Atelier 91
Tempo di chiarimenti
Dall’intervista di Eleonora Rimolo a Cesare Viviani
Il saggio di Cesare Viviani, pubblicato di recente da “il melangolo” con il titolo La poesia è finita. Diamoci pace. A meno che…, contiene in sé diversi spunti riflessivi sulla natura della poesia e sui poeti contemporanei: l’autore dimostra che le parole sono tanto pregne di significato quanto contraddistinte da un vuoto inesplicabile, entro cui il poeta deve necessariamente perdersi. […]
Il limite è la fine della parola, la fine della consapevolezza. Il limite non ha contenuti comprensibili, traducibili, resta incomprensibile, intraducibile. Il limite non risponde. Ed è quell’esperienza che ridimensiona la condizione umana nell’esistenza. Il limite non si può attraversare né superare: il limite è perdita irrecuperabile, smarrimento vuoto, non è orrendo né piacevole, non è sublime, è ciò di cui non si può dire. È la fine del senso di onnipotenza e del narcisismo.
Bussare piano alla porta, chiedere “permesso” è cosa ben diversa dall’entrare con decisione o durezza nella vita degli altri: con decisione o durezza e con poche parole a disposizione. Tutti abbiamo bisogno di rassicurazioni, comprensione, ascolto, aiuto e sostegno. Ma non possiamo mischiare gli stati di bisogno con la poesia. […]
La nevrosi ci accompagna tutta la vita, manifesta o silenziosa, e non c’è modo di eliminarla perché è legata alla percezione nascosta o negata della fine, della mortalità. Si può in qualche misura trasformarla in una cosa dinamica che abbia un significato o un valore per la società o per sé. Certamente il riconoscimento e la stima dell’ambiente che ci circonda è un elemento importante per la percezione di sé e per l’autostima. Ma quando il desiderio di stima si allarga in desiderio di fama e di successo, allora siamo lontani dalla poesia.
La poesia e la psicanalisi si incontrano nell’esperienza dell’uscita dall’onnipotenza e nell’accettazione del limite.
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