Alessandro Mantovani
(inediti)
Dietro il coro
Più volte -mi son detto-
dovresti inseguire quei miraggi
le città giù dai clivi
e le lune oltre San Luca,
luce alta -Lanterna da sostituzione,
che la notte da ubriaco
non mi sa orientare.
Più volte mentre mi palesavo
mendico ambulante
dietro il coro della chiesa
più volte ho teso la mano
a te che afferravi pure l’avambraccio
mentre provavo a renderlo
più saldo.
Più volte mi hai detto
-o forse no- di muoverci
e ho tremato.
Ora ti chiedo quanto ancora
si debba spendere di tempo e sangue
sotto un cielo che non si vede
nel computo siderale
per ottenere una vittoria
per muoversi un po’ più distanti
dalle ombre
in resta dietro ai porticati
e ricordarci che ogni passo fatto
ci divide,
necessario.
Arteria
A ballare sei più brava tu
tanto che me lo domando chi dei due sia
il bacco tenuto in piedi quasi a stento
il perno del soffitto, dritto o solido più o meno.
E poi che cos’è tutto questo rosso delle labbra
schiuse nel sorriso, a volte più sguaiato,
sussurro del basso ventre;
e il profumo scelto prima, da casa,
in mezzo ai ninnoli di donna, poteva essere
un ponte ben solido tra noi, come i ciottoli
di via Zamboni
che mi chiedo se possano ancora reggerlo
il peso di certi desideri
(sostanze fallimentari)
e tu già distante, infrattata
un po’ più allo scuro delle colonne
in attesa di un segnale
o di un me che esca
dalla propria tana,
nello spazio tra le mani
ora molto più largo
dello spettro di alba che profila
i passi incerti oltre l’ebano del portone.
20.53
Era chiaro ovunque
il metronomo, il ritmo:
era nell’orologio
nel cuore sotto sforzo
nei gesti delicati dell’infermiera
nel suo togliersi i guanti
e in mia madre
che misurava
con cura tutti i dolori.
Pareva il cadenzare
che ci avevano insegnato
a scuola, sulle lunghezze dei versi
o con la musica,
rullante piede e mano, un clic
un bip che dicevano
non lineare, ma circolare,
come l’orologio, come il sangue
l’infermiera in pausa tra i turni.
Tu però non torni indietro;
il fiato
scandito sempre più arido
tra le labbra disseccate
ha chiesto una pausa
a tutto questo movimento,
ha detto
che è giusto
fermarsi, assumere
i tempi inconcepibili
dell’infinito e delle sue evidenze.
Alessandro Mantovani nasce a Genova nel 1991. Si è laureato in Lettere Classiche presso l’Università di Genova e attualmente frequenta la laurea magistrale di Filologia Classica all’Alma Mater Studiorum di Bologna. Nel 2012 è tra i fondatori nell’ateneo genovese del mensile indipendente di poesia Fischi di Carta, di cui è caporedattore e con il quale ha partecipato a svariati eventi culturali. Nel 2013 viene inserito nell’antologia dei poeti degni di menzione del premio Mario Luzi. Dal 2015 scrive articoli per la sezione cittadina de La Repubblica, collabora con varie riviste e con il Centro di Poesia dell’Università di Bologna. Nel novembre dello stesso anno pubblica per L’arcolaio la sua prima raccolta poetica dal titolo Poesie dopo la festa.
Fotografia di proprietà dell’autore.