Josef ?apek, Poesie dal campo di concentramento, traduzione di Lara Fortunato, testo ceco a fronte, Torino, Miraggi, 2019
Lettura a cura di Paolo Senna
Lettura a cura di Paolo Senna
La cultura italiana contemporanea deve molto alle piccole case editrici che, spesso più che le grandi, hanno il merito e il coraggio (e forse l’incoscienza – se per incoscienza intendiamo la spinta a muoversi controcorrente in un mercato che appare regolato soprattutto da direttive economiche) di presentare al pubblico la traduzione di opere di grande spessore intellettuale e umano. Queste edizioni rimangono, spesso fatalmente, sottotraccia nel tessuto editoriale e pubblicitario, alcune non approdano nemmeno ai banchi delle librerie e restano ai più sconosciute; ma le loro scelte al di fuori dell’establishment, i loro cataloghi non allineati alle logiche della piazza, rappresentano molto probabilmente la garanzia di una più lunga durata e la possibilità vera di realizzare, per il tramite dell’editore, un incontro attivo e fecondo tra autore e lettore, generando un circolo virtuoso di coscienza e intelligenza. Tanto più questo accade quando l’autore presentato è di alto peso specifico, che porta nella propria scrittura e nel proprio tracciato biografico i segni della storia, che si muove nel suo tempo con l’incedere di un classico. È il caso delle Poesie dal campo di concentramento di Josef ?apek, offerte per la prima volta al pubblico italiano nella traduzione di Lara Fortunato e con il testo ceco a fronte per l’editore torinese Miraggi.