(inediti)
Nuotando nella nebbia
Le dita ferme sul naso
e sulla bocca, immobile
nella piazza come un birillo.
Solo dentro la tua ombra,
dentro i tuoi trasparenti pensieri.
Ti ho notato subito, piccolo spillo,
tu c’eri e non c’eri.
Ma i piccioni, sai, sono uguali
in tutte le città. Camminano,
volano, si avvicinano impertinenti.
Divertenti. Ti giravano
intorno e tu gli hai allungato le dita
e qualche briciola dei tuoi pensieri.
Poi una ventata di parole e passi,
due braccia ti hanno stretto,
scivolate per sbaglio chissà dove,
prima di ritrovarti. Di tornare alla tua riva.
E anche tu
sei tornato a ridere. A nuotare nella nebbia,
a correre con i piccioni sfacciati sulla piazza.
La musica dell’angelo
Vola sulle strade distrutte, sulle teste affrettate,
porta coi tuoi piedi di vento aiuti e spartiti,
liberando le tue vele fra le barche dei giorni,
saremo luce sfuggita a una rosa, a un’alba,
a un bicchiere vuoto sul davanzale…
Finalmente, sai, respireremo,
l’aria scenderà sulle onde degli occhi
più fine,?perché il tuo volo coprirà le vite
con un abbraccio, con l’ombra della tua corteccia,
delle tue piume leggere sopra le spalle.
Così
andranno nuove promesse e correnti,
diventeranno passi, sguardi,
mani strette?fra le foglie lasciate qui a terra,
tacerà ogni guerra nei nostri discorsi,
ogni polvere che ci arriva, guarda, fino ai pensieri,
albero sceso e bagnato d’azzurro, petalo
o nuvola caduta sull’acqua,
fratello, amico, persona che ci incontrerai,
musica umana e non umana,
per una volta ancora, chiunque tu sia, angelo…
I tuoi piedi nudi
Sarò lo stelo e il tuo fiore,
la rugiada che insieme alla terra
ti bagna e nutre. Sarò forte e gentile
come una preghiera all’alba,
la brezza che arriva fin qui sul balcone,
quella che lasci entrare per sentire il fresco.
Sarò la tua vista, i tuoi piedi nudi,
le labbra per baciare, per cantare e ridere.
Il cielo nuvoloso o sereno
che scivola il nastro dei giorni,
i passi lenti e le scarpe adatte
che metterai, anche se all’inizio
forse saranno ancora dure. E il tuo cardigan leggero,
buono per tutte le stagioni. Sarò
sempre un figlio, una sottile, alta radice,
una foglia d’agosto. Sarò solo
più accorto o saggio e il tuo sentiero,
il tuo sentiero verde, madre, nella vecchiaia.
Luciano Benini Sforza nasce a Ravenna nel 1965. Ha studiato presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Insegna materie letterarie nella scuola Pubblica e vive a Marina di Ravenna. Ha curato con Nevio Spadoni l’antologia Le radici e il sogno. Poeti dialettali del secondo ‘900 in Romagna (Faenza, Mobydick, 1996). Si occupa a livello critico soprattutto di poesia, sia in dialetto (specialmente romagnolo) sia in lingua italiana.Come poeta ha pubblicato le raccolte poetiche Spazi e colloqui (Pisa, pubblicazione a cura del Gruppo Culturale “Ippolito Rosellini”, 1991 – Premio “Galileo Galilei”); Le stanze di Penelope (Castel Maggiore, Book, 1995; Premio “San Domenichino”); Viaggio senza scompartimento (Faenza, Mobydick, 1998); Padri a nord-ovest (Villa Verucchio, Pazzini, 2004, Premio “Vallesenio”), Nel fondo aperto degli occhi (Rimini, Raffaelli, 2010). Nel 2012, con la casa editrice L’arcolaio di Forlì, viene pubblicato Dopo questo inverno.
Fotografia dell’autore di Daniele Ferroni