Gianluca D’Andrea è nato a Messina nel 1976. In poesia ha pubblicato le raccolte Distanze (lulu.com, 2007), Chiusure (Manni, 2008), [Ecosistemi] (L’arcolaio, 2013), Transito all’ombra (Marcos y Marcos, 2016), Nella spirale. Stagioni di una catastrofe (Industria & Letteratura, 2021) e il poema Nuovo inizio (L’arcolaio, 2023). È autore del volume di riflessioni critiche Forme del tempo (Arcipelago Itaca, 2019); per Industria & Letteratura è in corso di pubblicazione La foresta in cammino che raccoglie la sua produzione critica dal 2004 al 2021. In Postille (tempi, luoghi e modi del contatto) (L’arcolaio, 2017) ha raccolto alcuni commenti a singoli testi di poesia moderna e contemporanea. Sue poesie sono tradotte in varie lingue. Per la casa editrice L’arcolaio dirige la collana di poesia Φ (phi). Vive a Treviglio (BG), dove insegna. Sito personale: link
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Testi inediti tratti da Il Canto della terra
Il brindisi dei mali della terra
L’età dell’immobilità preannuncia
l’acqua disfatta da nord. Bevo, solo,
dentro un capanno di libri e rinuncia,
solo il calice brilla, brindo e colo.
La terra è viva, s’interra, va in secca,
tra zolle e borghi un uccello la becca.
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Solitario in autunno
La stagione più bella e nasco, nasco.
Il profumo di morte e brina e luna
storce il tempo, piega gli aceri e l’arco
pesante chiude gli occhi ai pesci bruni.
E dorme, dorme la montagna fredda
sugli argini dissolti di una stella.
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Della giovinezza
Il nord dell’acqua è verde. Nello specchio
di pietra l’orizzonte è scorticato.
L’arco di strisce inerti punge l’occhio
messo in fuga dal riflesso spinato.
È soltanto una festa capovolta
nell’occhio chiuso di un vecchio, la svolta.
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Della bellezza
Il sole indora, ragno di finzione,
il sole d’oro irretisce e riflette
le membra snelle, budella in tensione
sui fiori e l’erba, al turbine dei venti,
della quota che profana lo scoppio
e il raggio vola a mille, al suo raddoppio.
(Il vento causato dall’esplosione può superare i 1000 km/h,
e il raggio degli effetti diretti aumenta con la potenza rilasciata
dall’arma, oltre che essere funzione della quota dello scoppio.)
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Ubriaco in primavera
Alla fine del vento sta la fine
e la mia sete che sveglia dal sogno
e vede vuota la coppa di vino.
Allora è notte, non irradia il ragno
né la parola canta di quel vento
che è corpo di altri sogni e mi addormenta.