Andrew McMillan – pandemonium (Jonathan Cape, 2021), estratti da Knotweed [Polygonum, il Poligono] – Traduzione di Piero Toto  

how many evenings have I thought the garden done
walked out and seen fresh clumps of weed mithering
the dirt     some people cannot tell the difference
between what should be there and not     I’m one of them
ignorant ’til one thing overgrows another
or gets choked     there is always something needing
to be tended     a small salvage down in the muck
I’ve grown to think if I go out at night
I might catch them at it     but the soil lays still
beneath a harvest moon that is the size
of your sadness     and growing     waxing     until
its whole face peers over at our house     pockmarked skin
like a ploughed field picked clean of all its crops
still     you will not come outside

 

 

quante sere ho creduto che il giardino fosse in ordine
poi uscendo ho visto nuove erbacce disturbare
il terriccio      alcuni non distinguono
tra ciò che dovrebbe esserci e cosa no      io sono uno di loro
ignaro finché qualcosa non ne copre un’altra
o viene soffocata      c’è sempre qualcosa
che ha bisogno di cura      di essere salvata dalle grinfie del fango
comincio a pensare che se uscissi di notte
potrei coglierle sul fatto      ma il terreno resta immobile
sotto una luna piena grande
come la tua tristezza      che cresce      e cresce      finché
l’intera sua faccia scruta la nostra casa      la pelle butterata
come un campo arato ripulito da tutte le stoppie
eppure     insisti a non voler uscire

 

*

 

it’s hard at first to comprehend the sleeping man
so horizontal     all through the day     so sleepy
despite the hours spent seemingly at rest
but like a meadow glimpsed from speeding train     of course
there are permanent convulsions
beneath the topsoil of your matted hair     love     what horses
are at work on you     saddled with the twin desires
to get better and be dead     how loud they are
how heavy     how patient as they sit at either end
of your repose    body stretching to its limits
and your head     and feet     tied up to them
as they toss their flyscabbed manes towards the ceiling
that whinnying that always sounds like laughter
as you put your hands to your ears     someone shouts out
pull

 

 

difficile all’inizio comprendere chi dorme
così supino     tutto il giorno     così sonnolento
malgrado le ore trascorse in apparente riposo
ma come un prato intravisto da un treno in corsa     ci sono
ovviamente continue convulsioni
sotto lo strato di capelli arruffati     amore     quali cavalli
ti scalpitano addosso     con il duplice desiderio
di stare meglio e di morire     con quale rumore
quale peso     quale pazienza siedono alle estremità
del tuo riposo     il corpo stirato al limite
e la tua testa   i tuoi piedi   legati a loro
mentre agitano verso il soffitto le criniere coperte di mosche
quel nitrito che suona sempre come una risata
mentre porti le mani alle orecchie     qualcuno grida
tira

 

*

 

sometimes I go out with an urge to hurt it
put my boot to the soft belly
of rotted stump    and the funghi    unkempt
sprung up from the mossy ground and flung
like scabs across the lawn   sometimes I need
the sound of something pulled up from the roots
and tossed aside      most days I’m out with loppers
to cut down the ambitions of the shrubs        when I
was in school there was a game    to throw
a punch as fast as you could and stop
an inch from someone’s face    I tried it
once with mum      tonight in the dusk light
a final effort of the muscles      the snapping
crunching sound of something breaking

 

 

a volte esco con la voglia di colpirlo
di piantare lo stivale sul ventre mole
del ceppo marcio   e le muffe   incolte
spuntate dal terreno muschioso e scaraventate
sul prato come croste   a volte mi serve
sentire il suono di una cosa strappata alla radice
e gettata lontano      esco spesso cesoie alla mano
per frenare le ambizioni degli arbusti      ai tempi
della scuola giocavamo     a tirare
un pugno il più veloce possibile fermandoci
a un millimetro dalla faccia dell’altro   ho provato
con mia madre una volta      stasera alla luce del tramonto
un ultimo scatto dei muscoli      il suono che schiocca
e che scricchiola di qualcosa che si rompe

 

*

 

love     forgive me     most of the time     I can’t see
the borders of the garden for the trees
can’t tell plant from weed     I didn’t know how best
to save you from yourself     how to lead your mind back
up the path to the house of itself     I was gone
too much     and didn’t know whether it was best
to let you sleep or take you for a walk     or let
you sit in silence     or encourage you to talk
those years     love     were like trying to sift armfuls of soil
for the tiniest of seeds     and yes     sometimes
I wanted to split and scatter     sometimes
I couldn’t stand the screaming anymore     more things
survive in the garden now     the more weeds come down
the more the roses open up their clenched faces

 

 

amore     perdonami     il più delle volte     non so
in quale stato versa il giardino
non so quando la pianta è erbaccia     non sapevo come meglio
salvarti da te stesso     come ricondurre la tua mente
al suo recinto     ero troppo
assente     e non sapevo se fosse meglio
lasciarti dormire o fare due passi     se lasciarti
seduto in silenzio     o spronarti a parlare
in quegli anni   amore     era come passare al setaccio mucchi di terra
in cerca del più piccolo dei semi     lo ammetto     a volte
desideravo dileguarmi e disperdermi     a volte
non sopportavo più le urla     adesso
il giardino risplende di vita     più si diradano le erbacce
più si schiudono i boccioli serrati delle rose

 

 

*          *          *

 

 

Andrew McMillan è senior lecturer presso la scuola di scrittura della Manchester Metropolitan University ed è socio della Royal Society of Literature. La sua prima raccolta, physical (Jonathan Cape, 2015), è stata l’unica raccolta di poesia in assoluto a vincere il “Guardian Award” per l’opera prima; ha vinto anche un “Somerset Maugham Award”, un “Eric Gregory Award”, un “Northern Writers’ Award” e il premio “Aldeburgh” per l’opera prima. La raccolta è stata inserita nella rosa dei candidati dell’“International Dylan Thomas Prize”, del “Forward Prize” per opera prima, del “Sunday Times Young Writer of the Year Award”, del “Roehampton Poetry Prize” e del Premio Polari per opera prima. Nel 2019 l’Associazione dei Librai britannici lo ha votato come uno dei migliori 25 libri di poesia degli ultimi 25 anni. La sua seconda raccolta, playtime (Jonathan Cape, 2018), ha vinto il premio inaugurale “Polari”. La sua ultima raccolta è pandemonium (Jonathan Cape, 2021).  Le sue poesie sono state pubblicate o sono di prossima pubblicazione in traduzione in Francia, Germania, Galizia, Norvegia e Slovacchia. È inoltre apparso in numerosi programmi radiofonici della BBC e nel 2021 ha presentato On Form, una serie sulla poesia in tre parti andata in onda su BBC Radio 4.

 

Piero Toto è un poeta bilingue residente a Londra. Lavora come traduttore dall’inglese all’italiano e come senior lecturer presso la London Metropolitan University, dove svolge anche attività di ricerca in ambito LGBTQ+ e sulla didattica della traduzione. In Italia ha pubblicato tempo 4/4 (Transeuropa Edizioni, 2021), opera segnalata al Premio Internazionale Mario Luzi 2021, ed è stato ospitato nella Bottega della Poesia di Vittorino Curci su Repubblica Bari. Le sue poesie in lingua inglese sono apparse su riviste britanniche e internazionali di settore, tra cui «My Gay Eye», «Untitled: Voices», «Queerlings», «harana poetry» e «Seek Poetry». Ha co-curato la collettanea Gender Approaches in the Translation Classroom (Palgrave MacMillan, 2019) e pubblicato articoli su temi quali la mascolinità, il linguaggio gay e, nell’ambito della didattica della traduzione, le “flipped classrooms” (la didattica capovolta).

 

 

© Fotografia di Sophie Davidson