Vincenzo Lisciani Petrini è nato a Teramo nel 1984. Dopo la maturità scientifica ha completato gli studi di pianoforte all’I.M.P. “Gaetano Braga” di Teramo (2007). Nel 2008 si è laureato in Lettere Classiche presso l’Università D’Annunzio di Pescara-Chieti con una tesi in Storia della musica sul pianista canadese Glenn Gould. Nel medesimo ateneo, nel 2011, si è laureato in “Filologia, linguistica e tradizioni letterarie del mondo antico” con una tesi in Letteratura Latina sul Satyricon di Petronio Arbitro. Nel 2017, presso l’Università La Sapienza, ha conseguito il dottorato in Letteratura Italiana con la tesi Storia e fenomenologia della facezia e della letteratura faceta dalle origini fino al 1500. È cultore della materia in Filologia Italiana, allievo della prof.ssa Maria Accame. Per quanto riguarda la scrittura creativa è stato finalista del premio Teramo nel 2011, finalista del concorso letterario Subway Brescia 2012 e del Subway-letteratura 2013. Nel 2010 ha pubblicato la raccolta Quarti di sole e luna (Giovane Holden edizioni, Lucca). Ha vinto la sezione under 25 del Premio di poesia “David Maria Turoldo” (SN), nel 2009, secondo classificato al premio Francesco Graziano (CS) 2012 nella sezione silloge edita. Ha vinto il Premio Valerio Gentile XV edizione (Fasano, BR), nella sezione prosa inedita con la silloge di racconti Il breve sogno in seguito pubblicata da Schena editore nel 2013. Nel 2013 ha vinto il premio Dialogare (Ticino, Svizzera italiana) con il racconto autobiografico Mio fratello e Roger Federer. È stato allievo di Giulio Mozzi presso la Bottega di Narrazione nel 2015 (Laurana editore). Ha collaborato con numerose riviste e webzine letterarie e quotidiani locali come articolista, occupandosi di recensioni teatrali, concertistiche, ma anche di cronaca. Collabora puntualmente con la webzine studenti.it (Mondadori) per la realizzazione di materiale didattico e sintesi di letteratura e attualità. Ha insegnato per cinque anni Italiano presso l’Istituto Giovanni Paolo II di Ostia (RM). Vincitore del concorso per l’insegnamento (2017), ha insegnato per tre anni al Liceo Blaise Pascal di Pomezia e dal 2020 è in cattedra presso il Polo Liceale “Luigi Illuminati” di Atri (TE).
Per tre lunghe ore, la pioggia.
«Aprirò tutti i cancelli.
Lascerò che la bufera entri nel mio giardino.»
«Scegliete chi fare entrare, uno per uno.»
Per tre lunghe ore, la pioggia.
La lampada sfronda luce sul muro, inalbera le ombre,
si disegna tra le opacità ferree della lunghezza.
Il cielo rimuginava il suo grigiore.
Piovve così, tutto d’un tratto.
Per tre lunghe ore, la pioggia.
«Ci riposeremo un giorno, in un giorno qualunque,
senza temere ieri o domani, senza avere giorni feriali,
solo un’impossibile durata.»
[SOTTOVOCE]
«Dove abiti ora?»
«Abito qui, vedi? Proprio qui, tra le mie ossa».
(Per tre lunghe ore la pioggia)
* * *
Siamo ancora la domanda che non sa chiudersi,
la frase che ognuno continuerà per sempre.
Se una fine ci sarà, non sarà nostra.
Dovremmo solo dirci che siamo tornati,
che i nostri corpi si sono di nuovo intrecciati.
E poi scrivere biglietti per gli auguri che non ci siamo fatti.
Mettere l’acqua alle piante secche sui balconi.
Leggerci le lettere mai spedite. Fare un po’ di silenzio.
Dirci ti amo almeno tre volte. Fare bene l’amore.
E poco altro.
(In vista di un possibile ritorno, qualche istruzione)
* * *
«Amare, essere amati.»
Infinito attivo, infinito passivo.
Amare, essere amati,
con l’impressione che ci sia qualcuno
a proteggerci e che per mistero
mai sarà conosciuto.
Essere amati, amare:
infinito passivo, infinito attivo –
tu, infine, benedirai il mondo
e tutto ciò che avrai vissuto o visto.
«Amare, essere amati.»
Un ricordo che emerge nella quiete
delle strade abbandonate, e si avvicina.
«Cosa esiste oltre cento tuoi occhi che mi guardano?Tu sei pienezza e gaudio, un intero di quel mondo».
«Amare, essere amati. Lasciarsi prendere. E poi?»
Lei lo contemplava in pura natura,
come fosse l’anima di un re
perché i re sono uomini lontani
la cui voce risuona oltre il tempo.
«Sei un’anima collerica
e prigioniera, sempre apparecchiata
a guerre e sciagure, a bontà e misericordia.
Senza pace alcuna.»
[Foglietto lasciato accanto al telefono]
Sposa mia, che porti l’improvviso
svolgersi delle stagioni, del mio tempo
bella più d’ogni creatura bella,
il tuo sorriso è una falce
spietata sulla notte e sulla tristezza.
Ma non per me. Ti aspetto, e non ho pace.
Tutto di te è sconosciuto, il tuo sorriso
è mistero, ma presto l’assenza s’involerà
nel cielo nel tempo lieto della buona fine
nostra fine
(Amare essere amati)