Davide Zizza
Piccolo taccuino occasionale
Ensemble 2020
#1
Al piano zero si ferma l’ascensore.
Seminterrato, monotono purgatorio
fra l’azzurro della sala d’attesa
e il primo piano ingiallito di radiologia.
«Campi magnetici, attenzione», è il monito.
Un finto caronte all’uscio – io con la carta
di imbarco in mano –
mi dice: «attenda in sala, al suo turno
la chiameremo».
Ne farei a meno – sussurro nell’aria asettica –
eviterei di annotare questo miserere.
Ma come ogni ascensore,
scendere per poi risalire
resta ancora oggi il meccanismo
per capire l’essere e il suo dolore.
?
#2
Tornato nel mio tempo corporeo
dopo mezzora di Ade (sospeso, disteso
ad occhi chiusi),
ecco al muro di fronte
un quadro di smaglianti colori
sfuggitomi all’entrata – un vaso,
fiori rossi e lilla, una persiana aperta
verso un campo di grano.
Il cuore riprende un moto:
catturo una gioia del colore
nel dire che «è poesia»:
è un qualcosa di più grande
di cui la nostra coscienza
ne sfiora a malapena la parvenza.
*
Ferragosto
Nell’eco silenziosa delle stanze
cerco di capire il senso
del vuoto, mentre
il ventilatore produce onde
sulla tenda: alla veranda
batte lievemente un ricordo.
Fotografia di proprietà dell’autore.