Alessandro Ardigò, alcune poesie da «Chiarissima luce» (Aliberti, 2024)

 

Alessandro Ardigò (Treviglio 1982) è docente di Letteratura italiana nei Licei dello Stato e dottorando di ricerca in Studi filologici e linguistici presso l’Università di Bergamo. I suoi interessi si concentrano principalmente sul Medioevo e sulla Contemporaneità letteraria. Ama disegnare. Per quanto riguarda la poesia, Ardigò ha pubblicato “Prosimetro moderno” (2020), “Cedere” (2022, Primo Premio Dicorato) e la plaquette d’arte “Tre mesi” (2023) con l’editore incisore Luciano Ragozzino.

 

 

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Il conflitto deflagra
più violento se il verso
è mondo.

 

Annegare, feroce fra le morti
non si può esalare
l’ultimo fiato, l’ultimo
cui l’anima s’aggrappa
per vivere nell’aria.

 

 

 

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Veglia, nel buio, seduti al suolo in fila, abbraccia-
ti alle ginocchia, con la condensa del fiato nella notte
gelata, intenti a percepire un suono o un rivolo di luce
che annunci una fine – e un inizio. Veglia, per un segno.
Fragile attesa nelle mani contuse dal ghiaccio.

Tu, lucente macchia desiderata
chiarissima luce, beata viscera
per te, veglia.

 

 

 

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Sono così luminose
le anime fragili
che mi si chiudono gli occhi
per cercare il buio
quando le incrocio da sole
sulla via al nevaio.

 

 

 

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Ti guardo
sei dall’altra parte
una luce dischiude la tua bocca
poggiandosi molle
d’oro e di miele
in un vortice di pulviscolo incendiato.
Sono così corporee
le tue estasi mistiche.
Sono così vuoti
i quattro stomaci della vacca
mentre una goccia titilla lo scolo.

 

 

 

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Volano
a cerchio le foglie lievi nel vento
sotto ogni foglia è scritta una sentenza
sono destini, sussurri di Sibilla.

Guarda, bruciano a mezzo cielo – bruciano
e la neve al sole si disigilla.

 

 

 

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Se anche è sparito dio
all’uomo
rimane la preghiera.

 

 

 

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Le parole si slegano
si sciolgono.
Alla fine di tutto, il senso ultimo
il limite nell’estetica,
in una forma.
Come una poesia.

 

 

 

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