Antonio Dentice d’Accadia (Caserta, classe ‘83) Saggista, divulgatore e giornalista. Ideatore di Rubrics, piattaforma pluri-specialistica, consigliata e promossa dal Corriere della Sera (Ed. Milano), con più di 50 specialisti tra Italia, Europa e Asia. Autore del ciclo di filosofia economica palombiana. Cronista di diverse tradizioni mistiche (Sufismo, Induismo, Taoismo, mistica cristiana, ecc.), collaborando con riviste specialistiche e varie testate giornalistiche. Ha svolto divulgazione scientifica e culturale anche con grandi nomi nazionali e internazionali, tra cui: Franco Fabbro (neuro-scienziato), Raniero Gnoli (orientalista), Giuseppe Limone (Filosofo e poeta), Andrea Vitali (storico), Angelo Calabrese (critico artistico-letterario), ecc. Per quanto attiene la prosa artistica ha curato vari volumi monografici, come i lavori per Ernesto Morales. Ha collaborato ed è stato ospite di vari storici enti, tra cui: la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo, l’Accademia Tiberina, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, l’Ordine degli Odd Fellows della Svizzera, il Premio Letterario Nazionale “Le Nuvole – Peter Russell”, il Festival “Economia e Spiritualità” di Lucca, organizzato dall’Università di Pisa e promosso dalla Commissione Cultura del Senato. Profilo completo: https://www.rubrics.it/antoniodentice/
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SONO PAROLA
Nel poro di un riflesso ho letto lunghi volti
con le orbite frammentate di Casa Natura
Storie di trasposizioni incise nel legno e nelle ossa
e nella roccia di un crinale selvatico assiso tra battiti di stelle in calore.
Negli addormentamenti che strisciano a valle,
ho aperto una finestra tra le costole
e ho sostituito il suo cuore col mio.
E il mio, col brulicare terrigno di un ampio gesto
tra i batteri che celebrano instancabili la luce di luna
e redivivi ricevono nuove festività all’ombra del mondo,
addobbati e ebbri di suture battezzate da saliva.
Rincorrimi tra i pensieri di olmi e ipomee in riunione,
accettami nel candore di una chiamata insperata, scavando sotto i ciottoli,
cercandovi una via che fugge per tornare.
Ho gettato gli stivali
e i piedi nudi hanno frustato un suono che suona:
“Io sono parola”.
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GOCCIA DI CLESSIDRA
Il fiore migliore,
senza stelo né radice in terra,
cura col profumo della sospensione.
Tutto arrende,
tutto relativamente immaginato in memoria minuta,
coi bagliori in crescendo, seminati ovunque oltre l’apparente,
occhi e fessure di persiana a scomporre il sole in costellazioni.
Angelo d’un gabbiano è la goccia di clessidra,
che soffia dalla testa e si tuffa in petto tra i ventricoli in amore.
Siam travolti dal riso di tamburi che affogano feste nelle pance disarmate
e al battito d’una lieta belligeranza ci ricordiamo bambini,
tra vetri di biglie e redini idiote.
Le particelle di tempo invalide rallentano la corsa.
O forse è l’anima elettrica che plana,
riconsiderando proporzioni della valle di carne,
quand’ora affiora tra gorghi distratti,
sposando qualità neonata
e risolve l’inesistente separazione tra i miei me.
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POPOLARI E VARIE CROCI
L’odore dell’orzo riempì l’aria
e rivoltò nostalgie come lenzuola.
Federe d’epifanie e carboni,
vigilie tra i cuscini assonnati all’inespressivo.
Tracce vissute si miscelano a vapori inventati,
pezze e toppe della mente inarresa
che s’affaccia indietro
e cercando non tutto trova,
non tutto ha.
Affretta il battito del minuto,
cuce aquiloni col filo infuocato di un capello
e plana su ettari campestri,
che al mattino lacrimano alla bruma
e dopo pranzo esplodono di colori,
di tinte, variopinte e rime.
Gioca tra punture d’occhielli,
dove stringe e cura lacci di quasi esperienza,
mentre il mulino macina gli anni:
chilometri di farina per pochi dolci,
moltiplicando a miracolo la pazienza.
Ha compreso gli addobbi
e compromesso serenate,
strappando il pellicano al petrolio.
Le uniche piume bianche son quelle strofinate, molto
con spazzolino non condiviso.
L’odore riempì l’aria di segni e impronte,
bussole migliori di polari e varie croci.
© Fotografia di Marco Thomas