Flaminia Cruciani
(inediti)
*
Diventai nottealba saliva lunare
con quattro soli tenuti in mano
c’erano flauti e cancelli nella voce
e occhi senza denti a spiare
le simmetrie del cielo.
Ci toccavamo dentro
la zavorra di petali
che non ci faceva volare
correvamo balze di vento
in cortili di ginestre roventi
dove tutto il Dio veniva versato.
*
Lo chiamano tempo questo dramma
di attimi impilati
la chiamano vita questa sottrazione
di rosari d’istanti zoppi
che si esegue senza prove
con sguardi di sabbia
e chiese di carne sotto
i bombardamenti di pane quotidiano.
Estranei convincenti invecchiano al mio posto
ci spartiamo i copioni
le contraddizioni sul tram
gli alfabeti metallici di ogni età
che non descrivono nulla.
Vieni siediti, c’è spazio nella mia maschera
è comoda è in carne e ossa
non si sconta niente per fingere
solo l’arruolamento alla realtà
e un reato di mancato vissuto.
Per quanto riguarda me
vado a nuoto in assenze cardiache
sono iscritta al futuro anarchico
mi sto aspettando da tutta la vita per uscire di scena
seduta sul muretto a giocare a dadi con l’assenza
e vedo passare, il mercante, l’impiegato, il contadino
che si fondono uno nell’altro
aspetto il matto col cuore spettinato
per pagare la cauzione alla verità
per sopravvivere all’esistenza
che come una puttana batte
all’inferno di ogni giorno
e fa l’inventario delle vittime.
L’autore non si conosce
lo chiamano Dio
non si sa che maschera indossi.
*
Allora
la strada avrà imparato i piedi a memoria
il topo avrà gridato per lo spavento
il sole splenderà il buio e
la morte avrà i lavori in corso
noi avremo appeso a un chiodo il logos
le cattedrali inginocchiate pregheranno
i porti salperanno per nuove lunghezze
i generali eseguiranno gli ordini
la maschera mi indosserà per l’ultima volta
e io avrò denunciato la mia scomparsa.
Fotografia di proprietà dell’autrice