Alessandra Tenorio Carranza
(inediti)
Traduzione dallo spagnolo di Gabriella De Fina
EL BOCETO DE MI AMOR
El amor no existe
se reinventa
Arthur Rimbaud
(…) v-1 eres un amor irracional
Luis Hernández
Mi amor tenía cola,
dos orejas,
un cuello giratorio,
un corazón hecho de agujas de reloj.
Caminaba bailando,
antes de caer, daba un salto.
Se peinaba de verde en la mañana,
los brazos le colgaban en la tarde,
y se acostaba en una marcha atrás.
Mi amor había aprendido a llorar
(y ya no se cubría las ojeras).
Pateaba las piedras,
aturdía a besos,
se abrazaba a si mismo
con pasión.
El boceto de mi amor
se echaba aguarrás cada quince días.
Tenía la marca de la espera en el bolsillo.
Corría entre los carros,
a veces perdía las orejas,
(le quedaba el ladrido rascando la puerta).
Se cortaba las orillas con una tijera,
odiaba el segundo pronombre singular,
hablaba sin S.
Era como una bombilla de 50
(brillando en decadencia).
Mi amor tenía hoyos y
se volvió arquitecto de los puentes.
Usaba la alquimia para inventar matices
y la magia para crear excusas.
Se sentía en un parque
aunque bordeara el cráter de un volcán.
El boceto de mi amor
estaba cansado
de tanta perspectiva,
de tanta linealidad.
Quería transgredir el marco.
Correr
Dormir
Amar
De Porta / retrato (Campo de Gules, 2005)
LO SCHIZZO DEL MIO AMORE
L’amore non esiste
si reinventa
Arthur Rimbaud
(…) v-1 sei un amore irrazionale
Luis Hernández
Il mio amore aveva la coda,
due orecchie,
un collo girevole,
un cuore fatto di lancette d’orologio.
Camminava ballando,
prima di cadere, faceva un salto.
Si pettinava di verde la mattina,
le braccia gli pendevano al pomeriggio,
e se ne andava a dormire a marcia indietro.
Il mio amore aveva imparato a piangere
(e non si copriva più le orecchie).
Prendeva a calci le pietre,
stordiva a furia di baci,
si abbracciava da solo
con passione.
Lo schizzo del mio amore
si buttava acquaragia ogni quindici giorni.
Aveva il marchio dell’attesa in tasca.
Correva tra le macchine,
a volte si perdeva le orecchie,
(l’improperio restava lì a grattare alla porta).
Si tagliava i bordi con una forbice,
odiava il pronome di seconda persona singolare
parlava senza la S.
Era come una lampadina da 50
(che brilla volgendo alla fine).
Il mio amore aveva buchi ed
era diventato architetto dei ponti.
Usava l’alchimia per inventare sfumature
e la magia per creare scuse.
Si sentiva in un parco
anche se stava costeggiando il cratere di un vulcano.
Lo schizzo del mio amore
era stanco
di tanta prospettiva
di tanta linearità.
Voleva trasgredire la cornice.
Correre
Dormire
Amare
da Porta / Retrato (Campo de Gules 2005)
***
MANTRA
si digo agua ¿beberé?
si digo pan ¿comeré?
Alejandra Pizarnik
“No nombres” ?me dijeron? “no nombres nada que no quieras
que exista, la palabra materializa”.
Y yo he seguido eso como un mantra.
Así soy yo: pienso que si digo lluvia, lloverá.
Pienso ?como en el poema? que si digo agua beberé.
Y pienso que si no grito tu nombre ahora
acaso no existas, acaso te pierdas o te marches.
Ayer cuando pensé…
Osé pensar por un momento
que lo mejor era cerrar la puerta, llorar dos horas y poner mi corazón
en una maleta de metal. Creo que tal vez si lo hubiera dicho en voz alta
no estaría aquí escribiendo que te quiero, pese a todo.
Por eso no confío en el silencio. Porque si no nombras no existe.
Yo te nombro entonces, como te he nombrado tantas veces solo para mí.
Te nombro en voz alta para que no dejes de existir.
Te nombro para que te quedes. Para que yo no pueda irme.
Te nombro porque es la única manera que conozco de ser feliz.
MANTRA
Se dico acqua berrò?
Se dico pane mangerò?
Alejandra Pizarnik
“Non nominare” mi dissero “non nominare niente che non vuoi che esista, la parola materializza.”
E io ne ho fatto il mio mantra.
Io sono così: penso che se dico pioggia, pioverà.
Penso – come nella poesia – che se dico acqua berrò.
E penso che se non grido il tuo nome adesso
magari non esisti, magari ti perdi o te ne vai.
Ieri quando ho pensato…
Ho osato pensare per un attimo
che la cosa migliore era chiudere la porta, piangere due ore e mettere il mio cuore
in una valigia di metallo. Credo che se l’avessi detto a voce alta forse
non starei qui a scrivere che ti amo, nonostante tutto.
Per questo non mi fido del silenzio. Perché quello che non nomini non esiste.
Io ti nomino allora, come ti ho nominato tante volte solo per me.
Ti nomino a voce alta perché tu non smetta di esistere.
Ti nomino perché tu rimanga. Perché io non possa andarmene.
Ti nomino perché è l’unica maniera che conosco di essere felice.
Inédito
Todas nuestras casas eran iguales.
A la derecha había escalpelos y suturas,
encuerados maletines con cruces.
En mi casa había cosas similares.
Y luego, estaba la casa del medio.
Allí se instaló la enfermedad.
Una cama quirúrgica,
dos enfermeras,
ruidos prohibidos,
(ni los pájaros cantaban)
niños prohibidos,
a ponerse la mascarilla,
no entrar con zapatos,
todo blanco blanco blanco
pero la casa oscura.
No puedo olvidar el aterrador
sonido de ese silencio
de las máquinas
de esas gotas deslizándose
perpendicularmente hasta las venas.
Todas nuestras casas parecían iguales.
Pero de niña aprendí lo que son las paradojas.
“Es una paradoja –decían– saber que
nada se puede hacer”.
Nada
Nada
Nada
Nada
Aunque allí se viviera entre dos doctores.
Inedito
Tutte le nostre case erano uguali.
Sulla destra c’erano scalpelli e suture,
valigette di pelle con le croci.
Nella mia casa c’erano cose simili.
E poi c’era la casa di mezzo.
Lì si era sistemata la malattia.
Un letto di degenza
due infermiere,
rumori proibiti,
(nemmeno gli uccelli cantavano)
bambini proibiti,
mettersi le mascherine,
non entrare con le scarpe,
tutto bianco bianco bianco
però la casa buia.
Non riesco a dimenticare il terrificante
rumore di quel silenzio
delle macchine
di quelle gocce che scivolavano
perpendicolarmente fino alle vene.
Tutte le nostre case sembravano uguali.
Ma ho imparato da bambina che cosa sono i paradossi.
“È un paradosso” dicevano “sapere che non c’è niente da fare.”
Niente
Niente
Niente
Niente
Anche se lì si viveva tra due medici.
Alessandra Tenorio Carranza (Lima, Perù, 1982) è laureta in letteratura alla UNFV Universidad Nacional Federico Villareal cui ha fatto seguito un master in scrittura creativa ad indirizzo poesia presso la Universidad Nacional Mayor de San Marcos. È prosatrice, poeta e promotrice culturale. E’ stata giornalista per quotidiani e riviste. A sua cura la direzione editoriale delle plaquette di poesia e prosa per Díptico, nonché la produzione del programa radio La Divina Commedia. Ha pubblicato Porta / Retrato (Campo de gules, 2005) che viene eletto libro rivelazione dell’anno dal format televisivo Vano Oficio. La raccolta seguente, Casa de zurdos (Lustra Editores/CCE, 2008) è indicata dal Diario De Comercio come migliore raccolta poetica dell’anno. E’ inclusa in svariate antologie e in più lingue. Attualemente è a capo della sezione Immagine Istituzionale E Relazioni Pubbliche per la Casa de la Literatura Peruana e redattrice della sezione cultuira dela rivista La primera.
Fotografia di proprietà dell’autrice.
Gabriella De Fina (Potenza, 1958) è stata per molti anni attrice e regista e ha scritto per il teatro (con l’atto unico Frontera ha vinto il Premio “La scrittura della differenza testi di drammaturghe dal sud”, 2006). In seguito ha studiato traduzione letteraria per l’editoria e oggi traduce dallo spagnolo per case editrici nazionali e scrive. Ha curato l’edizione e scritto i testi di diversi volumi fotografici e il libro-denuncia No al pizzo (Thor Editrice, 2008). Ha pubblicato reportage su riviste geografiche e collabora con il Travel Magazine Latitudeslife; lavora inoltre come copywriter per l’agenzia milanese Genius Loci.