di Luca Martini
Su Venezia si è scritto moltissimo, ed è dir poco. Esistono guide di tutti i tipi, racconti di viaggio che si perdono nei secoli, diari vari e eventuali, acutissimi memoir, e tonnellate di libri che ibridano su sfondo lagunare racconto e vita vissuta. Poi c’è Fondamenta degli Incurabili (ieri Consorzio Venezia Nuova, oggi Adelphi), del grande poeta di San Pietroburgo Iosif Brodskij, personale ed erratico ritratto scritto sull’acqua di una città d’acqua, saggio sull’esistenza di un luogo incantato, avventura acuminata e barocca nelle ragioni del cuore e nel tempo; tempo che per Brodskij se ha una sembianza ha quella appunto dell’acqua.
Venezia di Pasquale Di Palmo (editore Unicopli, collana Le Città Letterarie), scrittore, poeta e saggista nato una cinquantina di anni fa al Lido di Venezia, riparte da Iosif Brodskij, o Joseph Brodsky, all’americana, e da una recente passeggiata che l’autore compie nell’isola dei morti di San Michele, cimitero dove si trovano le spoglie dell’esule di San Pietroburgo accanto a celebrità assortite e mal assortite; vicino a Brodskij è per esempio sepolto un poeta che certo non gli poteva essere congeniale, né in alcun modo sodale, Ezra Pound, altro veneziano ad honorem.
Nel ricostruire il rapporto tra Brodskij e la città dell’acqua lo scrittore del Lido pone e svela le sue personali ‘fondamenta’. Tra storia e aneddotica, in 51 capitoli più o meno lunghi, ripassa il suo rapporto personale e culturale con Venezia. I primi capitoli seguono e reinventano la storia di Iosif di cui troviamo l’irrequietezza geniale e molte tracce, raccolte come un detective negli anni dal fan Di Palmo, pronto a ritrovare alle Fondamenta Nuove ex libris fantasma disegnati proprio da Iosif, o lesto a braccarlo all’Hotel Londra per avere firmata una copia di Fermata nel deserto. Ma intanto si ricapitolano pagina dopo pagina frammenti di storia della città, utili, inutili, sempre illuminanti.
Mano mano che il libro procede Di Palmo abbandona la pista brodskijana, che rimarrà sotto traccia, per un ritratto tout court della Serenissima. Personaggi veneziani noti e meno noti come Neri Pozza o Carletto della Corte, Carlo Cardazzo o Giovanna Bemporad, sfilano colti tutti in un raggio di luce della laguna; l’avventura artistica bruciante del pittore Tancredi Parmeggiani si mescola a quella ‘in minore’ del poeta Diego Valeri, sapientemente modulata sul vento che soffia a un passo dalle Zattere (Di Palmo ci porta per mano proprio per i pochi metri imperdibili della Calle del Vento); la vicenda delle spoglie trafugate in anni recenti e in modo grottesco di Santa Lucia si confonde con le peripezie di Peggy Guggenheim, di sua figlia Pegeen o dei suoi cagnolini, la Venezia di Marcel Proust (turista nel 1900 e innamorato dell’arte elegante di Mariano Fortuny) lascia il posto alla spiaggia di Tadzio, estrema sponda della morente Venedig di Thomas Mann; da rileggere qui i commenti (mai scontati) di Brodskij sullo scrittore tedesco e sul film del nostro Visconti.
Ogni volta il capitolo si conclude un attimo prima che possiamo tributare l’applauso a Di Palmo, che scrive in modo essenziale, piano e preciso, con l’accortezza di un poeta vero che disdegna i virtuosismi.
E per forza scrive così. Di Palmo Venezia ce l’ha nelle ossa, nel sangue e nel cuore, come racconta la sua storia personale che parte nel sestiere popolare di Castello, ed è il tema di un confronto e di una riflessione durati una vita; perché Venezia, la meravigliosa città decaduta a Luna Park, stimola da sempre la riflessione e non solo quella nell’acqua ferma dei suoi canali. Per cui queste pagine sono più di un agile libro, come Fondamenta degli Incurabili erano più di un libro per Iosif Brodskij: sono il regalo al lettore di una visione del mondo visto attraverso una lente d’ingrandimento magnifica. Ma potete fare anche finta che questa di Di Palmo sia una semplice guida di viaggio. Ognuno dei 51 capitoli vi porterà a scoprire qualcosa di Venezia e vi farà vedere con occhi diversi dalla solita guida una Madonna del Bellini (andate per esempio con Di Palmo a San Francesco della Vigna e uscite poi all’aperto sulla via lastricata di tombe del chiostro) o i Bellini dell’Harry’s Bar dove un tempo sedette Hemingway. E se dovete trovare un capitolo speciale, cercatene uno assurdo e lunare, un piccolo e magistrale racconto a sé, dove il protagonista è un altro poeta ancora, un argentino stanco, un certo Borges.