ALEX RAGAZZINI
LA SISMA E AL SPE? (Il Vicolo, Cesena 2019)
Lettura di Clery Celeste
Alex Ragazzini in questa delicatissima rosa di quartine in dialetto romagnolo “L’ansietà e le spine” tradotto in italiano, pubblica Il vicolo (Cesena, 2019), affronta con capacità tecnica il sottile limite tra piacere e dolore.
La rosa è infatti il simbolo per eccellenza che manifesta bellezza e rischio; la rosa è bella da toccarne i petali, da annusarne il profumo ma ti ferisce se ti avventi incauto, si protegge con una linea verticale di spine. Questo di Ragazzini pare il percorso in versi di una formica che risale lo stelo: come spina dopo spina le poesie si snodano in una fatica che ha un sapore dolce-amaro, di tensione fisica fino al morbido dei petali. “Che cosa è che così ci danna/ Uguale al male infine?/ La fitta che ci pare lontana/ Il lieve toccarci delle spine.” Nelle poesie di Alex Ragazzini il poeta è un uomo piccolo, minuscolo, che si mette al servizio della bellezza. Pare che il poeta qui abbia una lingua tutta sua, ritirata al necessario, fatta di nodi semantici centrali, di pianeti attorno cui ruotare incessantemente. Pare una stessa poesia riscritta, rivoltata infinite volte. Ma cosa è la voce del poeta se non un cercare quel suono che rende riconoscibile la richiesta? Ragazzini con queste quartine risponde concentrandosi sui temi come “ansia, dolore, guadagno, giovinezza e vecchiaia, amore e perdita”, ci dice lui stesso dalla nota finale al libro. Tutto il mondo di questo poeta-formica resiste attorno a queste spine, ne calca la linea verticale fino alla punta che fora, fino all’ascesa verso il fiore: “Lo spezzarsi delle spine/ci ha forato il cuore/ che ha stretto il bene/ in un nostro malore.” Ecco quindi che in questi versi il limite dolore – piacere si spacca le membrane, si apre un foro inevitabile. Il sangue fluisce in tutte e due le direzioni, si mischia. Ragazzini ci riporta a una dimensione minima, dove la lingua romagnola tende a ridursi a ciò che è necessario, a un vocabolario del microcosmo. Possiamo dire tutto con le stesse parole ma la ripetizione non risulta priva di significato, questi testi ci fanno girare su noi stessi, è il poeta che si capovolge, che ci ricorda come la visione si può ribaltare. Senza giri del mondo in mille parole. Il compito del poeta è rendere abitabile anche la linea dolorosa della spina “E per una puntura sulla mano/ ci ha aperto la ferita – intanto/ per la rosa ancora abbiamo chiamato/ il fiore sfiorito come fosse sano.”
Con questa La sisma e al spen ci ricordiamo che nella ricerca di un bene e di un amore non siamo sottratti al sacrificio, che ogni strada richiede un pegno al suo passaggio. Come il contadino che ci porta nelle mani il frutto perfetto e dentro alla polpa morbida sta il seme duro, del dolore del distacco rimane il picciolo strappato. Ragazzini ci porta le poesie come il frutto di un lavoro serio e difficile sulla lingua dialettale e sulla sua traduzione in italiano.