Alessandro Martini
(inedito)
Il giovane provveduto
Tra casa, chiesa e scuola il giovinetto
imparava l’obbedienza pronta e cieca:
« Buona cosa è per l’uomo
portare un giogo nella giovinezza »
(così don Bosco
con le Lamentazioni).
La prima obbedienza è ai genitori:
Gesù a Nazaret vi era sottomesso.
La seconda è ai superiori
e se dolce fu quella alla maestra
presto dura fu l’altra ad un maestro
a un tempo genitore: doppio giogo.
Suprema più che terza è l’obbedienza
al ministro di Dio, il signor curato.
«Datemi un giovinetto ubbidiente:
si farà santo», pretendeva don Bosco
ed aggiungeva: «Il santo
timor di Dio sia ognora
quella grande ricchezza che vi colmi
di celesti favori
nel tempo e nell’eternità».
Così sospeso
tra terra e Cielo, al quotidiano bivio
tra facile discesa e ardua salita,
al cospetto di Dio angelo, però
sul baratro che lo può far demonio
cammina il giovinetto in selva infida
armato di giaculatorie
(« Gesù Giuseppe Maria
spiri in pace con voi l’anima mia »)
e con al fianco l’Angelo custode,
amico, certo, ma spesso scontento,
facile al pianto.
Un mondo penetrato d’oltremondo:
la comunione prima di colazione
la sapida focaccia e l’ostia insipida
il pipistrello e lo Spirito Santo
la stalla, lo strame e il presepe di Natale
i capretti per Pasqua e l’agnello di Dio
le gerle lungo i prati e negli ex voto
le ceneri del camino e il mementòmo
il mese di maggio e la Madonna
la mamma e la Vergine madre.
Finì l’infanzia con l’entrata in collegio
retto da monaci benedettini.
Fra questi c’era pure padre Angelo
(ancora un angelo, aggiungi nonno Angelo,
per cui lui stesso aveva nome Angelo
dopo il primo anche atavico Alessandro),
un padre ch’era pure di Cavergno,
il figlio dell’Ulisse negoziante
dirimpetto all’Achille macellaio,
a sua volta genitore
di un Èttore o, chissà, magari Ettòrre,
come adesso leggeva in altri libri,
finestre spalancate
su un altro mondo non ultraterreno.
E c’era padre Beda, prefetto dei più piccoli
che a ricreazione gli leggeva
sonate di Beethoven e Clementi
(fra queste una a Didone abbandonata)
e così gli mantiene
ferme le incerte mani alla tastiera.
Sian dunque rese grazie ai dotti padri
che le lusinghe delle due sorelle
serenatrici delle afflitte menti
dal catechismo seppero distinguere.
Fotografia di proprietà dell’autore.