Marije Langelaar
Tre inediti
Traduzione di M. Bini
The Canal
We were theirs for a penny.
Getting lost was for later.
Set to work in the Department of Brilliance
installing mirrors, droplets of dew, chrome,
copper, as long as it shone, the Ministry’s
tills would ring.
I was responsible for two Northern provinces
and earned a basic wage.
The journey to work was long and slow.
I got ready in the train, sewed
more mirrors onto my skirt, glossed my hair,
read books about inner light.
Mirrors. Reflections.
The conductor shook my hand.
I saw in the window how the day closed,
the trees rose up.
The moon came out.
I got lost upon arrival in the Northern
province’s capital.
The ministry launched telegrams to
guide my way back
but the reflections were all of blackness, of darkness,
I was fired on the spot.
I got a pack of wild black dogs
with fur and shiny teeth.
I tamed them to a degree, they surrounded me,
frightened me
beat their tails in the water.
I drove them on, from dusk to dark, their leads aslant,
the night in its shiny suit
came with us.
Until it was enough.
I rebelled against the Ministry of Gravity and Brilliance.
Drowned the dogs in the canal one Monday,
dumped my glitter skirt, the mirrors, the copper.
They sank, the black and the glistening.
They still move there, beneath the surface.
*
Il canale
Ci avevano presi con poco.
Per perdersi ci sarebbe stato tempo.
Messa al lavoro al Dipartimento della Lucentezza
a montare specchi, gocce di rugiada, cromo,
rame, finché fosse stato brillante il registratore di cassa
al Ministero avrebbe trillato.
Ero il responsabile di due province del Nord
e guadagnavo il salario base.
Il tragitto per il lavoro era lungo e lento.
Mi preparavo in treno, cucivo
altri specchi sulla gonna, mi lucidavo i capelli,
leggevo libri sulla luce interiore.
Specchi. Riflessi.
Mi scosse la mano il controllore.
Vedevo al finestrino come finiva il giorno,
gli alberi che si alzavano.
Spuntava la luna.
Mi smarrii appena arrivata al capoluogo
della provincia del Nord.
Il Ministero inviava telegrammi
per guidarmi sulla strada del ritorno
ma riflettevano solo pessimismo e oscurità:
mi licenziarono in tronco.
Ho una muta di cani neri selvatici
con pelliccia e denti lucenti.
Li ho addomesticati fino a un certo punto, mi hanno circondata,
spaventata
battevano le code nell’acqua.
Li misi in marcia, dal crepuscolo al buio, i capi muta di sbieco,
veniva a noi
la notte nel suo vestito scintillante.
Fino a che non fu abbastanza.
Mi ribellai al Ministero della Solennità e della Lucentezza.
Affogai i cani nel canale un lunedì
gettai via la mia gonna a brillantini, gli specchi, il rame.
Andarono a fondo, il nero e il luccicante.
Ancora si stanno muovendo, sotto la superficie.
*
City
The city trots through the night on hooves
long reins around buildings whiplashes in the square
from sheer excitement the bells ring
bricks loosen their grip
bikes rattle onto the streets, ovens. Enough.
The city settles on a bank
from all the jingling and chiming the fish awaken
slippery and distraught.
*
Città
La città trotta attraverso la notte sugli zoccoli
a briglia sciolta attorno edifici e a colpi di frusta nella piazza
per la pura eccitazione suonano le campane
i mattoni allentano la presa
le bici sferragliano nelle strade, come fornetti. Troppo, forse.
La città si dispone lungo la riva
per il tintinnio e lo scampanio che il pesce risveglia
scivolosa e sconvolta.
*
Spark
And they asked me back for that radio programme
I still do not know why
because above all else I had been silent
but the presenter emphasised that today that
is what people need.
So once again I sat behind a microphone
and was silent
and subsequently undermined all phenomena, ideas,
forms, things and beings. And myself of course
and the presenter who nervously started to rub his
moustache. I did that well. I had discovered my talent.
And out of the blue I started talking about the little spark,
small and buzzing through which I cautiously again began
to believe in the world, figures, phenomena, planets,
materials and people. There is a spark in you.
Indeed spark in you. For the spark is in me, I know
nothing else my thinking powers are nil, no sight,
no hearing, I swim in nothingness but I know
there is a spark in this table, this lamp and in you dear
listener.
I was so fired up that my words caught fire.
There is a spark in you dear presenter! I
hurled it over the table.
He turned so pale and became so uneasy that I
suspended my stream of words.
Flaming and trembling I made my way home, went
flaming and trembling to my bed. Fell in a
flaming and trembling sleep and woke up flaming and
trembling.
And wrote immediately upon waking up a letter to
the paper in which I explained my dream. Everything
must burst into flames dear people. And
filled with enthusiasm I went outside and shook the
hands of people in the street
because I could no longer cope with sitting still
on a bench in the park.
I wanted to touch all the people and confirm there is
a spark in you shout. And that is how I spend my days
nowadays yes quite a contrast to how I once began
deaf blind dumb and empty.
Now I think up hopscotch – and other children’s games and
with every jump on the pavement I shout loud and
simply Spark! Spark! Now!
*
Scintilla
E mi chiesero di tornare a quella trasmissione in radio
e ancora non so il perché
visto che più che altro sono stata zitta
ma il presentatore ha sottolineato che oggi
è questo che serve alla gente.
Quindi mi sono seduta di nuovo al microfono
e sono stata zitta
e di conseguenza ho indebolito tutti i fenomeni, le idee,
le forme, le cose e gli esseri. E me stessa ovviamente
e il presentatore che iniziò a strofinarsi nervoso
i baffi. L’ho fatto bene. Avevo scoperto il mio talento.
E all’improvviso iniziai a parlare della piccola scintilla,
minuscola e vibrante che mi ha fatto ricominciare cautamente
a credere nel mondo, nelle cifre, nei fenomeni, nei pianeti,
nella materia e nella gente. C’è una scintilla in te.
Che infatti scintilla in te. Visto che ho in me la scintilla, non so
altro se non che i miei poteri mentali sono nulli, non ho vista,
non ho udito, nuoto nel nulla ma so
che c’è una scintilla in questo tavolo, in questa lampada e in te
caro ascoltatore.
Ero così carica che le mie parole facevano luce.
C’è una scintilla in te caro presentatore!
scagliai dall’altra parte del tavolo.
Divenne così pallido ed era così a disagio
che fermai il mio fiume di parole.
Fiammeggiante e tremolante tornai a casa, andai
fiammeggiante e tremolante a letto. Piombai in un
fiammeggiante e tremolante sonno e mi svegliai fiammeggiante e
tremolante.
E scrissi subito non appena sveglia una lettera
su carta che raccontava il mio sogno. Tutto quanto
deve bruciare nelle fiamme, cara gente. E
piena di entusiasmo uscii e strinsi
le mani delle persone per strada
perché non ce la facevo più a stare seduta
su una panchina nel parco.
Volevo toccare le persone e avere conferma
che c’è una scintilla nel vostro grido. È così che passo i giorni
adesso sì quasi il contrario di come avevo iniziato
sorda cieca muta e vuota.
Ora penso al gioco della campana – e ad altri giochi per bambini
e a ogni salto sul marciapiede grido forte
solo Scintilla! Scintilla! Ora!
Fotografia di proprietà di Ivonne Zijp.