Elisabetta Destasio
Inediti
Inediti dall’opera terza “Da luoghi profani”
*
dentro Roma
ere perdute hanno messo e tolto il sigillo
sulle parole
e sulle mie cosce ad attendere il tempo
caderci sopra
poi hanno creato il rigagnolo
e dopo, di sera un torrente, ma
nessuna deriva
nessuna ara coeli
volevo sentire che terremoto
ci sarebbe stato a cedere
con tutto il mio delta
sul pendio del piacere,
opera esatta e pure imperfetta,
io, seduta su di te
dammi la bocca, cingi questi fianchi
piovimi forte, voglio essere indifesa
e come la febbre, suda la grazia di ogni dio
e se non è mai esistito,
fallo nascere
da questo ventre
guarda la benedizione della terra
che germoglia
la pace e poi la guerra
e poi la pace
mentre mi resti addosso,
amplesso congiunto
che non importano i giorni
e potrebbero essere mesi, anni,
possiedimi
sulle balaustre tue livide,
arriva, giungi
in braci accese e focolai
poi dormi qui, resta:
rimani dentro questa mia cavità col tuo sesso,
con le vertebre a toccarmi le pareti dell’utero
come non ti succede più
come no, non ti succede più
*
distendere braccia
come grazia perduta,
dove si compie e si arrende il tempo
questa città ha
le sue vertebre
conficcate nelle mie
stesse vertebre
latitudini apparecchiate
su muri assaliti da edere, vaste,
larghe visioni di altrove
nessuna lacrima,
forse un gemito,
dietro l’angolo e
dalla gola di chi fa l’amore
poggia la bocca
su questo scorrere
del mio tempo, su,
sopra questa sintassi
di piacere
non vanifichiamo nulla
rendiamoci eterni, eterni e dammi
il tuo fiato
ti prego,
qui:
proprio dove mi batte Roma.
*
Tempo senza tempo
la verità è nascosta sotto
le zolle ancora calde, all’ombra
e nel ripetersi delle stagioni
dei giorni contati sul calendario,
a segnarci sopra le fasi della luna
che poi la terra è più fertile ad
aspettare, a lasciarla
riposare
il dono della luce
batte dritto sulle mani spaccate
e semina e mieti e abbassa la schiena,
la forza d’infilarsi nel silenzio come un filo
sottile d’oro zecchino
è tempo senza tempo
a guardarlo bene, tutto questo
donare
a ricevere in cambio e sulle assenze,
lo scroscio d’acqua dal cielo gravido
e grilli e salamandre,
magari una ginestra, piccola fortezza,
tra la terra nuova.
Fotografia di FrankCerra