Christian Sinicco è nato a Trieste nel 1975. Nel 2002 diviene caporedattore di «Fucine Mute», tra i primi periodici multimediali ad essere iscritto nel Registro Stampa in Italia (1998), dove avvia il progetto di catalogazione della poesia delle nuove generazioni; intervista anche alcuni tra i poeti italiani più significativi, come Mario Luzi, Maria Luisa Spaziani e Franco Loi. Ha pubblicato: Passando per New York (LietoColle, 2005; prefazione di Cristina Benussi), la plaquette Ballate di Lagosta Mare del Poema (CFR, 2014; introduzione di Alberto Bertoni e nota di Cristina Benussi) e il libro d’arte Città esplosa (Prova D’Artista / Galerie Bordas, Venezia 2016; introduzione di Giancarlo Alfano) poi contenuto in Alter (Vydia, 2019; prefazione di Giancarlo Alfano). Le sue poesie sono state tradotte in bielorusso, catalano, croato, inglese, lettone, olandese, sloveno, spagnolo, tedesco e turco. Attualmente dirige «Poesia del nostro tempo – poesiadelnostrotempo.it» ed è redattore di «Midnightmagazine» e «Argo», per cui ha curato anche l’indagine sulla nuova poesia dialettale L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti in dialetto e in altre lingue minoritarie (1950-2013) (Gwynplaine 2014) e gli annuari di poesia. Si occupa di lingue e dialetti nelle giurie dei premi Giuseppe Malattia della Vallata e Pierluigi Cappello, dirige il piccolo festival Ad alcuni piace la poesia (Montereale Valcellina, PN); a Trieste ha fondato il gruppo di poesia Gli Ammutinati e, in seguito, la Lips – Lega Italiana Poetry Slam, di cui è stato Presidente, nonché ha diretto alcuni festival, tra cui Iperporti – Scali Internazionali di Letteratura. Il suo sito è https://christiansinicco.wordpress.com/. Christian Sinicco
Tre testi da “Alter” (Vydia 2019)
Anteprima editoriale
[NOME : avvio alfabeto fuori]
alter è il mio nome,
non progettano più automazioni
macchine del più che volevano il cielo,
macchine del più, voluminose e volanti
io posso camminare e ho visto una fragola:
nei campi della produzione
ha i segni di una ferita,
sarebbe un alfabeto fuori di sé
fino a toccare le sue prime parole,
ha il sapore della bocca
mentre è contro di me,
tocchiamo il suo viola
noi sbocciati sopra gli occhi
piove così forte,
tu sosta in uno splendido rosa
e matura l’idea
fino a toccare la magnolia
che non sa perché
l’ondaluce se ne va
*
[MACCHINE : assimilazione innesti 2]
la vetroresina è nella pancia
e suonano i buchi neri,
organi di stelle, dormono epoche,
guardando tessiture, rive e gocce
di sole, e dinamiche di abbagli
intermittenti: macchine del più
sussurrano il tuo » saresti infinito «
e si dirigono oltre quasi
accecate, in direzioni opposte
rivedendo la prima trasmissione,
film nerisgranati, e radiotracce
– noi siamo un guscio, noi siamo identità
solamente riavvolgendo il passato:
questo è il concetto di tempo che dà forza
e attaccamento alla vita, eppure l’ascolto,
eppure zigomi assetati e allagati,
eppure il succedersi di foreste
e frenesie di spazi, strati di rocce,
di viadotti… Come l’agile tigre,
legato dalle antiche bucoliche,
hai vissuto spesso nell’animale
ferito, o in cattività e quasi
guardi fuori di te, sopra
prima che questo senso
che si innesta scompaia
è la notte e nel bosco
solo lucciole che ti fanno amare
*
[TRASMISSIONI FINALI : deposizioni pronuncia]
la risposta è bianca,
il suo codice è sconosciuto, negato,
sostituito, avvolto d’edera
fuori da gallerie
lunghe come la terra
e rifratte;
i suoi rapporti
non sono conservati,
la sorgente di tutto è dentro un uccello
che riarticola, che si estranea
e violentemente adagia un richiamo
aprendo gli occhi al mio sonno
prima di abbassarsi sotto le acque
prima di convertirsi
senza più respirare
solo nei flussi – in delle pieghe
ho pronunciato due occhi commossi,
ho pronunciato » entrata «
deposizione chiara
di particelle, di un mio uragano
che si sposta nel ventre,
nella dorsale e poi verso la costa
ho pensato che era l’attimo, mentre
la bocca mi scoppiava;
apprendo che l’inizio
è una trasmissione
e la risposta è bianca
come il muro che echeggia
alle spalle
Fotografia di proprietà di Héloïse Faure, 2017.