Nuotare crescere amare
Davide Puccini, La stagione del mare, Giuliano Landolfi editore 2018.
(di Ugo Basso)
Quattordici capitoli in cui il protagonista Renato, maturo, sereno e riconoscente padre di famiglia, racconta la sua adolescenza, in una cittadina toscana affacciata sul mare, un mare di cui non può fare a meno, un mare luogo di vita e dimensione interiore, proiezione della passione dell’autore, presente in sordina in tante pagine.
La stagione del mare di Davide Puccini, romanzo di iniziazione, ricostruisce in prima persona la maturazione umana, affettiva e culturale di Renato, rimasto orfano bambino, nel rapporto quotidiano con la nonna e, per diverso tempo con un personaggio connotato negativamente, che tuttavia in qualche modo rappresenta la figura paterna e da cui il ragazzo, mite e fiducioso, riesce a trarre suggerimenti per la propria crescita, riuscendo però a prenderne decisamente le distanze quando ne coglie con chiarezza l’ambiguità.
Attento ai pensieri e ai sentimenti profondi, difficilmente percepibili nel frastuono che ci sommerge, il racconto tocca sentimenti senza sentimentalismi; valori culturali, non intellettuali e religiosi, senza clericalismi, di cui si sente la nostalgia: se si vivessero, la vita individuale e collettiva sarebbe più serena. Il mare, violentato dalla pesca con le bombe e simbolo di libertà è luminoso scenario, mentre la società è colta nelle differenze sociali percepite negli abiti e negli arredamenti, vissute con consapevolezza, ma senza rabbia.
Con un garbo e tenerezza è narrata la storia d’amore di Renato, lenta emozionata costruzione di un rapporto che dai banchi della scuola media – «vivace fuocherello» fra due ragazzini -, anche attraverso il gusto alla cultura e l’amore per il mare, arriverà a un matrimonio di affetti e di condivisione: pare di cogliere in filigrana lo spirito dell’esortazione apostolica di Francesco Amoris laetitia, offerta ai giovani prima che ai dibatti fra canonisti.
Ma la realtà non è ignorata nelle sue ombre: si è detto del violenza al mare, delle divisioni sociali, dell’adulto negativo, e all’amore coinvolgente e rassicurante si contrappone una sconvolgente iniziazione sessuale imposta da una prostituta al ragazzino con una fisicità meccanica, disgustosa e senza piacere: Angela, ben poco angelica, è icona di una sessualità devastante, mentre Elena è ben lontana dalle irresistibili seduzioni a cui il nome rimanda. Un invito a non lasciarsi ingannare, insieme al gusto per la natura e al discernimento, necessario strumento di una vita in cui vale la pena credere.