(a Guido Bordoni)
A volte, per necessità o per noia,
sul tavolo di plastica in giardino
noi si giocava a briscola col morto,
tu ed io che facevamo coppia fissa
contro un terzo ospite che fronteggiava
una sedia vuota, incapace e ingenua.
Lo immaginavo sciocco (io più sciocco),
poco furbo quel morto che lasciava
farsi vedere le carte da tutti,
non in grado di rispondere ai cenni
del suo compagno paziente, abituato
a trattare con cura quotidiana
quelle toppe di inesistenza.
Ed era così stupida la morte
che a fine gara rimaneva lì,
ad aspettare di perdere ancora
o di lasciare vincere il più piccolo
che ancora non sapeva bene le regole.
Ora il morto ha un cognome che è il mio
e il nome identico al tuo.
Ovunque lo cerchi
nel mazzo levigato dalle mani
rimane una voce senza volto e corpo,
una serie di pratiche vive che ti spinge
ancora un poco in questa cerchia d’anime.