Roberta Ioli — Inediti

 

Roberta Ioli insegna filosofia ed è studiosa del pensiero greco antico. Ha pubblicato numerosi contributi sul mondo classico, soprattutto su epica, scetticismo greco e sofistica, tra cui Gorgia di Leontini. Su ciò che non è (Olms 2010); Teocrito. L’Incantatrice e altri idilli (Ladolfi 2012); Gorgia. Testimonianze e frammenti (Carocci 2013); Il felice inganno. Poesia, finzione e verità nel mondo antico (Mimesis 2018). Si è occupata inoltre di tragedia greca e vocalità, collaborando con la compagnia teatrale Societas e il Gruppo Acusma dell’Università La Sapienza, e ha pubblicato il saggio Vocem devorat dolor. Ecuba e la voce del lamento (Edizioni della Stoà 2008). È autrice del blog Il passato ci parla, su Aula di Lettere di Zanichelli, in cui discute della permanenza del classico e della vitalità del pensiero antico. 

Le sue raccolte poetiche sono L’atteso altrove (Pequod 2014, prefazione di Barnaba Maj); Radice d’ombra (Pequod 2016, nota di Fabio Pusterla); Il confine dell’isola (LietoColle 2018); Fuochi alleati (Pequod 2024, prefazione di Fabio Pusterla). Sue poesie sono apparse su Enciclopedia di poesia contemporanea 5, Fondazione Mario Luzi, e su diversi lit blog, tra cui Poetarum Silva, Nazione Indiana, Atelier, Laboratori Poesia, Bottega Portosepolto. 

 

 

 

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Con il vento la notte ha spostato le cose.
Le lettere scritte e non ancora spedite
sono mani bianche in mezzo ai campi.

Questo forse volevi dirci: la rete a pelo d’acqua
promette quiete. Non conta la fame,
soltanto l’avanzare di ritorno, ancora e sempre
contro la gravità del tempo.

 

 

 

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L’arco della voce taglia
la notte in due metà:
tu dentro il primo buio
senza lancia di luna
senza chiesa
soltanto la nota che riempie il cielo
con la promessa di durare

l’altra metà ti consuma all’osso
scompare la materia del suono
resta la tua sirena nel fianco.

 

 

 

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Per ricacciare indietro quel tormento
c’è chi prende la via del mare.

Qualcuno invece fa la strada inversa
torna al centro della terra
verso lo straniero che sempre siamo.
Noi proprio lì, nella condanna del mezzo
navighiamo contro vento, contro il corpo
di balena che ci tiene.

Una nuca spinge il parto verso casa
e non sa che a sorreggerlo è quel vuoto.

 

 

 

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© Fotografia di Daniele Ferroni