Philip Morre – Inediti (Traduzioni a cura di Giorgia Sensi)

MORREPhilip Morre è nato a Londra ma ha vissuto in Italia per gran parte della sua vita adulta, da ultimo a Venezia, dove per dieci anni ha tenuto una libreria di libri usati nel Ghetto. Ora lavora come traduttore. Ha pubblicato diversi pamphlet, in particolare si citano After Fra Angelico e altre poesie (la spina editrice, 2009); Here’s to the Home Country (Rack Press, 2010), e una intera raccolta The Sadness of Animals (San Marco Press, 2012). La sua ultima raccolta, Istantanea di ippopotamo con banane e altre poesie, cura e traduzione di Giorgia Sensi, prefazione di Patrick McGuinness, uscirà per Interno Poesia in settembre 2019.
 

Giorgia Sensi è traduttrice free lance. Ha tradotto poeti britannici e irlandesi quali: Carol Ann Duffy (poeta laureata del Regno Unito), Kate Clanchy, Jackie Kay, Vicki Feaver, Eavan Boland, Liz Lochhead ; la canadese Margaret Atwood; poeti anglo-gallesi quali Patrick McGuinness, John Barnie, Gillian Clarke. Ha curato due antologie, Men /Uomini, ritratti maschili nella poesia femminile contemporanea, con Andrea Sirotti, Le Lettere, 2004 e Impronte, poesia gallese contemporanea, sua cura e traduzione, Mobydick, 2007. La recente raccolta da lei curata e tradotta, La casa sull’albero, poesie scelte di Kathleen Jamie, Ladolfi Editore, 2016, ha vinto il Premio Marazza 2017 per la traduzione poetica. Sue recenti pubblicazioni sono La compagnia più bella, Kathleen Jamie, Medusa Editore, 2018; Scrutare gli orizzonti, Kathleen Jamie, un volume di narrativa di viaggio pubblicato da Luciana Tufani Editrice, 2018; una raccolta di poemetti, ‘canti di Natale’ della poeta laureata del Regno Unito, Carol Ann Duffy, dal titolo Un Natale inglese, cura e traduzione di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti, Le Lettere, 2018. Le sue ultime pubblicazioni sono: Déjà-vu, poesie vecchie e nuove, di Patrick McGuinness, Interno Poesia Editore, 2019 e Falco e ombra, antologia di poesie e prose di Kathleen Jamie, Interno Poesia Editore, 2019. Di prossima pubblicazione, (settembre 2019) Istantanea di ippopotamo con banane e altre poesie, Philip Morre, cura e traduzione di Giorgia Sensi, prefazione di Patrick McGuinness, Interno Poesia.

Philip Morre
Inediti 

Traduzioni a cura di Giorgia Sensi

 

Da Istantanea di ippopotamo con banane e altre poesie, prefazione di Patrick McGuinness, Interno Poesia, 2019

*

Snapshot of Hippo with Bananas
for Dennis Linder

He said often he always loved teaching,
loved, in fact, young things (nothing untoward
you understand), their bare tanned arms,
the social gradations of their pens and sneakers . . .

And he thought, rightly, that they loved him back.
“When I was at the asclepeion,” he would say,
“in Kos, a student like yourselves . . .” and before long
the whole class, seeing it coming, would chant as one:
“in Kos, a student like ourselves”, and he was chuffed
at the warmth behind the mockery. Which of us
is not, in old age, a parody of himself?

And who does not believe the hippo a benign
creature? His best draughtswoman, a decade ago,
made a picture of the ‘potamus astride a tor
of banana crates (such as you might find
discarded behind the market at noon),
which was pinned ever after over the door.
“Do pachyderms eat plantains?” He was always
trying to push back the limits of knowledge.

His one fear was, paradoxically, that
he had done too well, not for himself – fame
in fickle times is a passport of sorts –
but for them. They hung on his words so,
refused to query, to challenge. He imagined
his star pupil, a lifetime on, giving the same
identical lecture: “When I was at the asclepeion,
in Larissa, with Hippocrates, a student like
yourselves . . . “, and all the big questions
still unanswered: Where does the soul reside?
Do hippos eat bananas? Is the blood a tide?

Istantanea di ippopotamo con banane
per Dennis Linder

Lo diceva spesso lui che amava insegnare,
amava, infatti, i giovanotti (niente di sconveniente
intendiamoci), quelle braccia nude abbronzate,
gli indicatori sociali delle loro penne e delle sneakers…

E pensava, giustamente, che anche loro lo amassero.
“Quando ero all’asclepeion,” diceva,
“a Kos, uno studente come voi…” e poco dopo
tutta la classe, anticipando il resto, avrebbe cantilenato:
“a Kos, uno studente come noi”, e lui era arcicontento
dell’affetto dietro alla presa in giro. Chi di noi
non è, da vecchio, una parodia di sé stesso?

E chi non crede che l’ippo sia una creatura
benevola? La sua disegnatrice più brava, diec’anni fa,
aveva ritratto un ippopotamo a cavallo di una pila
di casse di banane (come quelle che trovi
abbandonate dietro al mercato a mezzogiorno),
che da allora era rimasto inchiodato sopra la porta.
“I pachidermi mangiano banane?” Cercava sempre
di estendere i limiti della conoscenza lui.

La sua unica paura era, paradossalmente, di
esser stato fin troppo bravo, non per sé – la fama
in tempi incerti è una forma di passaporto –
ma per loro. Pendevano troppo dalle sue labbra,
si rifiutavano di metterlo in discussione, di contestarlo.
Immaginava il suo alunno migliore, secoli dopo, fare
la stessa identica lezione: ”Quando ero all’asclepeion,
a Larissa, con Ippocrate, uno studente come
voi…”, e tutte quelle belle domande
ancora senza risposta: Dove risiede l’anima?
Gli ippopotami mangiano banane?
Il sangue è una marea?

*

Like Duellists

“The girl you love is traffic for all myths” *
well, yes, but chiefly the myth of herself.
Extrapolating the prettiest tableau
from how things were when I dreamed you last,
let’s have a summer already at half-mast,
all but autumn and one must get up and go;
but to be definitively cast, or to set, adrift
is more than either of us can ask of ourselves,

so here we sit. We never lacked for talk
and this day’s no different; a cracked leaf
eases from a plane tree and see-saws
to our table, Stéphane, the village soûlard,
with the same sashay homes in on his mark,
while a late sun has elected to pause
and lay odds on which of us is to walk:
the whole frame poised on who stays and who leaves.

Like duellists we rise, touch lips, and turn.
I see myself from a long way off, laudably
straight, then the picture slips – a dreamscape
as I said, but it may have been something like that,
so many rehearsals it’s hard to be exact.
It grieves me that you I can’t see: did you keep
your nerve? Or look back? – no Orpheus me,
I did not, and now, though I stare, no image returns.

* (the opening line is from a poem by Peter Porter)

Come duellanti

“La ragazza che ami è traffico per tutti i miti” *
beh, sì, ma soprattutto il mito di sé stessa.
Estrapolando il tableau più gradevole
da come stavano le cose l’ultima volta che t’ho sognata,
facciamo sia estate già a mezz’asta;
quasi autunno, e uno deve alzarsi e andarsene;
ma mandare alla deriva, o esserci mandati,
è più di quanto possiamo pretendere,

così eccoci qui seduti. Mai stati a corto di parole noi
e oggi non è diverso; una foglia screpolata
si stacca dal platano e piroetta
sul nostro tavolo, Stéphane, soûlard del villaggio,
con la stessa andatura si avvicina al suo bersaglio,
mentre un sole pomeridiano ha deciso di sostare
e scommettere su chi di noi se ne debba andare:
l’intero quadro in sospeso tra chi sta e chi va.

Come duellanti ci alziamo, le labbra si sfiorano, e ci voltiamo.
Io mi vedo da lontano, lodevolmente diritto,
poi il quadro scivola – una fantasia, come ho detto,
ma qualcosa di simile può esserci stato,
tante volte ripassata, difficile essere precisi
Mi addolora di non poterti vedere: hai mantenuto
sangue freddo? Ti sei voltata? Io no – Orfeo non sono,
e ora, benché guardi, nessuna immagine compare.

* Il primo verso è tratto da una poesia di Peter Porter

*

In Particular

How, within words, to set free
Mondrian’s skeletal tree?
Strip off the wind-fingered leaves,
the backdrop fading to Arnhem,
refine the treeness of the tree . . .
The all-but-abstract poem:
how boring would that be?

Better, surely, to abjure
isness altogether. Convey
the accidental contour
of a yellowed top leaf, about
to be dislodged (it will stick
grittily to his shoe all the way
home to Winterswijk),

the faintly undulating landschap,
untroubled by hills or people,
rolled out like an Aubusson
(faded colours and autre-siècle
grandeur): you can just discern,
eyestrainingly far off, the sun
even now catching a steeple.

In dettaglio

Come liberare, a parole,
l’albero scheletrico di Mondrian?
Spogliarlo delle foglie toccate dal vento,
mentre lo sfondo sbiadisce fino a Arnhem,
affinare l’alberità dell’albero …
Una poesia astratta, o quasi:
non sarebbe una gran noia?

Meglio, sicuramente, abiurare
del tutto gli -ismi. Trasmettere
i contorni casuali
di una foglia ingiallita, che lassù
sta per staccarsi (gli si appiccicherà
grintosa alla scarpa
fino a casa a Winterswijk),

quel landschap lievemente ondulato,
indisturbato da pendii o persone,
disteso come un Aubusson,
(colori sbiaditi e autre-siècle
grandeur): si può appena intravedere,
aguzzando gli occhi, il sole
che proprio ora cattura un campanile.


Fotografia di proprietà del’autore.