Monica Guerra è nata a Faenza il 4 ottobre 1972. Nel 2019 la sua silloge breve Spezzare il pane ha ottenuto il Premio Arcipelago Itaca, nello stesso anno la sua raccolta Expectation in lingua inglese è stata pubblicata nel Journal of Italian Studies, sezione italiana, per il NeMLA (Northeast Modern Language Association). Nel 2018 ha tradotto in italiano una sezione dell’antologia Hundred Great Indian Poems, curata da Abhay K. (Bloomsbury India, 2018). La sua pubblicazione Sulla Soglia-On the Threshold (Samuele Editore, 2017), auto tradotta con la collaborazione del poeta Patrick Williamson, ha ricevuto una Menzione d’onore alla XXXII edizione del Premio Lorenzo Montano. Il libro è stato pubblicato in spagnolo per Uniediciones Sello Editorial, con traduzione di Antonio Nazzaro. Sotto Vuoto (Il Vicolo, 2016) ha vinto nel 2017 il Premio Letterario Giovane Holden e ha ricevuto una menzione alla XXXI edizione del Premio Lorenzo Montano, nello stesso anno l’autrice ha ottenuto il Premio Gutenberg intitolato a Luciana Notari, categoria inediti. Semi di sé (Il Ponte Vecchio, 2015) seguiva il saggio intitolato Il respiro dei luoghi, scritto a quattro mani con il sociologo Daniele Callini (Il Vicolo 2014). L’opera di Monica Guerra ha ricevuto negli anni diversi riconoscimenti e menzioni d’onore, alcuni tra questi: Premio Dino Campana, San Domenichino, Salvatore Quasimodo, Premio città di Martinsicuro. Suoi testi sono presenti in antologie contemporanee e collabora con alcune riviste letterarie. L’autrice cura dal 2016 la rassegna Poetry a Faenza e ha organizzato le prime due edizioni del Festival di Poesia Tres Dotes. È presidente dell’Associazione IndependentPOETRY. (www.independentpoetry.org). www.monicaguerra.it
Monica Guerra
Tre inediti da Nella moltitudine
(Il Vicolo, 2020)
Anteprima editoriale
nella moltitudine
verrà, dicevi, la sera di piombo
parole o tarantole verrà e poi zittivi
zittivi il passo e il seme
dentro la carne il boccone
gravido del dissenso
il delitto della profezia
nella voce l’anima si spacca
l’attesa è un tempio
in cui si fa la fame
*
tu continui a sillabare patimenti
ogni canto è solo direzione
il fallimento è questo tuo sapere sempre
strade chiuse e ventre sull’abisso
eppure dovresti sentirla la pienezza
luna gravida sul dorso
per ogni te lo avevo detto
eppure il senso è quello delle stelle
e la carne finché carne piange
ogni traiettoria è divisione
*
cantavamo aprile e i giardini
una palma storta e quei tre vasi
convertiti in erba matta
ora è una spina questa solitudine
il chiodo non avere stretto le mani
non l’orrore che ci sgretola
dopo il precipizio dei petali
la terra che resta
Fotografia di proprietà dell’autore.