Giovanna Frene, poeta e critico, ha pubblicato tra l’altro: Datità, con postfazione di Zanzotto (Lecce, Manni 2001); Sara Laughs (Napoli, D’If 2007); Il noto, il nuovo (Massa, Transeuropa 2011); Tecnica di sopravvivenza per l’Occidente che affonda (Arcipelago Itaca, 2015). È presente nelle antologie: Nuovi Poeti italiani 6, a cura di Rosadini (Einaudi 2012); Poeti degli Anni Zero, a cura di Ostuni (Ponte Sisto 2011); Parola Plurale (Sossella 2005). Attualmente svolge un Dottorato a Losanna.
Giovanna Frene
(inedito)
PEOMA / PEUMA / PIUMA
(Canzone all’Italia)
in memoria di mio padre
1.
… e mi vedo davanti il Peoma nel mezzo tra Gorizia e il Sabotino e un punto molto battuto
da vari mesi di lotta su questo punto di terreno è tutto fracassato
… e mi rivedo davanti il Peoma, solo un nome farneticato da popoli interi, ancora
per poco, un discorso alla lettera abbagliante, vomere che rivolto lo sguardo alla terra
lo rivolge dalla terra al cielo, lettera abbagliante ogni notte, battuta, ribattuta
rivolta ossessione senza oggetto, e tra poco senza soggetto, valloncello
scherzoso, esploso (“grida al vento il mio tormento”)
2.
… Il Peoma è una collina davanti a noi vecchia posizione del nemico e perduta da lui tempo
fa e vinta da noi per un po di tempo ma dovemo pur noi lasciarla perché tempestati
di fronte e dai fianchi dal piombo nemico
… ma dovendo pur noi lasciarla, questa vita, sotto il fuoco di una giusta sineddoche
sconosciuta, ma dovendo pur noi posizionare l’arredo cerebrale ai piedi di Sua Maestà lo Stivale,
ma dovendo pur noi specie durante la la note lottare di spesso, ma senza la detta conversione,
dispesso balzare da l’ignuda trincea allo squillo della patria intrusione: beata ci fu questa lunga dormita
che al turista commuove la vita: si sconta vivendo (“grato…ricovero di guerra… sotto terra“)
3.
… Questa collina costo 20 miliaia di uomini nelle lotte molto sono la sopra la terra
si consumano col tempo.
… si consumano “Col tempo” (Giorgio da Castelfranco), si accampano fin dentro le nostre narici, secondo
ordini impartiti dall’alto, si trapiantano più favorevoli al terreno, si dissodano
da soli il riscatto, l’unico sepolto, il giusto campo comprato per molto, si diventano ciò che sono
oltre la forma, oltre si dissemina la franca sostanza sopra la terra, sopra
la terra si sta forti a petto ignudo, senza scudo
senza
4.
In questi giorni piccoli gruppi di soldati vanno a prendere fucili e baionette nel Peoma e
davanti le nostre trincee 400 500 metri dove vi si trovano parechie miliaia di cadaveri,
ogni fucile viene dato un compenso vi si trovano pure armi tedesche.
… vi si trovano parecchie miliaia di fucili e di baionette, da recuperare: una vera metafisica
del risparmiare, questa prodotta su sé stessa dalla pancia gonfia
del produttore, bugonia di patrii pensieri liquefatti sul terreno osceno, pronti all’uso, il prossimo
sempre a servizio del consumatore, consumati nel successivo servizio, già serviti
parechie miliaia di volte (“pure se per quel dì solo di fede il fante si nutrì“)
5.
… I cadaveri non si possono sepellire per il loro numero e il nemico non ci permette il tempo
sono già putrefatti e un enorme odore vi si trova da non poter respirare, vi sono bersaglieri
9-12:
… per il loro numero, senza permesso, occorrerebbe un giorno illimitato: tutte le strade
sboccano in nera putredine, al sogno del non-nato restituito al fato, a noi
che di memoria presto perimmo, o di salubrità dell’aria che tira,
ma pallottole, da non poter proprio respirare, così che vi posa sicura tranquilla
l’aquila vigilante: ci solleverà la fatica i confini le orbite vuote
6.
… Fanteria 33 36 carabinieri, granatieri e tedeschi, quando si tocca per levarci la baionetta
si stacca mezzo il corpo, vi sono teste bracia gambe qua e là
… come se fosse una metafora, quando si tocca il linguaggio per levarci la baionetta
si frantuma mezzo il corpo: anche dopo questo non si dovrebbe più scrivere “poesia”: che cos’è che non
va nel corpo putrefatto del testo che non lascia recuperare l’acumine, il nesso,
il senso così severo del finire? di nuovo grida al vento
il mio scontento e dormirò in mezzo al campo, teste bracia gambequa e là sui prati
7.
(dopo Ruysch)
… un campo di cadaveri, non ce palmo di terreno che non sia battuto e non ce metro che
non vi sia ferro e piombo…
: l’accorgersi del morire fu la nostra vera conquista, non come
un sonno santo e beato scivolammo nel passato della vita, ma fretta
della fine ci penetrò e un sentimento grandissimo ci squassò da dentro:
per fortuna un campo di cadaveri ha pure il suo quarto d’ora di celebrità
parlante, e tu passante ricorda che noi soffrimmo nel morire,
e che ci fu tremendo il corpo all’apparir del vero spirito
esalato, e vedemmo il piacere minato saltare in aria, per aria
qui non rimane niente altro che una sola voce, voce che grida
nel deserto di chi conobbe l’esser morto come certo smembramento
o appallottolamento frontale, o lume che sale per le scale in lontananza
covando non so quale ignota nullità, sicuro sogno,
o vita, istesso nervo battuto e ribattuto
8.
(“Tutte le batterie un solo ardore
Tutte le volontà un nervo istesso”
D’Annunzio)
Non c’è niente di lugubre nei soldati che muoiono in guerra, se non il fatto che è la Patria che li manda a morire. Forse è solo la Patria
ad essere lugubre
snervante.
[Agosto 2015]
NOTA AL TESTO
La località Piuma (anche Peuma o Peoma) è una collinetta di fronte a Gorizia che fu teatro di sanguinosi combattimenti nel 1916; in termini bellici, viene inquadrata sul Fronte del medio Isonzo, tra il Podgora e Oslavia. Notizie dettagliate su tale località si trovano in più passi del diario di guerra di Giuseppe Bof, Ritorno a quei giorni (Istresco, Treviso 2015), vissuto a Crespano del Grappa (TV) e ivi morto nel 1971; le citazioni lunghe che attraversano la poesia sono tratte da questo volumetto. Ogni gruppo di versi cita, in chiusura, deformandole, alcune delle epigrafi originariamente presenti nel Cimitero Militare di Redipuglia sul Colle Sant’Elia, ora dismesso, risalente agli anni Venti e precedente l’attuale Sacrario; le epigrafi furono scritte da Giannino Antona-Traversi Grismondi, Fausto Salvatori e Gabriele D’Annunzio. La messa in scena della guerra è qui puramente allegorica; tuttavia, vero è che “Resterà una eterna memoria della presente guerra”: è bene ricordare che così il fante Giuseppe Bof, nella piccolezza della sua singola biografia, aveva colto la portata dell’evento di cui era testimone.
Giovanna Frene, poeta e critico, ha pubblicato tra l’altro: Datità, con postfazione di Zanzotto (Lecce, Manni 2001); Sara Laughs (Napoli, D’If 2007); Il noto, il nuovo (Massa, Transeuropa 2011); Tecnica di sopravvivenza per l’Occidente che affonda (Arcipelago Itaca, 2015). È presente nelle antologie: Nuovi Poeti italiani 6, a cura di Rosadini (Einaudi 2012); Poeti degli Anni Zero, a cura di Ostuni (Ponte Sisto 2011); Parola Plurale (Sossella 2005). Attualmente svolge un Dottorato a Losanna.
Fotografia dell’autrice di Dino Ignani