura di Ugo Pagliai e Paola Gassmann per il festival “Armonie della Sera”. Nel 2016 ha fatto parte, insieme ad altri poeti e scrittori, del progetto fotografico-editoriale “Memory Card” (Hacca Edizioni), realizzato dall’artista Rita Vitali Rosati. Nel 2017 esce un contributo per una “Piccola inchiesta sul provincialismo” (Galaad Edi-zioni, a cura di Simone Gambacorta). Nel 2019, per Pequod, pubblica “Aperto per inventario”, terza silloge poetica, che viene anche presentata al Salone del Libro di Torino con copertina di Ilario Fioravanti. I suoi testi sono presenti e recensiti in blog, siti letterari e riviste (La Lettura, Poesia, Zeusi, Segno, Poetarum Silva, Centro italiano di poesia, Rai news ecc.). Piergiorgio Viti
Inediti
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Una casa senza mattoni, senza finestre. Entro. Una casa senza malta, senza stanze che raccontano. Una casa che non può riflettere nulla. Inspecchiata. Che teme di essere casa, teme il perimetro che la incuba, la visura del mondo. Vedendoti, in opaca lontananza, debilito. Ma tu non sei, come questa casa, nulla. Se vuoi, riempimi di perdoni.
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Dietro quale paternità posso nascondere fallimenti. A quale luna posso chiedere udienza. Quale destino mancare. E astenermi da che. Votarmi a che. Sono una mezza stagione che non allieta i pic nic. Una mezza pensione per boh, non si sa chi.
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Mia madre era paesaggio. A sera, la aravo di carezze. A sera, bevevo alla sua fonte. Quando sprecava tempo, diventava più piccola. Solo zigomi e sguardi. Solo zigomi e sguardi, mentre io la aravo di carezze. Mia madre era alta collina.
Fotografia di proprietà dell’autore.
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