Anna Maria Bracale Ceruti, Tra due Amori, nota di Vladimir Mikes, Lecce, Manni Editore, 2017
TRA DUE AMORI
Partiamo dalla fine, dai Ringraziamenti che accompagnano questa raccolta di poesie, dal titolo quanto mai suggestivo (e addirittura, per certi versi ambiguo), “Tra due amori”, in cui l’autrice Anna Maria Bracale Ceruti confessa preliminarmente di essersi scoperta a dibattersi tra opposte opzioni di fronte al riemergere, a distanza di più di cinquant’anni, di un momento quanto mai “palpitante” del suo passato, e che solo sull’impulso di due auctoritates (il marito, prima, e il poeta ceco Vladimír Mikeš, poi) ha consentito a sciogliere le sue riserve.
Sotto forma di plico di lettere, è riemersa, infatti, sulla scena di ”una grama stagione della vita”, una giovanile vicenda amorosa, innocente e tormentata come lo sono, giusto quanto dice Roland Barthes, le “storie sacre”, fondanti dell’immaginario di ciascuno, dinanzi alle quali si è ritrovata dibattuta tra accettazione o rifiuto: tra fedeltà e consenso a un passato accantonato (nulla è mai davvero perduto, se mai rimosso), o disconoscimento della necessità della sua urgenza.
Ha prevalso la prima opzione, quella cioè di accettarsi, di “venire a riva” dei suoi sentimenti e desideri, ed è così che è andata disegnando e svolgendo in versi un’avventura di parola, cuore e penna divisi “tra due amori”, un’”anomalia” soltanto apparente, che, generata dal caso (come dal “caso”, da uno “scambio”, era iniziata la diaspora), l’ha riportato, per dirla con Leopardi, al gran cuore di una volta, ad un passato di “ardiri”, di eroici furori, insomma, che forse solo per un meccanismo difensivo si riteneva perduto e che sulla scena dell’oggi ha il potere di ridestare “uno spreco” di sentimenti accantonati, di emozioni in attesa di trasformarsi in abbracci. Senza ulteriori tentennamenti, senza finzioni e sensi di colpa, con l’autrice insieme “combattuta” e “felice”: una situazione assolutamente singolare, che sembra invertire certe dinamiche di cui parla Dante (ricordate “intra due cibi distanti e moventi”, Paradiso IV?), con l’io che non s’è lasciato irretire e immobilizzare nella frustrazione di una buridanesca non-scelta, per sperimentare, nel segno della “meraviglia” (un termine chiave nel testo intitolato Elegia) la “strana alchimia” di due amori che, come un essenziale nutrimento, si integrano e convivono, danno forza, “distanti e moventi” ugualmente, benché su piani diversi, l’uno col suo “calore corporale” l’altro con la sua suggestiva forza spirituale.
Ho citato, non a caso, il testo Elegia, in un certo senso l’interpretante, quello che dà il là all’intera raccolta: vi sono contenuti, oltre il termine “meraviglia”, la metafora del libro e sulla sua scena, in un’atmosfera fiabesca e incantata, citazioni letterarie e suggestioni figurative, che danno il senso della situazione che l’autrice vive come in un sogno, come un’“avventura”, nella scia della metafora dantesca del cibo. Come dire che cibo e libro, assieme alla poesia, sono ciò di cui l’anima ha necessità: ciò che nei versi si struttura in un dire interminabile, in un’”ebbrezza” di parole e sentimenti, che dal “tunnel” del ricordo si diffonde nella vita, riportandola ad ogni circostanza alla sua “stazione di partenza”.
Vincenzo Guarracino
Vincenzo Guarracino, poeta, saggista, critico letterario e d’arte, traduttore, è nato a Ceraso (SA) nel 1948 e vive a Como. Ha pubblicato, in poesia, le raccolte Gli gnomi del verso (ER, 1979), Dieci inverni (Book, 1989), Grilli e spilli (Fiori di Torchio, 1998), Una visione elementare (Alla Chiara Fonte, 2005); Nel nome del Padre (Alla Chiara Fonte, 2008); Baladas (in lingua spagnola, Signum, 2007); Ballate di attese e di nulla (Alla Chiara Fonte, 2010). In prosa, ha pubblicato L’Angelo e il Tempo. Appunti sui dipinti della chiesa di Ceraso, (Myself, 1987). Numerosi i suoi saggi, biografie e antologie su Giovanni Verga, Giacomo Leopardi, Antonio Ranieri, Roberto Sanesi, Agostino Bonalumi, sui poeti comaschi e sul regista e drammaturgo Bernardo Malacrida.
Ha curato le traduzioni: Lirici greci (Bompiani, 1991, 2009), Poeti latini (Bompiani, 1993), Carmi di Catullo (Bompiani, 1986 Baldini Castoldi Dalai, 2005), Versi aurei di Pitagora (Bagatt, 1988; Medusa, 2005), i versi latini di A. Rimbaud, Tu vates eris (Bagatt, 1988), Canti Spirituali di Ildegarda di Bingen (Demetra, 1996) e Poema sulla Natura di Parmenide (Medusa, 2006). È stato responsabile della collana dei Classici Tascabili dell’Editore Bompiani. Collabora, come critico letterario e d’arte, a quotidiani e periodici.