LETTURE: novembre 2016
di Giuliano Ladolfi
Lauretano canta la bellezza della vita
Nella breve raccolta di poesie di Gianfranco Lauretano, Di una notte morente (Rimini, Raffaelli 2016), circola un’aria molto familiare, un linguaggio trasparente e terso come l’aria primaverile mattutina, un’atmosfera che, se non rispecchiasse la Romagna, potrei riscontarla sulle colline affacciate sui laghi del nord del Piemonte.
Ci troviamo di fronte a versi che si leggono con il cuore al punto che non si riesce a chiudere l’elegante libricino prima di arrivare alla fine perché ogni pagina affascina spalancando orizzonti di conoscenza. Allarga lo spirito questa poesia. Si potrà discutere all’infinito se un simile contatto possa costituire un metodo critico, ma anche lo studioso è una persona che nelle parole lette trova parte di se stesso. E, chiuso il testo, si prova la stessa sensazione di benessere che percepiamo dopo aver incontrato, chiacchierato e abbracciato una persona positiva e aperta alla vita.
Il carattere “fondantemente” religioso è presente fin dall’esergo: “Noli, Mater Verbi, verba mea despicere” (“Madre del Verbo, accogli benevolmente le mie parole”) e continua nello spirito francescano delle prime composizioni imperniate sul motivo del Laudato si’ in tutte le sue manifestazioni sia positive («Grazie per la Romagna marzolina») sia dolorose dell’esistenza («Grazie per l’Alzheimer di mia madre / che avanza come un’omissione / nel cervello suo e mio»), dove si manifesta la radicalità della fede, che è accettazione incondizionata del mistero all’interno della propria vita: «Grazie di tutto quello che non ho capito».
I successivi brani si aprono al paesaggio, alla famiglia, al passato, alla musica, all’amore per la donna amata, in una sinfonia di impareggiabile leggerezza. Il poeta si concentra sui segni minimi della vita («Quando sei assente anch’io lo sono, / i rumori della casa si moltiplicano / nel buio diventando nuovi e ignoti») e delle relazioni personali («Ho comprato da mangiare e qualche cretinata / e la felicità ti si effondeva sulla faccia»). Anche il lessico colloquiale subisce un processo di elevazione per mezzo di una grazia senza pari.
Pertanto, contrariamente alle filosofie nichiliste e ai sondaggi catastrofici, Lauretano testimonia con la poesia che è possibile ricreare condizioni di esistenza umane e gratificanti: «Persino nel genoma la solitudine è smentita / gli atomi si cercano, le cellule / pulsano domande di amicizia».
Il grande lutto è finito.
Jean Flaminien, L’uomo flottante / L’homme flottant, Rho Ferrarese, Book, 2016, pp. 320, 35 euro
In edizione elegante con copertina cartonata ricevo l’ultima ricevo il testo bilingue (francese in scrittura corsiva e italiano nella traduzione di Marica LarocchiI di Jean Flaminien).
Da diversi anni seguo il poeta francese che vive a Madrid, perché costantemente mi invia le sue pubblicazioni che leggo sempre con piacere perché segnate in profondità da ricchezza umana.
Anche questa non viene meno all’impostazione, come si nota dagli esergo di Seneca, Montaigne e Jiménez, secondo i quali la totalità del mondo non è ciò che cade sotto il nostri occhi. E proprio in sintonia con il carattere riflessivo la quasi totalità delle composizioni risultano in prosa, spesso sotto forma di aforismi, di riflessioni, di pensieri colti al volo: «Quale il senso della vita? Rimanere nell’ignota e conoscere ciò che rimane. Aver fiducia nella continua presenza del cuore». E così di gradino in gradino agli occhi del lettore appaiono verità celate nell’inconscio che lo scrittore conduce a consapevolezza: «Talvolta è fluttuando nell’oblio e mentendo a sé stessa che la coscienza cerca la sua verità nascosta».
Talvolta pare di trovarsi di fronte ai maestri buddisti le cui parole richiedono tempo per essere comprese: «Solo l’essere che molto di sé ha concesso, totalmente si concede».
Ci troviamo in presenza di un libro da porre su tavolino per una lettura quotidiana pagina per pagina: è un compagno di viaggio all’interno di noi stessi che aiuta a sfrondare i nostri pensieri da preoccupazioni vane e futili, ad aspirare a una serenità interiore, a vivere l’esistenza nelle forme migliori.
Giuliano Ladolfi
Ogni testo che giunge in redazione è un regalo che ricevo da chi intende confidarmi i suoi segreti. Per questo aspetto il momento favorevole per dedicarmi al più bell’esercizio che comporta la direzione della rivista: leggere le pubblicazioni di chi attende una risposta.
Raramente gli impegni mi permettono di essere tempestivo, per cui durante particolari momenti, come le vacanze al mare, mi ritaglio quell’angolino per dedicarmi al colloquio con coloro che tramite la poesia divengono amici.
Sarebbe interessante anche discutere direttamente con ciascuno di loro sul testo, ma proprio non è possibile.
Fin dal primo anno abbiamo sempre cercato il colloquio con i nostri lettori e con i poeti e questo obiettivo continua a collocarsi tra le priorità del nostro lavoro.
Purtroppo non è semplice rapportarsi quando non ci sono gli indirizzi personali. Anzi, colgo l’occasione per invitare coloro che inviano le pubblicazioni a inserire il loro indirizzo di posta elettronica. In questo modo il contatto diventa più semplice e immediato.
Grazie
G.L.