“vedere meglio / assomiglia / a una disfatta”
A cura di Antonio Fiori
“vedere meglio / assomiglia / a una disfatta”.
Potrebbero essere questi tre versi sintesi e lezione della raccolta di Letizia Polini, Macula (Ensemble, 2022).
L’autrice le tenta tutte – cambiando i punti di vista, gli strumenti, le figure retoriche – per evitare la disfatta.
Oggetto estremo d’attenzione della poesia è infatti la struttura originale della parola e delle cose, così difficile da cogliere e restituire: Rimetto tutto insieme ma/ un pezzo salta sempre.
Ci si deve alla fine accontentare di conservarne il mistero, raccogliendo voci, tentando profezie, frugando e rovistando per avvicinarsi appena al nocciolo di tutte le questioni.
Un libro orfico nonostante le posture scientifiche, ambizioso e difficile, utilmente introdotto da un autorevole poeta quale Umberto Piersanti, che di questo ci avverte invogliandoci nondimeno alla sua scoperta.
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C’è potenza in questo tuo scavo
del volto, trapela da luccichii
perenni, risalgono dagli occhi.
Parli come se sbriciolassi
il pane, senza perdere la strada
cammini senza risparmiare
porzioni di terre emerse,
incendi.
Graffi quando passi, annodi
e lasci cumuli di resti.
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Tracciarti il contorno
per ricordare la forma
e rifarla.
Nel sonno fare densa l’orma
della sparizione, ricordare
che ti è intrinseco tentare
con prudenza l’equilibrio
sulle linee quando corrono
verso il punto della fuga.
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C’è qualcosa di sospeso
a creare bilico essenziale
ad abbozzare miracoli
senza viventi.
Tutto sospeso e sempre segnato
dalla possibilità onnipresente
di precipitare.
Letizia Polini (Fermo, 1988) è un’insegnante e vive a Bologna. Sue poesie sono pubblicate in diverse antologie. Antonio Nazzaro, per Il Centro Cultural Tina Modotti, ha tradotto alcuni suoi testi. Nel 2022 ha ricevuto l’attestato di merito per la sezione inediti al Premio Montano ed è stata segnalata come meritevole al premio Lo Spazio Letterario.