A) SERGE BERNA, IL CAMMINO DELLA CROCE, 9 APRILE 1950. TESTO LETTO DA MICHEL MOURRE NEI PANNI DI UN PRETE DOMINICANO DURANTE LA CELEBRAZIONE DELLA MESSA DI PASQUA, CATTEDRALE DI NOTRE-DAME, PARIGI.
Oggi, giorno di Pasqua dell’Anno Santo,
qui, nella solenne Basilica di Notre-Dame di Parigi,
accuso
la Chiesa cattolica universale del dirottamento delle nostre forze vive a beneficio d’un cielo vuoto;
accuso
la Chiesa cattolica di truffa;
accuso
la Chiesa cattolica d’avere infettato il mondo con la sua morale funebre,
d’essere il cancro dell’Occidente in decomposizione.
In verità vi dico: Dio è morto.
Noi rigettiamo la pallida agonia delle vostre preghiere,
poiché le vostre preghiere hanno affumicato, sazie, i campi di battaglia della nostra Europa.
Accorrete nel deserto tragico ed esaltante d’una terra dove Dio è morto
e tornate a lavorare di nuovo la terra con le mani nude,
con le vostre mani orgogliose,
con le vostre mani senza preghiera.
Oggi, giorno di Pasqua dell’Anno Santo,
qui, nella solenne Basilica di Notre-Dame di Francia,
noi proclamiamo la morte del Cristo-Dio
affinché finalmente viva l’Uomo.
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B) APRILE 1961, EPILOGO
Serge Berna, Lettera a Guy Debord
Postumi di sbornia. Otto del mattino. Un ispettore bussa alla porta del numero 13 di rue Guisarde. Apro, forte di quell’innocenza incrollabile che costituisce, dicono, tutto il mio fascino. Lo sbirro dispiega, come un araldo, un foglio sudicio e mi legge, con ieratica solennità, che devo andare in prigione per sei mesi.
Non si può essere poeti impunemente.
Serge Berna, Centro penitenziario delle Baumettes, Marsiglia
Ne avevamo abbastanza di girare in tondo attorno a certezze che non potevano più comunicarsi se non attraverso la letteratura. In ogni caso, le grida indignate, le risate, il disprezzo, la mobilitazione della polizia — tanto ordinaria quanto psichiatrica — mostrano con chiarezza quanto il punto toccato fosse sensibile. Abbiamo commesso il crimine imperdonabile di strappare quella maschera di rispetto e di voler svelare l’antica mistificazione alla quale tutti si aggrappano, per paura della paura stessa. Ma avevamo deciso che il volto lacerato, ghignante, del gargoyle scagliato furioso dalla muraglia centrale di Notre-Dame sarebbe stato uno dei volti del nostro strappo, della nostra liberazione dalla paura congelata del nostro tempo. A tentoni, nella notte greve di fosforo e di ferro, continueremo a cercare più lontano il clic assoluto — quello che renderà possibile l’altro uomo.
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C) APRILE 1950, TESTIMONI
Louis Pauwels, redazione di “Combat”, 100 rue Réaumur, Parigi
Sono le 11:50. La grande messa pontificale, celebrata da monsignor Feltin, arcivescovo di Parigi, si è appena conclusa. Tra pochi minuti il padre Riquet deve salire sul pulpito. All’improvviso, quattro giovani circondano la cattedra, e uno di loro, vestito dell’abito dei domenicani, si arrampica sulla scala. E grida: «Aujourd’hui, jour de Pâques en l’Année sainte, / Ici, dans l’insigne Basilique de Notre-Dame de Paris, / J’accuse / l’Église Catholique Universelle du détournement mortel de nos forces vives en faveur d’un ciel vide ; / J’accuse / l’Église Catholique d’escroquerie ; / J’accuse / l’Église Catholique d’infecter le monde de sa morale mortuaire, / d’être le chancre de l’Occident décomposé. / En vérité je vous le dis : Dieu est mort. / Nous vomissons la fadeur agonisante de vos prières, / car vos prières ont grassement fumé les champs de bataille de notre Europe. / Allez dans le désert tragique et exaltant d’une terre où Dieu est mort / et brassez à nouveau cette terre de vos mains nues, / de vos mains d’orgueil, / de vos mains sans prière. / Aujourd’hui, jour de Pâques en l’Année sainte, / Ici, dans l’insigne Basilique de Notre-Dame de France, / nous clamons la mort du Christ-Dieu pour qu’enfin vive l’Homme». Non può andare oltre. Il grande organo tuona.
Il reverendo Lenoble, vicario di Notre-Dame, era stato avvertito che qualcuno avrebbe tentato di disturbare la messa. Non aveva preso troppo sul serio la notizia, ma aveva comunque ordinato all’organista di tenersi pronto a coprire la voce dell’agitato. I quattro “illuminati” fuggono miseramente. Alcuni fedeli li affrontano, e il sacrestano assesta un violento colpo di alabarda sulla testa di uno di loro. Gli agenti di polizia, sul sagrato, circondano gli “eroi” e li conducono davanti al commissario Loudet e all’ufficiale Morel, del quartiere Saint-Gervais.
Il falso domenicano — un giovane traviato — si chiama Michel Mourre, ventidue anni.
I suoi compagni sono: Guillain Desnoyers de Marbaix, ventun anni, decoratore; Jean Rullier, venticinque anni, studente; e Serge Berna, venticinque anni, senza professione.
È quest’ultimo, poeta a tempo perso, l’autore del testo della sventurata diatriba.
André Breton, 42 rue Fontaine, Parigi. Lettera a Louis Pauwels
Uno scandalo a Notre-Dame? Il dado è tratto, e nessuna cerimonia di purificazione potrà cancellarlo. È proprio lì, nel cuore stesso della piovra che ancora stringe l’universo, che il colpo doveva essere inferto. Ed è là, del resto, che talvolta, nella loro giovinezza, sognarono di colpirla — come ho sognato io — uomini con i quali ho fatto, o continuo a fare, un tratto di strada: Artaud, Crevel, Éluard, Péret, Prévert, Benedetti, Char, e molti altri. In favore di Michel Mourre e Serge Berna. Penso che nessuno tra coloro che vivono oggi si sottrarrebbe, quando si tratterà di ricordare e di testimoniare questa profonda comunità d’intento. Non più della grottesca alabarda del sacrestano, di cui la stampa ha tanto magnificato i colpi — forse sarebbe ormai tempo di sostituirla con un’arma da fuoco —, non sarà certo il muro di una prigione, sul quale si stagliano in controluce i profili di un Sade e di un Blanqui, che farà la notte in una testa ben congegnata, né potrà impedire che sia stato compiuto un atto di altissima salubrità.
Monsieur Loudat, commissario di polizia di Saint-Gervais, 10 rue Pierre Lescot, Parigi
I casi di Michel Mourre e Serge Berna ricadono senza alcun dubbio all’interno della legge del 9 dicembre 1905, art. 32: «Saranno puniti con le stesse pene (da 1000 a 10.000 franchi di ammenda e da 6 giorni a 2 mesi di prigione) coloro che avranno impedito, ritardato o interrotto gli esercizi di culto mediante disordini o tumulti causati nel luogo destinato a tali esercizi».
Monsignor Feltin, arcivescovo di Parigi, Cattedrale di Notre-Dame, Parigi
A prescindere dallo sconveniente di turbare una funzione religiosa, mi pare inutile attribuire a questo incidente un’importanza maggiore di quella che ha. Si tratta semplicemente del gesto di una banda di esaltati, un gesto privo di portata e di significato. In quarantacinque anni di sacerdozio, non ho mai visto accadere nulla di simile. L’unico atteggiamento da tenere era, come si è fatto, quello di far suonare molto forte il grande organo, e, una volta chiuso l’incidente, di non parlarne più.
André Malraux, Café de Flore, 172 boulevard Saint-Germain, Parigi
È un bel modo di cominciare una carriera letteraria…
Benjamin Péret, Café La Méthode, 2 rue Descartes, Parigi
Dalla Rivoluzione francese si sa che nessuna libertà è concepibile per i nemici della libertà.
In prima fila tra questi nemici bisogna collocare la religione — la religione cristiana in Occidente — che costituisce una vera e propria polizia spirituale, tanto spregevole e odiosa quanto tutte le altre polizie. Questi signori in tonaca si lamentano del ‘disturbo arrecato all’esercizio del culto’. Non manca loro la sfrontatezza: da sempre passano il tempo a ‘disturbare’ i culti di tutti i popoli della terra, rimpiangendo in petto di non poter più, come un tempo, trascinare sul rogo gli adoratori di altre divinità. Il gesto di Mourre e Berna è dunque perfettamente giustificato. Non vi si può vedere che una sana rivolta contro la putredine cristiana — la stessa, in fondo, che animava le folle spagnole dell’epoca precedente, quando, al minimo motivo di malcontento, si dirigevano naturalmente verso la chiesa e la incendiavano, indicando così dove si celava il loro nemico ipocrita. È confortante che, nell’attuale viltà generale, dei giovani abbiano avuto il coraggio di attaccare la bestia nella sua stessa tana.
Docteur Miloud, psichiatra, Ospedale La Salpêtrière, Parigi
Serge Berna e Michel Mourre hanno i profili tipici di coloro che siamo soliti denominare, nel nostro campo, come le figure dell’ansioso, del paranoico e dell’instabile. Persone di questo tipo come Berna e Mourre – artisti – possono essere pericolosi per la sicurezza pubblica dei quartieri borghesi.
Si consiglia l’internamento in un asilo per alienati mentali o, in alternativa, la somministrazione forzata delle cure necessarie volte a un progressivo reinserimento sociale.
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D) RITRATTO DELL’ARTISTA COME CRIMINALE, ISTRUZIONI PER L’USO
«L’azione surrealista più semplice consiste, rivoltella in pugno, nell’uscire in strada e sparare a caso, finché si può, tra la folla. Chi, almeno una volta, non ha sentito il desiderio di farla finita a questo modo con il piccolo sistema di mortificazione e d’incretinimento oggi in vigore, si trova al suo posto in mezzo a quella folla, col ventre all’altezza dell’arma. La legittimazione di un’azione simile, a mio parere, non è affatto incompatibile con la fiducia in quella luce che il surrealismo cerca di scoprire al fondo di noi stessi. Ho soltanto voluto farvi rientrare la disperazione umana, al di qua della quale niente potrebbe giustificare quella fiducia. È impossibile dare il proprio assenso all’una e non all’altra. Chiunque fingesse di adottare quella fiducia senza condividere veramente quella disperazione, apparirebbe subito come un nemico agli occhi di quelli che sanno».
(André Breton, Secondo Manifesto del Surrealismo, 1930)
«Il Poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d’amore, di sofferenza, di follia; egli cerca se stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non serbarne che la quintessenza. Ineffabile tortura in cui ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il grande malato, il grande criminale»
(Arthur Rimbaud, Lettera del Veggente, a Paul Demeny, 15 maggio 1871)
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E) LA PARTE DEI CRIMINI
Nome: François Villon (Paris, 1431 – XXX, 1463?)
Crimini: Furto con scasso nella Collégiale de Navarre (1456); furti reiterati; vagabondaggio; rissa con omicidio del prete Philippe Sermoise (1455).
Pene: Carcere del Châtelet, Parigi (1456–1457 e 1461); carcere di Meung-sur-Loire (1461); Condanna a morte a Parigi (1463) poi commutata in esilio.
Testimonianza: «Avessi, oh dio, seriamente studiato / al tempo della folle giovinezza, / avessi buone usanze rispettato: / un comodo giaciglio e un tetto avrei ora. / Fuggivo la scuola / come il teppista suol fare. / E mentre scrivo questi versi / il cuore quasi mi sento spezzare», (Le Testament, 1461).
Nome: Donatien Alphonse François de Sade, noto alle autorità come Marchese (Parigi, 1740 – Charenton-Saint-Maurice, 1814)
Crimini: Sodomia, violenza, avvelenamento, condotta immorale, cospirazione contro la Repubblica, pornografia, libertinaggio.
Pene: Donjon de Vincennes (1763); Manoir d’échaffour (1763-1764); Forteresse Pierre Encise (1768); Fort de Miolan (1772-1773); Prison de Vincennes (1777-1784); Prison de la Bastille (1884-1889); Charenton Saint Maurice (1889-1890); Prison de Madelonnettes (1893-1894); Couvent des Carmélites (1794); Prison de Saint Lazare (1794); Hospice de Picpus (1794); Prison de Sainte Pélagie (1801-1803); Charenton Saint Maurice (1803-1814).
Testimonianza: «Quanto ai miei vizi: imperioso, collerico, impetuoso, estremo in tutto, frutto di un disordine dell’immaginazione sulle buone maniere che non ha eguali nella vita; ateo fino al fanatismo — in due parole eccomi qui. Un colpo ancora: uccidetemi o prendetemi così; perché non cambierò», (Lettera alla moglie, settembre 1783).
Nome: Michelangelo Merisi, noto alle autorità come Caravaggio (Milano, 1571 – Porto Ercole, 1610)
Crimini: aggressioni, porto d’armi illegale, diffamazione, omicidio di Ranuccio Tommasoni (1606)
Pene: Carcere di Tor di Nona, Roma (1603; 1604); Fortezza di Sant’Angelo, Malta (1608).
Testimonianza: «Ecce Homo», (Genova, Musei di Strada Nuova, 1605).
Nome: Sergéj Aleksándrovič Esénin (Konstantinovo, 1895 – Leningrado, 1925)
Crimini: disobbedianza e offesa all’autorità militare (1916); diserzione (1916); alcolismo (1925)
Pene: Confino a Tsarskoe Selo (1916); suicidio [impiccagione] (1925).
Testimonianza: «Non a tutti è dato cantare, / non a tutti è dato cadere / come una mela ai piedi degli altri. / È questa la confessione più grande / che possa mai farvi un teppista. / Io vado a bella posta spettinato / col capo sulle spalle come un lume a petrolio. / Mi piace rischiarare nelle tenebre / l’autunno senza foglie delle vostre anime. / Mi piace quando i sassi dell’ingiuria / mi volano addosso come la grandine d’una ruttante bufera. / Stringo allora più forte con le mani / la bolla tremula dei miei capelli. / Poveri genitori contadini! / Siete di certo diventati brutti, / temete sempre Dio e le viscere palustri. / Potreste almeno capire / che vostro figlio in Russia / è il migliore poeta! / Mi sono gradevoli i grugni imbrattati dei maiali / e la voce dei rospi sonante nella quiete notturna. / Stasera ho tanta voglia di pisciare / dalla finestra mia contro la luna», (Confessioni di un teppista, 1920).
Nome: Jean Genet (Parigi, 1910 – Parigi, 1986)
Crimini: furto [libri; oggetti vari]; contraffazione; vagabondaggio; diserzione; prostituzione maschile.
Pene: Colonie pénale de Mettray (1926 – 1929); Prison de la Santé (1937 – 1941) ; Carcere di Fresnes (1942 – 1943).
Testimonianza: «Abbandonato dalla mia famiglia, mi parve già naturale aggravare il tutto con l’amore per i ragazzi e quest’amore con il furto, e il furto col crimine o con la compiacenza del crimine. Così rifiutai definitivamente un mondo che mi aveva rifiutato», (Journal du voleur, 1948).
Nome: Pierre-Joël Berlé (Parigi, 1934 – Lione, 2019)
Crimini: Furto di piombo e intrusione nelle catacombe di Parigi; rissa; frode; evasione.
Pene: Carcere di Fresnes (1954); Prison de la Santé (1957).
Testimonianza: «Rifiutiamo la discussione. I rapporti umani devono avere come fondamento la passione, altrimenti il Terrore», (Manifesto, Internationale lettriste n.2 – febbraio1953).
Nome: Patrick Straram (Parigi, 1934 – Longueil, 1988)
Crimini: Minaccia armata sulla via pubblica; diserzione.
Pene: Carcere di Fresnes; Asile d’aliénés de Ville-Évrard.
Testimonianza: «L’avventuriero è colui che provoca le avventure, più che colui a cui le avventure accadono», (Une idée neuve en Europe, Potlach – Bulletin d’information du groupe français de l’Internationale lettriste, n. 7, 3 agosto 1954).
Nome: Ivan Chtcheglov, noto alle autorità come Gilles Ivan (Parigi, 1933 – Bry-sur-Marne, 1998)
Crimini: furto; rissa; tentato sabotaggio dell’alimentazione elettrica della Sorbona; furto di dinamite col fine di minare e far esplodere la Torre Eiffel.
Pena: Internamento all’ospedale psichiatrico di Sainte-Anne.
Testimonianza: «Tra l’amore e l’automatizzazione dello smaltimento dei rifiuti, la gioventù di tutti i paesi ha fatto la sua scelta e preferisce smaltire i rifiuti. Un mutamento completo dello spirito è divenuto indispensabile, mediante la messa in luce di desideri dimenticati e la creazione di desideri interamente nuovi. E tramite una propaganda intensiva a favore di questi desideri. Abbiamo già segnalato la necessità di costruire situazioni come uno dei desideri fondamentali su cui si fonderebbe la prossima civiltà. Questo bisogno di creazione assoluta è sempre stato strettamente legato al bisogno di giocare con l’architettura, il tempo e lo spazio.» (Formulaire pour un urbanisme nouveau, Internationale situationniste – Bulletin central édité par les sections de l’Internationale situationniste, n.1, giugno 1958).
Nome: Guy E. Debord (Parigi, 1931 – Bellevue-la-Montagne, 1994)
Crimini: Dérèglement de toutes les formes; plagio; necrofilia [cadavere di André Breton]; cannibalismo, détournement; veggenza; banditismo.
Pena: suicidio [colpo di rivoltella al cuore].
Testimonianza: «Siamo artisti solo perché non siamo più artisti: veniamo a realizzare l’arte. Quando l’arte, divenuta indipendente, rappresenta il suo mondo con colori sgargianti, un momento della vita è invecchiato, e non si lascia ringiovanire con colori sgargianti.
La grandezza dell’arte comincia a mostrarsi solo nel declino della vita. La poesia ha esaurito i suoi ultimi prestigi formali. Al di là dell’estetica, essa consiste interamente nel potere degli uomini sulle loro avventure. La bellezza nuova sarà DI SITUAZIONE, cioè provvisoria e vissuta. Per noi la poesia non significa altro che l’elaborazione di condotte assolutamente nuove e dei mezzi per appassionarsi. Giriamo in tondo nella notte e siamo consumati dal fuoco. Ci proponiamo di stabilire una struttura appassionante della vita. Contribuiremo alla rovina di questa società borghese perseguendo la critica e la completa sovversione della sua idea dei piaceri, fornendo slogan utili all’azione rivoluzionaria delle masse. La formula per rovesciare il mondo non l’abbiamo cercata nei libri, ma nell’erranza. Il principale dramma affettivo della vita, dopo il conflitto perpetuo tra il desiderio e la realtà ostile al desiderio, sembra essere la sensazione dello scorrere del tempo. La nostra attitudine consiste nel puntare sulla fuga del tempo, al contrario dei procedimenti estetici che tendevano a fissare l’emozione. La nostra sfida al passare delle emozioni e del tempo è la scommessa di vincere sempre sul cambiamento, andando sempre più avanti nel gioco e nella moltiplicazione dei periodi commoventi. Dobbiamo mettere in primo piano le parole d’ordine che definiscono un comportamento sperimentale, la propaganda iper-politica, la costruzione di atmosfere. Il poeta avrà una vita sperimentale o non sarà. Si è abbastanza interpretato le passioni: ora si tratta di trovarne altre. Piuttosto la vita».
*
F) TRACT
Bisogna che ogni inadatto,
ogni fallito,
ogni inutile
diventi un canale di deflusso
che svuoti la società,
che ciascuno di noi sia
un corto circuito sociale.
Bisogna credere
alla primavera.
Voi siete
quelli che tendono l’altra guancia
e l’altra natica;
ma noi,
che siamo giovani e belli,
rispondiamo
RIVOLUZIONE
Quando ci parlano di
Sofferenza.
L’amore vale
solo in un periodo
rivoluzionario.
Tutto ciò che mantiene in vita qualcosa
concorre al lavoro della polizia.
È finito il tempo dei poeti.
Oggi noi
dormiamo
* * *
Giovanni Di Benedetto (Napoli, 1987) vive a Parigi. Dopo aver conseguito la laurea in letteratura francese con una tesi sul romanzo surrealista, nel 2013 si trasferisce nella capitale francese, dove entra a far parte del Centre de recherches sur le surréalisme. Nel 2016, ha vinto il prestigioso “Prix de la Nouvelle” della Sorbona, primo scrittore non francofono a ricevere questo riconoscimento. Ha partecipato al numero collettivo su Roberto Bolaño della rivista L’Atelier du Roman (n. 109, Buchet-Chastel, 2022). Suoi testi sono stati pubblicati su Sud – Rivista Europea, Nazione Indiana, Minima et Moralia. Collabora con la rivista francese Zone Critique. Nel 2025 fonda il Groupe Surréaliste en Clandéstinité (@g.s.c.fr). Attualmente sta portando a termine l’edizione critica degli inediti di Arturo Benedetti.
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