Luigi Sebastiani
(un inedito)
*
Ho frequentato la tua bocca
come una scuola di stoicismo.
Non le ho chiesto comprensione,
ma fermezza.
Disciplina.
Le ho chiesto di insegnarmi la misura:
l’opportuna indifferenza
per reggere allo stremo.
Di indicarmi la distanza
che avvicina il bacio al morso.
La carne al sasso, il vivo al morto.
Ho appreso dal labbro e dal dente,
da ogni tua minima svolta.
Sotto al tuo ventre, ho imparato a incidermi.
A sbeccare la vena
e a regolarne il flusso.
Pochi sanno montare il dorso
alla belva ferita,
e seguirne la scia fiato per fiato
facendosi carne e coltello
ad ogni sbandata.
Amministrare il naufragio
dalla cima dell’albero.
Amministrare il naufragio
con distacco e abulia,
come filosofi immersi
in un cubito di acqua sterile.
(… aprire e chiudere
chiudere e aprire…)
Correggere l’emorragia goccia a goccia,
fino all’ultimo ostacolo.
…
…
…
Ho frequentato la tua bocca
come un ospite alla porta.
Al terzo giorno,
ho imparato a depormi
pari alla carta che non fa più punto.
A quietarmi nel mazzo.
Ho imparato
a liberarmi dagli alibi
della mia buona condotta.
Quando in un sogno
rinviavo il decesso
soffiando aria ai morti.
Fotografia di proprietà dell’autore.