«Un modo e un’occasione importanti – conclude l’editore Alessandro Canzian – che abbiamo voluto cogliere per fare il punto della situazione socio-culturale attraverso la visione poetica. La poesia infatti è uno strumento privilegiato che da sempre testimonia la realtà. Oggi più che mai abbiamo voluto fotografare il momento e luogo eterotopico nel suo essere improvviso, certi dicono distopico, grazie a testi che rifuggano la definizione di instant-poetry per quella di poesia ragionata all’interno di una collettività, tale è l’insieme dialogante dell’antologia anche attraverso gli scambi che si stanno succedendo tra autori, curatore, editore. Alcuni testi sono stati concepiti all’interno dell’isolamento, alcuni in risposta ad altri, alcuni sono riscritture o rivisitazioni. Il tutto in un contesto paradossale: sospeso, pieno di tempo ma talmente inaspettato e veloce da non lasciare tempo all’analisi razionale. E proprio per questo, forse, l’approccio poetico può dare e arrivare laddove l’oggi non concede».
La metà dei proventi ricavati dalla vendita del volume sarà devoluta in beneficenza per rispondere all’emergenza sanitaria offrendo alla nostra comunità un aiuto concreto.
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Dal sottovuoto. Poesie assetate d’aria: tre testi
È marzo, sera, quanta luce, e quanto
cielo che si strappa pezzo a pezzo,
non manca niente, o forse no, salgo
sul diciannove, in un frusciare
marino di tigli, pare un’isola, oggi,
la città
battuta da venti, onde, stormi
scurissimi che ci sovrastano, e niente
che si oda, solo
un cane che muove la sua coda,
e le forsizie sono oro, prima che io brancoli
in uno strano silenzio di strade, lascia
dice una voce che sento, appena, dietro
una selva di lumini che si sfrangiano, lascia, dice,
che resti così ancora per un po’, ma non troppo,
in questo verziere di suoni che suonano
triti, sempre più triti,
mentre l’anno già gira, è un’altra
primavera che recalcitra, s’intrude, lasciala, poi,
questa gioia alta, quieta, non è
che ombra, e s’inabissa nella notte, cammina
verso il centro di strazio dell’umano, una gioia
esile
eppure così vera, non è questo, di’, quello che provi, mentre
lento, fermo, come un vascello al suo approdo, scivola
il diciannove in Quinto Alpini, è una notte di marzo,
che entra nel suo scuro
di sempre, trema.
Giancarlo Pontiggia
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Il verbo avere
Di là la lezione di seconda elementare. E
lei bellissima, la guardo, gli occhialini
e la matita in bocca, davanti allo schermo
in ginocchio sulla sedia. Poi torno
alle faccende mie quotidiane, lavare
e scrivere, cucinare. Io sono meglio
come suddito che talvolta guardando
il mondo si sente un re, piuttosto che
reuccio viziato: voici l’intuition, qui
da questo piccolo cuore d’appartamento
a proposito del verbo avere che declinate
a turno: avere troppo, avere poco, avere
molto, avere tutto. In attesa di uscire
di nuovo assieme noi per il grande regno
di belle biciclette bianche e teli stesi sull’erba.
Valentino Ronchi
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ci teniamo a distanza. abbastanza, non tanto. quanto basta
a vedere, a intravvedere una ruga, un segno, un apostrofo
forse anche un refuso del viso. uno spigolo di quanto resta
nell’ombra. un quadro, un armadio, i libri sul tavolo.
ci sono le cose da dire, da fare. la cena da preparare.
cronaca familiare. inciampo nell’economia domestica
questo parlarsi a misura sicura. tu quasi sfocata/ se tolgo gli occhiali.
la vita, la nostra, non quella degli altri, disinfettata, pulita. nient’altro.
Fabrizio Lombardo