Marco Sonzogni – “Passaggi. Poesie e prose poetiche 2014-2017 ” (lettura di Leonardo Guzzo)

SONZOGNI PASSAGGI

Marco Sonzogni, Passaggi. Poesie e prose poetiche (2014-2017), Lanciano, Carabba, 2017
lettura di Leonardo Guzzo

C’è, nella poesia di Marco Sonzogni, un movimento e una stasi. Spazio dilatato fino a distanze oceaniche e racchiuso in un fazzoletto di terra. Presenza di treni, aerei, mezzi a lunga percorrenza, suggestioni di enormità, sventolio di bandiere, e percorsi più intimi, magari desueti ma sempre appassionatamente familiari. C’è un tempo che scorre in avanti, nelle tabelle e nei fusi orari, e un tempo che torna indietro, rifluisce nei labirinti della memoria e della fantasia. C’è un mondo che sempre consiste, un mondo intero che si sposta nei viaggi, dentro valigie invisibili, capienti stive interne, e gravita – con furia latina ora, ora con compostezza anglosassone – sull’altro mondo delle coincidenze, delle contingenze, degli scenari mutevoli, consumati a velocità supersonica.

          Gravida come campo di grano
          a fine giugno, nostalgia di terra
          strucca questa maschera, il cuore già sferra
          dal nulla che mi resta in mano.


Passaggi
, una raccolta di poesie e prose poetiche appena pubblicate dall’editore Carabba, è il tributo che Marco Sonzogni – docente di lingua e letteratura italiana e di traduttologia alla Victoria University di Wellington, in Nuova Zelanda, già curatore del volume dei Meridiani Mondadori dedicato al poeta irlandese Seamus Heaney – paga a questo mondo nascosto. In questo mondo si colloca la sua poesia; di questo mondo è la pizia, incantatrice d’ombre, evocatrice di pensieri come fantasmagorie, d’ironie meste, deliziose malinconie, in cui il mestiere fa rima con la misura e il minimalismo, l’understatement è grandezza condensata in un lampo. Sfilano in una lunga processione di spiriti, figure accattivanti e “lievi”, Merico coi baffi di Renato Curi, che torna dai campi, Luciano la guardia in camicia azzurra, il barbiere e l’infermiera, il padre appostato a pescare lungo il fiume. Scorci di una vita e di un’epoca, trasognate visioni alla finestra. I grandi maestri di Sonzogni hanno dispiegato la loro lezione: Montale, Heaney, sprazzi di Borges si intuiscono nel passo, nel taglio, nella saggezza di un sorriso ironico oppure in una lucida nostalgia. Il risultato è inedito, perlomeno alle nostre latitudini, e rende omaggio, senza ripeterli, al Montale di “Satura” e al Seamus Heaney di “Field Work” (da cui è tratta la bellissima traduzione di “A drink of water”). Un canto dello sradicamento e al tempo stesso dell’attaccamento alle radici che vince contro ogni distanza canto che unisce il grande e il piccolo, il semplice e il ricercato, e si tiene in equilibrio sul filo di un’ispirazione precisa.

          Solo nel furto d’un istante
          posso riscattare la mia verità.

La poesia di Marco Sonzogni si colloca su un confine, su una soglia. Sgorga dalla stessa sorgente dell’abbandono, registra come un fremito la scoperta dell’essenza. Si nutre delle piccole cose che ci rivelano, “the little things that give you away”, come dice la lingua inglese tanto cara all’autore. È poesia per l’attimo che ci svela, per la lama di pugnale che ci trafigge, per il cuore colpito “che si dispone a morire”.         
 
          Vale la pena soffrire per quel momento      
         che prelude allo stallo e che invece
         scioglie, in follia d’istante, la pece
         della normalità: rinfresco, ribaltamento.

È, quella di Sonzogni, poesia d’istanti, brevi respiri, sensazioni imprevedibili e brucianti. Poesia autentica: levigata, passata a smeriglio solo per esaltarne la spontaneità. Parola autentica perché riempita di sentimenti autentici, contesi al pudore, senza pompa.

          Elettricità di polline
          e rintocchi sacri di campane:
          un serpente di casule scarlatte
          sospinge dentro alla cattedrale
          quattro giovani presbiteri,
          dietro benedice il cardinale
          astanti e passanti.

La scelta di stile, icasticità e purezza, è rivendicata in più passaggi con la naturalezza di una necessità dello spirito:

          Rapidissimo, Lutero, trasparente:
          sola gratia basta, avanza
          per spingersi ad oltranza
          dentro lo stomaco di un serpente.

Lo sdoppiamento tra le due dimensioni dell’autore, quella errante e quella profondamente residente, si manifesta simbolicamente nell’ultima poesia. Un distico italiano-dialettale: lo stesso messaggio pronunciato da due anime, in due lingue diverse eppure in perfetta consonanza di accenti e significati.

          […] e són sicür che ca mìa
          l’è chì, e dal fónd ’d’l’àcqua la véna sü me ’na càrpa la
          memòria, e tüt cùl ch’a són, tüt cùl ch’a cunùsa, ’l gh’ha
          la vùs di mòrt, e quand ’gh pénsa ’l cór ’l salta, tant che
          ’l bàta fòrt.

          […] e sono sicuro che casa mia è qui, e dal fondo dell’acqua
          sale come una carpa la memoria, e tutto ciò che sono,
          tutto ciò che conosco, ha la voce dei morti, e quando ci
          penso il cuore salta, tanto che batte forte.

 

Batte tanto forte da conservare intatte pulsioni e legami a distanza di continenti, da navigare avanti e indietro, con la velocità del suono e la suggestione di un’eco, l’Oceano. Nella partenza e nel ritorno, nel transito e nella permanenza Passaggi celebra infine il trionfo dell’invisibile bagaglio che ci portiamo appiccicato sulla pelle.

Leonardo Guzzo, nato a Napoli nel 1979, vive tra Sapri (quella della Spigolatrice) e Roma, dove collabora come esperto di organizzazione internazionale con la Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma. Fa parte della redazione del mensile «50&più» e scrive per vari giornali e riviste, tra cui «L’Editoriale», «La Città», «Il Mattino» e «Il Corriere del Mezzogiorno». Suoi racconti sono stati pubblicati su «Nuovi Argomenti» e sulla rivista Il primo amore a cura di Tiziano Scarpa e Antonio Moresco. Nel febbraio del 2015 è uscito per Italic Pequod il suo libro d’esordio, una raccolta di racconti intitolata Le radici del mare.