Yari Bernasconi (Canton Ticino, Svizzera, 1982). Nel 2013 ha discusso la tesi di dottorato in letteratura italiana incentrata sulla poesia di Giorgio Orelli presso l’Università di Friborgo. E’ stato responsabile dell’edizione italiana di Viceversa Letteratura (sito web e volume pubblicato annualmente dalle Edizioni Casagrande di Bellinzona). Oltre che poeta è critico letterario e suoi interventi sono apparsi in diverse testate tra le quali il quotidiano Il Giornale del Popolo.Ha pubblicato le suite Lettera da Dejevo (Lugano, Alla Chiara Fonte, 2009), Non è vero che saremo perdonati (in “Undicesimo Quaderno italiano di poesia contemporanea”; Milano, Marcos y Marcos, 2012) e Da un luogo vacillante (Bologna, Isola, 2013).I testi qui presentati sono estratti dalla raccolta di poesia di prossima pubblicazione. Una traduzione in francese è stata pubblicata nel quotidiano Le Courrier di Ginevra.
Yari Bernasconi
da Lungo la Landstraße
(inedito)
.
.
I
Siamo diversi, ma il sangue dei nostri padri
è rosso. L’abbiamo visto tante volte:
scorre lento e veloce, poi si secca
e si attacca ai vestiti oppure ai bordi
della bocca. E certe volte si sviene
e si cade.
*
Siamo tanti, ma presto ci perderemo.
Ci prenderanno senza chiedere, uno a uno,
come hanno già fatto. Lo faranno per noi,
per aiutarci ad avere una vita, una famiglia,
un’istruzione. Non si può vagare per sempre,
spiegheranno.
*
Siamo in viaggio, ma non in fuga. Corriamo
da un posto all’altro per il movimento,
perché in questo crediamo: nello slancio.
Attraversiamo i luoghi di chi ha scelto
altrimenti.
*
Siamo selvaggi, dicono, come se fosse
un problema. Ma noi veniamo da lontano,
da un’altra Svizzera: si chiama bosco,
muschio e corteccia; si chiama pianura
e autostrada; si chiama sassi, lago, montagna,
cielo. Si può guardare mentre passa veloce
o quando è ferma, e allora si può toccare
con le mani.
*
Siamo felici nella nostra carovana, tra i volti
che conosciamo. Ma siamo troppo pochi
e nessuno ci crede: i nostri occhi
parlano lingue straniere, non sanno
giustificare il viaggio e l’orizzonte.
O non vogliono farlo, per evitare
di smarrirsi.
II
_____________________Per M.
Siamo indifesi davanti ai bastoni
che ci sembrano forche; e mi ricordo
di chi diceva che l’inferno si può vedere,
non è solo paura: già ci stringe
nella sua tenaglia. Da sempre.
Così, come per altri, ombre nere
sono venute. Hanno detto poche parole
con grandi denti bianchi; si sono rimboccati
le maniche delle camicie; hanno indicato
con grasse dita un furgone, al margine
del campo. Le madri obbligate in ginocchio
sulla strada, tra i fiori delle gonne:
è lì che le abbiamo lasciate. Ci hanno presi
e portati via, dentro case imbiancate,
dove correggere la nostra vita.
Ci hanno dato in mano dei soldi
e ci hanno interrati con loro.
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Lungo la Landstraße ricorda tra l’altro l’«Opera di assistenza per i bambini della strada» (in tedesco «Aktion Kinder der Landstrasse»), il programma di «rieducazione» per bambini di girovaghi e jenisch realizzato tra il 1926 e il 1972 dalla fondazione svizzera Pro Juventute con il sostegno di Confederazione, Cantoni e comuni svizzeri: per oltre quarantacinque anni, la fondazione ha tolto questi bambini ai genitori per affidarli a istituti o ad altre famiglie (ma molti di essi vennero rinchiusi in strutture di educazione al lavoro, in cliniche psichiatriche o in prigione). Le «ombre nere» dell’ultimo testo sono citazione dal poemetto Osnabrück di Mariagiorgia Ulbar (Bologna, Isola, 2011).
Fotografia di Yvonne Bohler